Laboratorio Piovano, quando arte e scultura sono di famiglia

Articolo di Gianpiero Farina

In una delle vie più caratteristiche di Roma, ossia via Dell’Orso, nel lontano 1973, Vincenzo Piovano ha dato vita al suo laboratorio artigianale. Laboratorio che oggi, a distanza di più di 50 anni, resta una pietra miliare dell’artigianato.  

L’uomo è infatti uno dei pochi, se non addirittura l’unico, che si occupa di intagliare il legno nella Capitale. La sua maestria, le sue tradizioni e la sua arte  sono state poi tramandate alle sue due figlie. Infatti Alessandra si occupa di  mosaici, mentre Michela di doratura e restauro. E tutti e tre hanno davvero  molto da raccontare. Senza dimenticarsi di rispettare quelle che sono le regole  di un mestiere tanto antico quanto, studiando le tecniche, perfettamente  moderno e attuale.

Come è nato il vostro laboratorio? 

Michela. Il laboratorio nasce da un’idea avuta da nostro padre 50 anni fa. Lui viene da Priverno, un paese della provincia di Latina. Arrivato a Roma da adolescente, ha iniziato a lavorare in un laboratorio di intaglio e scultura. Ed ecco che, tutto ciò che lui aveva già nella mente da bambino, si è trasformato in realtà. Infatti mio nonno era ebanista e quindi mio padre aveva già da piccolo avuto a che fare con l’artigianato.

Mio papà ha poi scoperto come si realizza una scultura, utilizzando tutti i vari arnesi presenti in questo laboratorio. Senza alcun dubbio lui, per tanti anni, ha prima dovuto imparare, andando in un laboratorio artistico, questo tipo di mestiere. Dopo un bel po’ di tempo, ha aperto il suo primo laboratorio. 

Questo è stato frutto di fatica e di sacrifici. La sua grande capacità nel modellare qualsiasi tipo di materiale l’ha portato a sperimentare e ad avere a che fare con tutto ciò che è modellabile. Per esempio, alla fine di via Dell’Orso, si può vedere il Leone che fu rubato nel 1976 e che poi mio padre ha rifatto e riprodotto su commissione, partendo dalle foto dell’antico e andandolo così a sostituire.

Quali sono i vostri clienti principali?

Michela. I committenti di questo tipo di attività sono musei, ambasciateantiquari o anche ovviamente committenti privati, che hanno in casa oggetti di antiquariato. Si possono fare sia oggetti nuovi, a partire dall’intaglio e della struttura, sia il restauro di un qualcosa di antico, che può poi essere esposto in un museo, ma anche in una casa privata.

Come avete ereditato questa passione da vostro padre e com’è diventata un mestiere?

Michela. Sia io che Alessandra abbiamo imparato il nostro mestiere in un laboratorio. Insomma, ognuno di noi ha seguito la propria indole e la propria passione, Io ho appreso l’arte del restauro, della doratura e della decorazione in un laboratorio privato. Stesso discorso per Alessandra. Poi, venendo nel laboratorio di nostro padre, abbiamo reso nostra questa professione. Il mestiere artigianale ha sì delle tecniche di base, ma ognuno deve metterci del proprio.

Quali sono le procedure e le tecniche più importanti nel vostro lavoro?

Vincenzo. Si parte da un oggetto, che è un campione, e lo si riproduce.  Altrimenti si parte da un disegno, stabilendo quello che il cliente vuole. Sulla  base di questa richiesta, si prepara, si intaglia e si modella il legno. 

Alessandra. Anche nel caso di un mosaico, si parte da una committenza. Dopo una prima fase di progettazione, si passa all’esecuzione. Esistono molte tecniche, ma, in tutti i casi, servono dei supporti molto leggeri. Quando si fanno  dei mosaici antichi, si cerca di riprodurlo il più fedelmente possibile. Ovviamente bisogna tenere conto dell’esigenza del cliente. Ciò che conta è comunque sempre far coesistere il vecchio con il nuovo. La base è data sempre dal disegno, che viene riportato su una carta speciale. Poi, con l’aiuto di un  collante leggero, si attaccano le tessere. Una volta riportato nel supporto, viene levata la carta e levigato. Con un supporto diretto invece si possono attaccare direttamente le tesserine con il collante.

Michela. Per la doratura, si taglia la foglia d’oro zecchino o d’argento, tenendo conto della necessità e delle dimensioni dell’oggetto. In un secondo momento, si utilizza il guazzo, che è una speciale mistura di acqua e colla, per passarlo sulla parte restaurata. Infine si prende la foglia e la si posiziona sulla parte interessata. Dopo aver lasciato asciugare per un paio di ore, si procede alla fase di liquidazione con delle pietre d’agata. In precedenza ci sono comunque tutta una serie di passaggi, in primis quando si realizza un oggetto nuovo. Si parte dal legno grezzo, che viene poi sottoposto a gessatura. Le fasi successive servono  poi per rimodellare e per applicare il bolo, che crea una base morbida e una colorazione. Invece nel restauro ci si concentra sulla riproduzione dei pezzi mancanti. La cosa più importante è comunque preservare e conservare la parte antica.

Com’è cambiato questo lavoro nel corso degli anni?

Vincenzo. Il tipo di lavoro è sempre lo stesso. A cambiare sono stati ordini e richieste e quindi il committente. Prima si rifacevano cose antiche, mentre oggi  questo non è più richiesto sul mercato. L’intaglio oggi consiste principalmente  nel restauro. Ma, ripeto, il mestiere, di base, non è cambiato. 

Michela.Come ha detto mio padre, il lavoro è rimasto quello, con gli strumenti  che sono sempre gli stessi. Un aiuto di alcuni macchinari c’è, ma abbiamo  mantenuto la qualità e il procedimento del lavoro artigianale fatto a mano. E per  noi questo è un motivo di pregio. 

Alessandra. Nei mosaici la tecnologia ha un’importanza notevole, specie  quando si ha a che fare con nuovi progetti. Ci sono, per esempio, applicazioni e  programmi utilizzabili con il computer. Sono cambiati anche i materiali e questo  porta ad avere richieste di vario tipo. Insomma, nel nostro lavoro è importante  conoscere la tradizione, ma anche cercare nuove soluzioni. Perché creare qualcosa di moderno è senza dubbio interessante.

Quali sono le difficoltà maggiori del vostro settore?

Noi siamo tra le poche che abbiamo proseguito questo lavoro e questa tradizione. Purtroppo molte leggi impedivano agli artigiani di prendere degli apprendisti. L’errore è che, chi ha fatto le leggi, ha trattato tutti i tipi di apprendistato allo stesso modo, dimenticando che alcuni mestieri si tramandano con anni di frequentazione dei laboratori e un artigiano in prima persona non può accollarsi le spese di questo tramandare un mestiere. Il punto è che in queste attività, prima di produrre, serve fare tantissima esperienza. Perché si vanno a mettere le mani su oggetti di valore. Occorre molta forza di volontà.

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Gianpiero Farina 25 agosto 2025


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