Domenico Iezzi: artigianato e tecnologia per creare gioielli unici
Articolo di Maria Orlandi

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Nel lavoro di Domenico Iezzi c’è tutto: il passato e il futuro, l’unicità dell’artigianato e la perfezione della tecnologia, l’inventiva e la programmazione. Il collante di tutto è la curiosità, che ha caratterizzato il suo percorso professionale e le successive scelte lavorative e che lo spinge ad esplorare nuove idee e tecniche di lavorazione, senza perdere di vista il valore dell’ispirazione.

Domenico, la tua è una carriera molto lineare: dalle scuole superiori alla formazione professionale, hai seguito le tue aspirazioni senza indugi. Raccontaci qualcosa di te.

La mia storia di orefice inizia all’Istituto d’arte Mario dei Fiori di Penne con l’indirizzo in oreficeria; è lì che ho capito che l’oreficeria era il mio lavoro, perché mi piaceva creare e modellare. Dopo le superiori ho deciso di andare a Valenza, che all’epoca era la patria dell’oreficeria e lì, per due anni, ho frequentato il For.Al. con indirizzo sia in incastonatura che in oreficeria. 

Nel periodo che hai trascorso a Valenza c’è stato qualche incontro che ti ha segnato in modo particolare?

In quel periodo ho avuto la fortuna di conoscere Enzo Silvestrin, che all’epoca era uno dei migliori insegnanti e incastonatori di Valenza e che mi ha voluto nella sua azienda; questa esperienza mi ha permesso di imparare veramente tanto, perché grazie a lui ho potuto fare degli errori, ho avuto la possibilità di sbagliare. Nella sua azienda si facevano sia modellazione che incastonatura, cosa molto rara a Valenza notoriamente divisa in settori, con aziende che fanno solo modellazione e altre che fanno solo incastonatura. Così io avevo l’opportunità di fare incastonatura al mattino e modellazione al pomeriggio e questo mi ha consentito di crescere in tutti e due i campi. Ma la cosa più importante, per me, è stata avere la libertà di sbagliare. Devo ringraziare molto Silvestrin, perché mi ha dato tanto e mi ha trasmesso tutto il suo sapere e la sua passione per il lavoro, consentendomi di crescere molto professionalmente. 


Dopo il For.Al. cosa hai fatto?

Ho frequentato altri corsi, specializzandomi nella modellazione in 3D con Rhinoceros perché penso che il nostro lavoro, e l’artigianato in genere, sia bellissimo ma debba essere comunque affiancato dalla tecnologia affinché vengano fuori degli oggetti meravigliosi. 

In che modo la modellazione in 3D può affiancare e migliorare l’oreficeria tradizionale?

In quegli anni, mentre lavoravo al banco, ho iniziato a utilizzare il CAD perché mi appassionava l’idea di creare gioielli con l’aiuto della tecnologia, infatti ciò che si riesce a creare al computer è estremamente preciso, mentre a mano questa precisione a volte si perde un po’. Chiaramente le due cose vanno a braccetto, non esiste un modellista CAD che non sappia lavorare a mano poiché nella modellazione al CAD l’oggetto lo devi prima immaginare, devi conoscere tutte le sue caratteristiche e sapere già come sarà una volta terminato e solo dopo puoi iniziare a progettarlo. È stato abbastanza complicato passare dal banchetto di lavoro alla modellazione CAD, nonostante la tecnologia mi sia sempre piaciuta. Quando ero al banco e vedevo il progetto passo dopo passo, potevo modificarlo a seconda delle necessità. Col il CAD questo non è possibile, perché una volta che inizi a disegnare devi già sapere come sarà l’oggetto finito. La modellazione al CAD però è così: prima di iniziare devi già avere in mente tutti i passaggi e dove andranno a finire.

Poi sei tornato in Abruzzo. Come mai?

Ho deciso di rientrare in Abruzzo perché per me questa è la mia casa. Da quando sono partito, a 19 anni, ho sempre avuto in testa l’idea di tornare qui con un mestiere, aprire il mio laboratorio e cominciare a creare attingendo a tutto quello che avevo imparato a Valenza. Sono rientrato nel 2009, ho lavorato in diverse aziende, continuando sia l’attività di modellista che di incastonatore, fino a quando nel 2015-2016 ho deciso di aprire il mio laboratorio.