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La Calzoleria Petrocchi produce scarpe artigianali realizzate a mano: moda pronta oppure su misura nella bottega di Roma, al vicolo delle Ceste 29. È un laboratorio frequentato da attori del cinema e della televisione, campioni dello sport e rappresentanti delle Istituzioni. La Calzoleria Petrocchi ottiene durante gli anni diversi riconoscimenti a livello Italiano e internazionale. L’artigianato è un valore aggiunto dell’economia italiana, evidenziando quella particolare differenza conferita al prodotto: qualità e originalità. Daniela Ridolfi, figlia del fondatore della Calzoleria Petrocchi e attualmente titolare della bottega artigianale, racconta la storia dell’impresa familiare, sottolineando alcuni aspetti storici che hanno caratterizzato il laboratorio. Non manca l’emozione quando Daniela Ridolfi ripercorre la nascita della bottega.
Quando nasce la Calzoleria?
«Nasce nel 1946 a Roma da un’idea dello zio di mio papà Tito Petrocchi. Il 1946 era un periodo storico importante per l’Italia, a ridosso della fine della seconda guerra mondiale, caratterizzato da una ripresa economica, industriale e anche artigianale. Ed è proprio in quel periodo che il tessuto artigianale di Roma era molto vitale. Tito Petrocchi ha questa idea e decide di aprire la bottega vicino al Teatro Sistina. C’è da sottolineare che Tito Petrocchi era figlio d’arte perché anche il papà aveva una Calzoleria, seppure non fosse situata nel centro di Roma.
La Calzoleria nasce da questo amore per l’arte e l’artigianato da parte di Tito Petrocchi e, da quel momento in poi, comincia a realizzare le sue calzature su misura ai clienti che lo venivano a trovare nella bottega, senza dimenticare i numerosi artisti del Teatro Sistina che era accanto alla Calzoleria. Tutto ciò consente di creare un certo interesse nei confronti di Tito Petrocchi e della sua Calzoleria.
Tito Petrocchi era un artigiano puro, un vero istrione, amava moltissimo il suo lavoro, creava modelli, modificava forme, studiava nuovi modelli particolari come quello famoso a becco d’anatra delle scarpe da uomo. Tito Petrocchi vuole fare una sorta di rivisitazione di questa sagoma storica romana (a becco d’anatra è la forma quadrata della scarpa). Pertanto tantissimi artisti dell’epoca che lavoravano al Teatro Sistina e anche a Cinecittà cominciavano a frequentare la bottega.
È in questo modo che prende forma questa storia artigianale e familiare della Calzoleria perché a Tito Petrocchi si affiancherà mio padre Bruno Ridolfi fin da ragazzo, a circa 14 o 15 anni come accadeva all’epoca. Si cominciava a lavorare in bottega molto giovani e così mio padre affianca Tito in questa Calzoleria, impara anche lui a fare modelli e a preparare le forme e la storia continua con le produzioni cinematografiche perché il passaggio dal Teatro Sistina e dall’interesse di tanti artisti dell’epoca verso le produzioni cinematografiche è veramente breve.
Questa è una storia che ho vissuto sin da quando ero piccola, raccontata in famiglia. Personalmente cresco nella bottega e chi ha un’attività artigianale comprende bene che i figli spesso sono proprio in bottega, perché l’artigiano trascorre molta parte della giornata a lavorare. Pertanto ho avuto il piacere di respirare quest’atmosfera sin da bambina e anche mia nonna materna era un’orlatrice. Ed è per questo motivo che mio padre e mia madre si sono incontrati grazie al lavoro delle calzature. A questo punto, avendo un’attività familiare, decido di proseguire questa realtà economica artigianale con convinzione».