Birra 100Venti è un birrificio artigianale piemontese nato quasi per caso, dopo un viaggio all’Oktoberfest. La sua storia sembra provenire da una di quelle idee pazze che balenano nella mente dopo aver bevuto qualche birra in compagnia.
Ma Birra 100Venti, come racconta il suo fondatore Oliviero, è andata ben oltre una semplice intuizione scaturita dall’entusiasmo: con uno sguardo attento alle tradizioni birrarie anglosassoni e un occhio sempre rivolto alle nuove tecnologie, si propone oggi come un birrificio in provincia di Novara che guarda al futuro senza mai dimenticare le sue radici.
Partiamo con un po’ di storia: come nasce la Birra 100Venti?
“Birra 100Venti nasce originariamente da un viaggio di quattro amici all’Oktoberfest. Di ritorno da quell’esperienza, abbiamo deciso di diventare brewers. Da lì, la voglia di fare sul serio è cresciuta: io, che ero quello meno convinto all’inizio, sono diventato il più appassionato, fino a diventare un birraio qui a Borgomanero”.
“Nel 2014 abbiamo lanciato Birra 100Venti come beerfirm, producendo conto terzi presso altri birrifici, ma con l’obiettivo di aprire un nostro birrificio. Allora non avevamo né il capitale né le competenze tecniche. Solo nel 2018 siamo riusciti ad acquistare un impianto usato e, a inizio 2020, siamo diventati ufficialmente un birrificio”.

Quali sono le principali caratteristiche delle vostre birre artigianali? Cosa vi contraddistingue?
“Noi siamo nati con una passione profonda per l’Inghilterra e le birre inglesi, caratterizzate da una gradazione medio-bassa e un grande equilibrio tra le varie componenti. Attualmente, abbiamo in produzione 20 birre che spaziano anche tra stili tedeschi, belgi e altro, ma l’equilibrio ereditato dalle birre anglosassoni resta il filo conduttore.
Mi auguro sia proprio l’equilibrio, insieme all’identità delle nostre birre artigianali, a distinguerci dagli altri marchi”.
Quali sono le fasi di produzione delle vostre birre?

“La produzione delle nostre birre segue le fasi classiche di qualsiasi birrificio artigianale, mantenendoci fedeli alle normative che ci impediscono di pastorizzare o microfiltrare. Si parte dal malto d’orzo, che viene mescolato con acqua calda a temperatura controllata e gestito attraverso step crescenti. Questo processo permette di estrarre gli zuccheri e gli amidi dal malto, trasformandoli in zuccheri più semplici che serviranno come nutrimento per il lievito. Poi filtriamo il composto separando la parte solida, chiamata trebbia – ovvero l’orzo esausto – che viene riutilizzata dagli allevatori per il bestiame”.
Durante lo step seguente, “il mosto è poi portato a ebollizione per 60/90 minuti secondo la tipologia di birra. Qui si aggiunge il luppolo per conferire aroma o l’amaro. Una volta terminata la bollitura, raffreddiamo rapidamente il mosto e lo trasferiamo nei fermentatori. Dopo l’aggiunta del lievito, ha inizio il processo di fermentazione che dura da una a due settimane, trasformando il mosto in birra. Infine, segue lo step di maturazione, in cui la birra viene raffreddata e lasciata riposare”.
“Pur non utilizzando tecniche particolari - conferma ancora il fondatore di Birra 120 - prestiamo grande attenzione alle innovazioni tecnologiche e alle nuove ricerche nel campo delle materie prime. Il modo di fare birra è cambiato rispetto a settant’anni fa, e ci teniamo a rimanere aggiornati sulle novità che possono migliorare il nostro processo produttivo, senza mai accontentarci del “si è sempre fatto così”.
Quali sono i vostri prossimi progetti?

“I nostri progetti per il futuro sono ambiziosi e si possono riassumere in tre obiettivi principali. Il primo è crescere come birrificio, puntando a produrre e vendere più dei 1200 ettolitri attuali. Il secondo riguarda la qualità: vogliamo investire in strumenti di laboratorio sempre più performanti, per migliorare costantemente il nostro processo produttivo. Il terzo, a lungo termine, è la sostenibilità ambientale. Sappiamo che per ora sarebbe un investimento troppo oneroso per un birrificio delle nostre dimensioni, ma siamo fiduciosi che, col tempo, ci saranno tecnologie più accessibili che ci permetteranno di fare il salto”.



