Il ritorno alle origini di Terra Dunci

Articolo di Tiziana Bonsignore

Ad Aragona, nell’agrigentino, i fratelli Pendolino hanno deciso di riprendere in mano le antiche tradizioni di famiglia e fondare l’azienda Terra Dunci, che comprende un panificio. Li abbiamo raggiunti in campagna, dove ci hanno raccontato la loro storia.


Qual è la storia di Terra Dunci?

La storia dell’azienda Terra Dunci affonda le sue radici in un passato abbastanza lontano. Siamo alla fine della seconda Guerra Mondiale, quando mio nonno torna dalla guerra e decide di rimboccarsi le maniche. Così avvia un’azienda agricola di notevoli dimensioni. L’azienda cresce negli anni grazie al contributo dei figli, in particolare di mio padre Stefano, che ha una grande passione per l’agricoltura.

Col tempo, l’impresa si dota pian piano di nuove attività collaterali: nascono un frantoio oleario e un panificio. In queste due aziende si trasforma la materia prima prodotta in agricoltura. 

Ovviamente negli anni ci sono state varie vicissitudini. Alla fine del 2018 decidiamo di rilevare il panificio di famiglia, che rinominiamo “Terra Dunci”, proprio perché vogliamo portare avanti questa filosofia: quella di creare prodotti a km 0, derivati dalla trasformazione di ciò che produciamo nell’azienda agricola. 

La nostra storia non è legata solo al panificio in sé, ma a tutta la storia della nostra famiglia.

Pane di Terra Dunci

Cosa caratterizza i vostri prodotti e il processo produttivo?

I nostri prodotti hanno una caratteristica comune: quella di avere un rapporto strettissimo con il territorio, perché sono prodotti che partono da materie prime prodotte dalla nostra azienda agricola, ad Aragona. Azienda agricola che nel 2017 è stata certificata come azienda agricola biologica. Dopo un primo avvio, abbiamo deciso di avvicinarci alla panificazione contemporanea, favorendo il ritorno alla produzione di pane con lievito madre. Attualmente lavoriamo tre ceppi di lievito madre. 

Da circa un anno e mezzo abbiamo iniziato un progetto che mira a diminuire lo spreco alimentare. Riusciamo, tramite un metodo completamente artigianale, senza l’aiuto di nessun tipo di coadiuvante chimico, a estrarre i lieviti naturali presenti nella parte esterna della buccia della frutta. Il processo prevede la produzione di una soluzione acquosa, chiamata acqua fermentata, utile a valorizzare una serie di sottoprodotti che solitamente erano considerati di scarto. 

Tutto questo perché la nostra attività si muove su tre diverse linee di sostenibilità. Una sostenibilità economica, propria di tutte le aziende. Una sostenibilità ambientale, perché facciamo in modo di preservare le risorse per le generazioni future. Ciò ha comportato la trasformazione dell’azienda in azienda biologica, una serie di investimenti in energie da fonti rinnovabili e progetti che mirano all’abbattimento dello spreco alimentare. Ma anche una sostenibilità sociale. Quella del panificatore è una giornata lavorativa molto intensa, è un lavoro che da sempre prevede molto sacrificio: negli anni abbiamo investito in attrezzature tecnologicamente avanzate che ci hanno permesso di compattare il ciclo produttivo nella fase diurna. 

Noi siamo uno dei pochissimi panifici che riescono ad avere un prodotto sempre fresco, naturale, senza coadiuvanti chimici, ma facendo a meno del lavoro notturno. questo perché vorremmo riavvicinare le generazioni più giovani all’attività del panificatore


In che modo mantenete in equilibrio il rapporto tra tradizione e innovazione?

Ovviamente quando si parla di innovazione si tende a pensare a un taglio netto con la tradizione: in realtà la nostra innovazione prende spunto proprio dalla tradizione. Mantenere un prodotto tradizionale in un progetto che mira all’innovazione significa concentrare l’innovazione sui processi produttivi. Non viene innovato il prodotto, che invece resta saldamente ancorato alle tradizioni territoriali. Quello che cambia è il ciclo produttivo. Se questo che anticamente veniva svolto in maniera manuale, senza l’ausilio delle macchine, oggi ci appoggiamo ad aziende leader nel settore, che mettono a disposizione di noi artigiani macchine così evolute da innovare il processo produttivo, pur lasciando la possibilità di creare un prodotto che se non è uguale è comunque molto vicino al prodotto tradizionale.

Pane di segale di TerraDunci

Quando e come avete deciso di dedicarvi all’azienda di famiglia?

In un primo momento ci eravamo allontanati dall’azienda di famiglia: entrambi abbiamo studiato, intrapreso un percorso personale di studi. Io, ad esempio, sono laureata in lingue e avevo iniziato a lavorare nel mondo della scuola, mentre mio fratello è laureato in scienze della comunicazione, ed era partito nel Regno Unito per un’esperienza di formazione all’estero. 

Poi però, a un certo punto, il richiamo delle origini si è fatto sentire. Veniamo a sapere che il panificio di famiglia era stato messo in vendita, e di lì abbiamo deciso di unire le forze e di mettere a frutto la nostra formazione, mettendoci in gioco per portare avanti la nostra tradizione, anche attraverso dei punti di vista più moderni, diversi. Io mi sono formata soprattutto dal punto di vista contabile e amministrativo, passione scoperta in maniera tardiva. 

Così abbiamo fatto confluire l’unione delle nostre esperienze precedenti nella nuova realtà aziendale, Terra Dunci. Si tratta di un progetto a 360 gradi. Noi non produciamo singoli prodotti, noi creiamo una serie di prodotti diversi su cui ci stiamo specializzando. Soprattutto, mi piace dire il nostro non è un prodotto raffinato. Secondo la nostra filosofia, il prodotto deve venire dalla terra e deve essere raffinato il meno possibile, per non alterarne le caratteristiche originarie. Lo possiamo definire un prodotto grezzo, ma molto sano.


Se l’Irpinia dei formaggi diventa spalmabile: ecco i barattolini Gelò targati Malvizza
Articolo di Rosaria Carifano