Naima Food&Lab: l’amore per le piccole cose in formato vasetto

Articolo di Rosaria Carifano

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Libraia, attivista e, soprattutto, artigiana di buonissime confetture e marmellate. Flavia Peluso è fermamente convinta che i miglioramenti per la società partano dall’impegno del singolo, e che alla cultura del sapere si debba assolutamente affiancare quella dell’agire. 

Per questo, quando ha lasciato una delle città campane più conosciute per la movida e gli eventi mondani, Pomigliano d’Arco, per trasferirsi nella placida Irpinia e iniziare a vivere un’esistenza più a misura d’uomo, non ha perso tempo per rendere davvero concreti i buoni propositi che tutti ci raccontiamo ma che raramente mettiamo in pratica.

“Niente sprechi”, soprattutto alimentari. Ha deciso quando si è accorta che gran parte dei frutti che il suo terreno le forniva non venivano consumati.

È nato così, nella cucina della sua casa immersa nel verde, il laboratorio artigianale Naima Food&Lab.

Un nome molto particolare. Cosa significa “Naima”?

Naima è il nome di una bellissima canzone di Coltrane, un brano d’amore. Lo stesso amore che metto io per produrre le mie confetture, lavorare le materie prime e trasferirle nei vasetti. Per puro caso (ma è davvero così?) è anche l’anagramma di “anima”.

Com’è nata l’idea di iniziare a dedicarti alla produzione di marmellate?

Quasi per caso. Per una serie di vicissitudini personali mi sono trasferita dalla città alla campagna, e mi sono resa conto che gran parte della frutta prodotta dagli alberi del terreno che circonda la casa venivano sprecati. Essendo soltanto io e mio marito, non riuscivamo a consumarli tutti prima che arrivassero a marcire. Così, ho deciso di iniziare a trasformare la frutta in un prodotto che potesse essere conservato e fruibile. In un primo momento regalavo le marmellate anche a familiari ed amici. Il successo riscontrato, viste le richieste continue che mi venivano fatte, mi ha convinto ad aprire una piccola azienda.

Naima Food & Lab è un’IAD: un’Impresa Alimentare Domestica. Cosa significa e qual è stato il percorso che ne ha portato alla creazione?

Avere un’IAD significa che io posso produrre lavorati alimentari nella mia cucina di casa, a patto di avere una serie di parametri stabiliti dalla legge, come la superficie delle mattonelle interamente lavabile, e possedere uno sterilizzatore e un pastorizzatore. Per quanto riguarda il percorso, non è stato semplicissimo, perché questa tipologia di impresa non è molto conosciuta al Sud Italia. Ho dovuto praticamente spiegare io agli uffici con i quali mi interfacciavo per svolgere le pratiche burocratiche necessarie di cosa si trattasse, e non è facile capire la tipologia di codice ATECO da attribuire ad un home food.

Perché hai voluto aprire un’IAD invece che un laboratorio staccato e quali sono i tuoi prodotti?

Per me le marmellate devono essere davvero artigianali, e il massimo dell’artigianalità è come le faceva la nonna: nella sua cucina. Non faccio le confetture dai gusti classici, come albicocca o ciliegia. Mi piace mischiare i gusti. Inoltre ho viaggiato molto, e ho fatto tesoro delle specialità che ho provato. Così ho introdotto anche una linea di chutney – delle particolari salse indiane che accompagnano carne e formaggio – che stanno avendo molto successo. Non ci speravo tanto, e invece sono le conserve che i miei clienti amano di più, proprio perché sono atipiche. Mischio le albicocche con la curcuma, le fragole con il pepe indonesiano. Le mele le trasformo in una marmellata unita allo strudel, e faccio delle creme dove mischio cioccolato e caffè. 

Qual è il prodotto preferito dai tuoi clienti? E qual è il tuo? 

Nel primo caso, sicuramente la confettura di carote e limoni, perché può essere abbinato ai formaggi ma anche consumato a colazione. Regala una bella dose di Vitamina C! Il mio invece è la confettura di mele e strudel, perché mi ricorda i sapori della famiglia, il Natale, i dolci delle feste passate in casa. I prodotti possono essere acquistati fisicamente, a Casa Naima, che è la libreria a San Giorgio del Sannio che gestisco insieme a mio marito, oppure in alcune pasticcerie di Pomigliano d’Arco, la mia città d’origine. Altrimenti mi si può contattare sui social e su whatsapp ed effettuare l’ordine che poi spedirò.

Progetti per il futuro?

Riuscire a continuare. Per chi, come me, ha un’IAD, la situazione è difficile. Molti pensano che le imprese come le nostre non paghino le tasse, e invece non è così. Abbiamo le stesse spese e problematiche di qualunque piccola azienda. Semplicemente non abbiamo i costi del punto vendita, ma allora aumentano quelli domestici. Non voglio “diventare grande”, mi piace l’idea di restare “piccola” e avere un’attività di nicchia, ma ci vorrebbero maggiore attenzione e aiuto da parte dello Stato. 


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