Sulla pagina Facebook del Laboratorio calzature Procopio, una piccola bottega che dalla periferia romana riesce a raggiungere una clientela anche internazionale, si legge una citazione: “Gli occhi possono mentire, un sorriso sviare, ma le scarpe dicono sempre la verità”. Parlando con il titolare, erede di due generazioni di calzolai, capiamo subito che queste parole nascondono un’idea molto seria del valore del proprio lavoro e soprattutto una passione ineguagliabile. Anche durante l’intervista Pino non smette di lavorare, con la velocità e la maestria tipiche di chi ha il mestiere nelle mani da tanti anni e padroneggia alla perfezione diversi strumenti e materiali.
Che tipo di scarpe realizzate al laboratorio? Quali sono le vostre specializzazioni?
Noi realizziamo calzature su misura sia per uomo che per donna. Di solito ci viene chiesto di creare scarpe per eventi particolari come matrimoni o cerimonie, ma facciamo anche prodotti pensati per chi ha una forma particolare del piede come pianta larga o collo alto e non potrà mai stare comodo nelle scarpe industriali! Realizziamo scarpe predisposte per plantari che permettono di inserirli facilmente e risultano, ovviamente, belle all’estetica. Questo per venire incontro alle esigenze di chi ha una problemi legati al piede come l’alluce valgo, ad esempio. Noi prendiamo le misure del piede, tutte le misure che occorrono, scegliamo il pellame in base a quello che vuole il cliente e a metà lavorazione facciamo una o due prove per effettuare eventuali correzioni. Lavoriamo con la pelle, ma anche con la tela, e per le scarpe da cerimonia possiamo aggiungere cristalli Swarovski o ricami fatti a mano. Tra i nostri servizi ci sono anche le riparazioni.
Da dove vengono i materiali che utilizzate?
Per quanto concerne i materiali, è inutile dire che sono tutti di prima scelta e di provenienza italiana. I nostri fornitori sono toscani e marchigiani. Con tutto il lavoro che c’è da fare a livello di manodopera, andare a risparmiare sui materiali sarebbe un peccato! Per questo puntiamo sempre al massimo della qualità. La scarpa deve essere sia bella che comoda e, lo ripeto, viene personalizzata dall’inizio alla fine.
Chi sono i vostri clienti? Avete mai avuto richieste “strane”?
Qualunque cosa ci si chieda, noi con fantasia riusciamo a realizzarlo, a volte partendo dai disegni del cliente stesso. Negli anni ci sono capitate richieste davvero molto particolari. Tra i calzolai su misura non è scontato che si lavori sia per l’uomo che per la donna: questo è un aspetto che rende ancora più complicato il nostro lavoro. Però abbiamo avuto delle belle soddisfazioni, perché la nostra clientela viene da tutta Italia e anche dall’estero: abbiamo un cliente a Londra, per esempio. Tra le commissioni più “altolocate” ci sono state le scarpe da cerimonia per cardinali ed altri ecclesiastici, un paio di stivali per Claudio Baglioni (li ha indossati in concerto) e anche delle scarpe che sono andate sul set, ad esempio per Sabrina Ferilli. Ci siamo adeguati ai tempi aprendo pagine social per sponsorizzarci, ma il grosso dei clienti viene dal passaparola.
Che futuro vede per la vostra attività?
La nostra è un’impresa che è sempre stata a carattere familiare. Io sono la terza generazione ma ho paura che sarò l’ultimo. Cerchiamo di poter continuare ma non si riesce a trovare personale che intraprenda la nostra attività. Ci vogliono molta passione e molta creatività. Il mestiere si acquisisce piano piano, è col passare degli anni che si diventa artigiani. Sembra che questo mestiere ai giovani non piaccia. Purtroppo qui a Roma, che era la patria delle scarpe su misura, il nostro lavoro si sta perdendo e siamo rimasti in pochissimi. La giornata dell’artigiano si sa quando inizia ma non si sa quando finisce: a volte dieci, dodici ore o più di lavoro al giorno. Soprattutto quando arrivano degli imprevisti, possiamo dire che la giornata non finisce mai! Ma il mio lavoro per me è una vera passione: se non c’è passione, è impossibile continuare qualsiasi cosa. Quando ho iniziato non sapevo niente di niente, mi aggiravo per il laboratorio e non sapevo cosa fare con quello che avevo in mano: ora conosco il mio mestiere così bene da poterlo insegnare agli altri.