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Passeggiando nelle vicinanze del Vaticano, a Borgo Vittorio, ci siamo imbattuti in una vetrina che ci ha attirati come un magnete, spingendoci a entrare.
In un quartiere ormai pieno quasi solo di minimarket, ristoranti e negozi di paramenti ecclesiastici, abbiamo potuto incontrare uno degli ultimi artigiani che ha deciso di mantenere la propria sede a due passi da piazza San Pietro. Si tratta di Francesco Mattei, restauratore specializzato in mobili e in cornici, uno dei pochi su Roma ad effettuare il servizio di doratura. Ecco che cosa ci ha raccontato nel corso della nostra chiacchierata.
Francesco, di che cosa ti occupi nel tuo laboratorio?
Io sono un restauratore e il mio mestiere è riportare alla vita gli oggetti del passato.
Mi occupo principalmente della doratura e del restauro delle cornici, anche pezzi importanti, del Sei e del Settecento: integro le parti mancanti con la foglia d’oro zecchino a ventidue carati (oggi a Roma siamo in pochissimi a fare questo tipo di lavoro) e sostituisco interi fregi, sia in pastiglia, cioè con una composizione di gesso e colle animali tipica della Francia, sia in legno intagliato, come da tradizione italiana.
Poi mi occupo anche del restauro dei mobili che lucido con la gommalacca e rifinisco a tampone, per ottenere il risultato brillante tipico del mobile inglese, o a cera, per un risultato più satinato. La mia opera di restauro, insomma, è complessa e si basa sull’imitazione del processo di costruzione originale.

Qual è stato il percorso che ti ha portato ad aprire un’attività di restauro?
Io parto da zero, perché non vengo da una famiglia di artigiani. Finito il liceo classico non avevo idea di che cosa fare per il mio futuro: avevo sempre avuto il desiderio di lavorare con le mani, così sono andato in giro per Roma e ho incontrato un signore che mi ha preso nella sua bottega insegnandomi i segreti del suo mestiere.
I vecchi artigiani insegnavano così, con l’apprendistato, senza dare uno stipendio. Sono stato con il mio maestro per cinque anni, imparando le tecniche del restauro dei mobili e della doratura; quando poi lui è andato in pensione ho rilevato il negozio, che è questo dove siamo ora. Ad oggi sono ventitré anni che porto avanti l’attività.
A chi si rivolge il tuo lavoro? Quali richieste hai?
Le mie committenze vengono principalmente dai privati, dall’alta borghesia e talvolta anche dalla nobiltà romana. A volte ho avuto come clienti anche monsignori e cardinali, trovandomi nelle vicinanze di San Pietro. Ho avuto poi occasione di collaborare con delle chiese, per il restauro di cornici e baldacchini dorati o anche per macchine da processione.
La mia soddisfazione è collaborare ogni tanto anche con palazzo Barberini, uno dei musei più importanti di Roma: ho restaurato cornici che avvolgono opere importanti!

Qual è l’aspetto del tuo lavoro che ti dà maggiore soddisfazione?
La bellezza di questo lavoro è prendere un oggetto che sembra da buttare, perché molto rovinato, e ripristinare la sua personalità, il suo antico splendore. A volte mi arrivano mobili in condizioni pietose, cornici completamente rotte, coi pezzi ammucchiati nelle buste di plastica: piano piano, sul mio tavolo, riassemblo e ricostruisco ogni parte; quando il cliente resta stupefatto nel vedere l’oggetto ricostruito, quando mi dice “bravo”, lì trovo la mia migliore soddisfazione.
Il mio non è un lavoro, ma una vera e propria passione: quando la domenica vado a spasso, faccio le faccende di casa o vado al supermercato, dentro di me non vedo l’ora che arrivi il lunedì per tornare nel mio laboratorio.
Credi che il tuo sia un settore in salute?
L’antiquariato ha sempre avuto degli alti e bassi. Negli anni ’70 era un po’ decaduto in favore dei mobili in formica, in plastica; negli anni ’80 invece era tornato di moda; dal 2005 in poi abbiamo visto una nuova crisi del settore. Ma io sono convinto che il nostro mercato segua un ciclo e che i mobili antichi torneranno in auge. Le persone si renderanno conto che i mobili moderni, di cartone, non possono durare cento anni.
