Alla scoperta del Montèbore, il formaggio piemontese che piaceva a Leonardo Da Vinci

Articolo di Lucia Ginocchio Serafini

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Le nostre tavole sono spesso ricche di piatti dalle tradizioni antiche, le cui ricette si sono tramandate per generazioni arrivando fino a noi.

Spesso sappiamo che ciò che mettiamo in tavola possiede una lunga storia, ma non sappiamo quanto lunga essa sia. Ebbene, siamo andati a scoprire il formaggio piemontese Montèbore, la cui storia si intreccia a quella di un antico castello, ad un matrimonio nobiliare e a Leonardo Da Vinci. Intrigante, no?

Siamo a Fabbrica Curone, un paese della Val Curone immerso tra i Colli Tortonesi, in provincia di Alessandria. Ci accoglie Matteo Grattone, 23 anni, il vero e proprio volto del Caseificio Terre del Giarolo.

Ciao Matteo, qual è la storia di Caseificio Terre del Giarolo?

Il caseificio nasce nel gennaio 2021 da un progetto familiare che si propone di recuperare ricette antiche legate al territorio dei Colli Tortonesi. Ad oggi, all’interno del Caseificio, siamo in cinque: tre operai, io e mia mamma, soci insieme a mio padre e mio zio. Loro non lavorano all’interno dell’azienda, ma mi hanno aiutato in tutte le fasi di realizzazione di questo progetto.

In Terre del Giarolo produciamo formaggi a latte crudo partendo dal latte locale, unificando la produzione nella nostra struttura di Fabbrica Curone e collaborando con ristoranti, aziende locali, gastronomie e piccoli distributori.

Lavorazione formaggi Caseificio Terre del Giarolo

Che particolarità hanno i vostri formaggi?

I nostri formaggi hanno una tradizione molto antica, alla quale noi accostiamo innovazione nelle tecniche di stagionatura per migliorarne la qualità di giorno in giorno. 

La nostra gamma di prodotti è vasta: abbiamo formaggi freschi come la ricotta, ma anche quelli a stagionature più lunghe come pecorini e tome piemontesi, utilizzando sempre i vari tipi di latte in purezza. I nostri sono tutti prodotti stagionali, quindi variano in base alla reperibilità del latte, di mese in mese.

So che avete uno specifico prodotto di punta con una forma molto particolare…

Esatto, circa l’80% della nostra produzione è incentrata sul Montèbore, un formaggio iconico per i Colli Tortonesi che porta tanta tradizione all’interno di questo caseificio. La sua produzione si era interrotta dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando le valli si spopolarono, ed è stata recuperata solo alla fine degli anni Novanta.

Il Montèbore è un connubio, in diverse percentuali, di tre latti crudi: vaccino, caprino e ovino. Come da tradizione, circa il 65% è latte vaccino, il 30% latte di pecora - nonostante gli allevamenti ovini stiano scomparendo da queste valli - e, infine, una piccola percentuale di latte di capra in base alla disponibilità stagionale, solitamente il 5%.

Noi lo produciamo in tre formati diversi: mini, medio e magnum. Quest’ultimo, solitamente, lo portiamo agli eventi perché simula più degli altri la forma a torta nuziale presente al banchetto in onore del matrimonio tra Isabella d’Aragona e Gian Galeazzo Sforza, svoltosi a Tortona nel 1489 e che vide come cerimoniere Leonardo Da Vinci. Fu proprio lui ad organizzare la regia del banchetto sotto l’incarico di Ludovico il Moro e, quindi, a scegliere come formaggio presente nel menù proprio il Montèbore.

Si dice che la sua forma sia dovuta all’originale forma delle torri dell’antico castello di Montèbore, ormai diroccato, nell’omonimo paese che si trova tra la Val Curone, la Val Borbera e la Val Grue.

Formaggio Montèbore

Nella produzione usate qualche tecnica specifica?

La produzione di fermenti è autoctona: produciamo noi quelli che vengono inoculati all’interno della cagliata tramite una lavorazione antica che consiste nel latte-innesto, ovvero la creazione di ceppi batterici partendo dal latte appena munto. Il processo avviene facendo fermentare il latte appena munto per poi introdurlo all’interno della cagliata dopo che le tre tipologie di latte sono già state miscelate.

Infine, le tre formine decrescenti che compongono il Montèbore vengono create separatamente, lavorate, salate e il giorno dopo assemblate nella loro forma di castello.

Quali sono i vostri progetti per il futuro del Caseificio?

Essendo un’azienda nata da poco, abbiamo tantissimi progetti. Stiamo ampliando la struttura creando nuove celle di stagionatura e abbiamo in progetto di invogliare dei giovani - ma anche persone con esperienza - ad allevare nelle nostre valli, in particolare ovini, perché senza latte non possiamo aumentare la produzione.

Inoltre stiamo portando avanti collaborazioni, sia locali che regionali: puntiamo a farci conoscere in tutta Italia partecipando di persona a diverse fiere per mostrare il prodotto e far scoprire le antiche tradizioni delle nostre valli.

Esportate anche all’estero?

Al momento non abbiamo ancora un mercato estero perché preferiamo far conoscere i nostri formaggi prima sul territorio italiano, ma è sicuramente tra i nostri progetti futuri.

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