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Antonella e suo marito Gianpaolo vivono dentro un mondo fatto di oggetti vecchi e colorati, stoffe, scatole, posate: tutte cose che raccontano una storia e che in qualche modo rievocano un ricordo. Tutte cose che potrebbero riaccendere, quasi senza volerlo, una parte di noi che ci conserviamo dentro.
In fondo è questo il potere degli oggetti ed è il potere anche della collezione di piatti “A pranzo dalla nonna”. L’idea è quella di utilizzare tipiche frasi legate al cibo e alla tavola, per aggiungere un valore a quei piatti bianchi con il bordino blu che sono un tuffo nel passato, nella memoria di cose perdute.
Ed è così che un “mangia che diventi grande” oppure un “aggiungi un posto a tavola”, diventano qualcosa di diverso; qualcosa di nostalgico. Oltre ad essere dei piatti davvero carini.
A raccontarci la storia di questo progetto è Antonella che abbiamo incontrato nel suo negozio a Sarzana.
Ciao Antonella, come hai iniziato ad appassionarti al collezionismo?
“Io colleziono oggetti da quando ne ho memoria. All’inizio, però, lo facevo solo a livello amatoriale.
Dopo una formazione artistica e alcune specializzazioni, avevo iniziato a lavorare come ufficio stampa e segreteria organizzativa per grandi mostre dell’arte contemporanea e del design e questa cosa è andata avanti per 15 anni. Anni in cui comunque continuavo a portare avanti anche la mia passione per il vintage e per il collezionismo: andando ai mercatini e a volte partecipando anche io stessa, perché magari creavo delle piccole cose come hobby.
Ad un certo punto, però, in seguito ad un problema di salute di mio marito, mi sono detta che era arrivato il momento di cambiare vita: di non decidere più in base agli altri, ma di gestirla noi stessi. E così abbiamo fatto del collezionismo un lavoro.”
Come nasce l’idea di questi piatti?
“Un giorno io e mio marito siamo andati in Slovenia e lì ho visto questi piatti bianchi con il bordino blu. Ho subito pensato che sembravano proprio quei vecchi piatti che si usavano una volta e ne ho comprati circa sessanta, pensando di rivenderli così come erano.
In Italia questa tipologia di piatto non esiste più dalla fine degli anni ‘30 perché li fabbricavano utilizzando il piombo e il piombo era tossico. La gente, impaurita, li aveva proprio buttati via e le uniche cose rimaste sono vasi da notte o catini per lavarsi, sempre fatti allo stesso modo.
C’era un’azienda tedesca che li produceva: la stessa azienda che esiste ancora oggi, ma che qui da noi adesso produce solo caldaie in acciaio smaltato. La produzione dei piatti invece è rimasta in Slovenia: il meccanismo di produzione è stato purificato, non viene utilizzato più il piombo ma l’acciaio e lì continuano a produrli perché c’è molta cultura di questo tipo di piatto in tutta l’Europa dell’Est.
Fatto sta che una volta portati in Italia, all’epoca avevo un temporary store a Milano, non li guardava nessuno. Allora mi sono informata su come potevo decorarli e all’improvviso mi è venuta questa idea delle scritte. Il primo credo sia stato “o mangi questa minestra o salti dalla finestra”, e da lì piano piano ho iniziato a venderli.
La decorazione viene fatta a mano e poi i piatti vengono ripassati in forno perché il colore deve fissarsi.”
Quanto ci vuole per realizzare un piatto?
Posso quasi cronometrare il tempo. Ci metto circa un minuto, un minuto e mezzo per decorare un piatto, dopo di che deve riposare per 4 ore e poi va messo in forno.
I piatti hanno una cottura di 2 ore e dopo devono tornare a temperatura ambiente da soli, restando dentro il forno: solitamente qui ci vogliono 6 ore.
Qual è la frase più richiesta?
Sicuramente è “domani inizio la dieta”, a seguire “l’amore passa ma la fame no” e anche “questo è quello che passa il convento”.
Poi ci sono tutte quelle frasi molto dolci come “fatto con amore” o “l’ingrediente segreto è l’amore” perché queste frasi sono più semplici da regalare.
Quali altre stoviglie fanno parte di questa collezione?
Questo piatto esiste solo fondo perché, essendo utilizzato soprattutto nell’est Europa, nasce come un piatto da zuppa e l’azienda non ha mai avuto la necessità di introdurre un piatto piano per il secondo.
C’è un piatto piano ma più piccolo che loro, secondo me, pensavano più come piatto d’appoggio, ma noi l’abbiamo rivisitato come piattino da dolce.
Oltre a questi ci sono anche le tazze e adesso abbiamo introdotto anche una specie di tegamino che loro chiamano curry dish.
C’è un tuo ricordo particolare legato ad uno di questi piatti?
La frase più legata a me è “non mettere il coltello in bocca”: io sentivo sempre mia mamma ripeterlo a mia nonna, perché lei aveva questo vizio di usare il coltello per fare qualsiasi cosa e mia mamma aveva il terrore che imparassimo a farlo anche noi. È la mia frase, però penso sia anche la meno venduta in assoluto.
Ho anche un altro ricordo, però, legato a questi piatti. Io sono originaria di Tortona e per frequentare il liceo mi trasferii vicino a Milano dalle sorelle di mio padre. Queste due zie mi hanno praticamente cresciuta e loro avevano una grande passione per i servizi di piatti: tutti i fine settimana mi portavano in questi negozi a comprare piatti e per me era un dramma.
Poi loro sono mancate e io mi sono ritrovata con tutte queste collezioni di cui alcune veramente belle e devo ringraziarle perché mi hanno ispirato veramente tanto.
Ad un certo punto l’odio che avevo si è trasformato in sorpresa perché ho capito che c’era un piacere nel comprare questi piatti, nel costruirsi una casa come si vuole, un ambiente familiare, un vivere la tavola in un modo diverso.
La mia collezione è un po' un modo per avvicinarmi alle mie zie che nella mia vita mi hanno dato veramente tanto.
Qual è la tua più grande soddisfazione?
Le cose che mi hanno dato in assoluto più soddisfazione sono state due. Le mie zie erano abbonate a Cucina Italiana e quindi ogni mese arrivava a casa questa rivista di cucina. I miei piatti sono stati pubblicati su questa rivista e mi ha fatto veramente tanto piacere.
L’altra cosa è che uno di quei negozi in cui venivo trasportata ogni fine settimana è diventato un nostro cliente, rivende i nostri piatti. E queste sono cose che veramente mi danno soddisfazione.