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Immaginiamo una strada che, come un serpente, si snoda misteriosa tra le anse panciute delle montagne, la pelle punteggiata da macchie più scure: sono piccoli gruppi di baite, i tetti grigi della stessa roccia che le sovrasta. Al centro di ogni paese, un campanile appuntito, anch’esso di pietra, modesto e serafico, si protende verso l’altro, come a cercare di afferrare gli ultimi raggi di sole, nella luce ormai fioca del tramonto. È proprio su uno di quei campanili della Val di Susa che inizia la nostra storia: la storia della famiglia Giverso.
Come nasce la gioielleria Giverso?
Giverso è una realtà orafa artigianale che esiste da un centinaio di anni. Siamo nati nel 1920 in un piccolo paesino della Val di Susa, a Condove. All’inizio eravamo orologiai, riparatori di orologi e campanili, poi abbiamo avuto una fortissima evoluzione nel tempo, fino a diventare veri e propri disegnatori e produttori di gioielli.
Pensare a dove siamo arrivati oggi, e da dove siam partiti, fa tenerezza. Fa tenerezza pensare al bisnonno che portava mio padre, che era il suo nipotino, a riparare i campanili della Val di Susa, per non lasciarlo a casa da solo quando non andava a scuola.
È così che mio padre ha iniziato ad avere questa passione per i meccanismi dell’orologeria, per la precisione e per la qualità, e ha deciso di frequentare la scuola orafa, portando avanti il lavoro del padre, rivenditore di gioielli, e del nonno. Da semplice rivenditore è diventato orafo: ha aperto un laboratorio e ha iniziato a produrre le sue linee.
Poi, siamo arrivati io e mio fratello, che abbiamo portato avanti tutta la parte creativa e di gestione, fino ad arrivare ad aprire un e-commerce che vende in tutta Italia, ma anche a dei clienti all’estero che su base regolare acquistano le nostre creazioni.
Grazie ancora al supporto dei genitori, riusciamo a creare articoli di altissima qualità, in materiali che salvaguardano e proteggono l’ambiente: parliamo di oro etico, di diamanti etici, di tracciabilità e sicuramente altissima qualità artigianale.
Che cosa si intende per oro etico?
Per oro etico si intende un oro che rispetta determinati principi, sia a livello di impatto ambientale che di impatto sociale nel mondo. Ognuno ha la propria eticità.
La nostra ci porta a una duplice strategia: da un lato il riutilizzo dell’oro che è già in circolo, dall’altro l’uso di oro etico. Nel 90% dei casi compriamo l’oro direttamente dai nostri clienti, lo fondiamo, lo raffiniamo e torniamo a farlo diventare vivo nella nostra produzione orafa. Il restante 10 % di oro, invece, fino a maggio 2023 era un oro certificato Fairmined, che assicura il più alto grado di rispetto dei minatori, delle loro vite, delle loro famiglie, della loro sicurezza sul lavoro.
Dal mese di giugno, invece, utilizziamo Oro Fair Trade, che ha le stesse identiche caratteristiche valoriali di impatto sociale e ambientale. Siccome l’oro è il materiale più importante che utilizziamo nella nostra produzione, abbiamo dovuto partire da lì nel nostro percorso di sostenibilità, ma abbiamo creato anche una tracciabilità di diamante canadese, il che vuol dire che i nostri diamanti sono certificati Canada Mark o con altre certificazioni di origine canadese.
Questo è molto importante perché i diamanti non sono tutti uguali: la provenienza è fondamentale per capire se in quelle miniere c’è stato il rispetto dell’uomo e dei canoni ambientali.
Quali sono i vostri prodotti?
A livello di prodotti, abbiamo veramente un amplissimo range, una forchetta di prezzi veramente elevatissima: partiamo dai cinquanta/sessanta euro fino ad arrivare ai trentacinque/quarantamila. Questo ci consente di servire anche clienti molto giovani che vogliono qualcosa di fresco, alla moda e anche economico, fino ad arrivare ai clienti più esigenti.
Per fortuna noi, essendo artigiani, abbiamo una possibilità di far scegliere, di personalizzare il gioiello nel modo più assoluto. Svolgiamo anche servizi su misura, partendo da zero, da un semplicissimo foglio bianco e una matita, oppure possiamo personalizzare le collezioni che già presentiamo in galleria.
Come nasce una collezione, o un pezzo unico di gioielleria artigianale?
Il processo creativo della nascita di una collezione, o anche di un pezzo unico di gioielleria, è molto particolare. Innanzitutto, c’è da dire che lavorare in famiglia non è semplice, ma in questo caso è veramente molto utile, perché quattro teste che ragionano in quattro modi completamente diversi, riescono a cogliere sfumature, dettagli, finezze tecniche, che una sola persona pensante non riuscirebbe a cogliere.
Diciamo che bisogna differenziare tra il pezzo unico per il cliente e una nostra collezione. Le nostre collezioni nascono soprattutto da esperienze personali, da emozioni che abbiamo provato in un viaggio, in un incontro con un’altra persona, o con un’altra cultura. Di conseguenza, dall’emozione prende strada la creazione, la forma materica che poi viene rappresentata.
Per il pezzo unico, invece, è più un discorso psicologico, di ascolto del cliente, di cercare di captare il suo gusto anche quando con parole non è capace di esprimerlo. In questo caso, ci sono tantissimi disegni che poi vengono buttati via, finché non si trova il disegno perfetto, quello che riesce veramente a far parlare di sé una persona: quello è il gioiello su misura.
Quali sono le vostre ultime collezioni?
Il culmine della creatività di Giverso si manifesta ogni anno a novembre con la nascita di un nuovo progetto artistico, che dà origine, solitamente, a dodici collezioni di gioielli inediti.
Quest’anno abbiamo cominciato a parlare di cosmo, del linguaggio che dal cosmo si trasferisce al pianeta Terra, al corpo umano, e di conseguenza anche ai gioielli. Abbiamo creato dei gioielli che cercano di interpretare il linguaggio cosmico, che noi abbiamo rintracciato, ad esempio, nelle stelle comete, che ricordano con la loro forma alle gocce di rugiada, e di conseguenza i diamanti taglio goccia.
In un’altra collezione, abbiamo parlato di Akhenaton e dei cinque messaggi che questo faraone importantissimo ha lasciato all’umanità, messaggi che trovano una nuova vita nella nostra gioielleria.
Poi, abbiamo voluto raccontare il potere rivoluzionario di alcune donne, come Rita Atria, Artemisia Gentileschi, Ipazia, che hanno incarnato valori di libertà, di coraggio e di trasgressione. E così, i gioielli prendono vita grazie a queste donne, e queste donne con loro.
Ogni anno cerchiamo di stupire con dei concetti particolari, e soprattutto trasmettendo dei valori tramite i nostri gioielli.
Le vostre collezioni spesso nascono dall’incontro con altre culture. Intorno questo tema, avete sviluppato anche una nuova concezione di collaborazione, di cosa si tratta?
Unendo alle nostre collezioni i principi etici di cui parlavamo prima, abbiamo introdotto un nuovo concetto in produzione: l’abbiamo chiamato “Cooperazione tra popoli”. Questo ha dato origine a due nuove collezioni, in cui abbiamo iniziato a cooperare con l’artigianato di altri paesi, in sinergia con il nostro. È così che è nata, ad esempio, la collezione “Giro di mondo”, che vede nascere l’unione dell’oro etico di Torino − quindi il nostro artigianato − con una pianta brasiliana intrecciata da artigiane locali, il Capim Dourado, considerato “oro vegetale”.
Un’altra collaborazione di successo è stata la collezione “Trasgressione”, che ha visto unita la maestria di alcuni artigiani senegalesi dell’Associazione Renken di Torino, con il nostro artigianato di Torino, realizzato con oro etico.
Abbiamo unito eccellenze di luoghi completamente distanti tra di loro, con l’obiettivo di entrare in cooperazione con altri popoli, uscendo, però, dall’ottica di sfruttamento capitalistico.
Quali sono i vostri obiettivi per il futuro?
Per quanto riguarda il futuro, ci piacerebbe tantissimo migliorare su tutta la linea. Per quanto riguarda l’etica, abbiamo già fatto passi molto grandi, ma ovviamente non basta, c’è sempre da migliorare: è un percorso − quello della sostenibilità − che non ha mai fine. Mi piacerebbe cominciare a misurare l’impatto che stiamo avendo, per avere degli obiettivi sempre più misurabili e degli stimoli sempre nuovi da raggiungere.
Poi, vorrei aprire la nostra attività a nuove proposte, alle scuole, ad altri professionisti, in modo tale che la nostra diventi una realtà di gioielleria contaminata, che possa creare qualcosa di veramente nuovo, che prima non esisteva.