In zona Repubblica è situata la Maison Siniscalchi. Entrando nel cortile si supera il portone e al piano terra vi è l’ingresso: sulla destra vi è l’atelier in cui viene scelta la stoffa ed eseguita la misurazione, mentre nella sala accanto un attento staff di sarte aiuta a svolgere il lavoro di laboratorio. Nel 1948 Vittorio Siniscalchi apre la Maison Siniscalchi, una delle uniche sei camicerie di Milano dell’epoca, che - dopo svariati traslochi - è ancora viva e vitale grazie alla fantasia, all’abilità ed all’esperienza di suo figlio Alessandro e in Cinzia, la brillante moglie di Alessandro, che ne cura l’organizzazione e la comunicazione.
Il dialogo insieme ad Alessandro e a Cinzia è di ottimo spessore culturale e la clientela si sente accolta e a proprio agio.
Ogni camicia viene fatta su misura a mano.
La purezza del cotone è indubbia, ma la gamma di tessuti tra cui scegliere è molto ampia: popeline, giro inglese, denim, flanella di cotone, jacquard, jersey, lino e cotone, lino irlandese, oxford, piquet, seta, twill, velluto, voile.
Storie che raccontano la magia del Made in Italy, con le video interviste disponibili su YouTube:
Alessandro, qual è la vostra storia? Quali tecniche e stili avreste preso dalla cultura sartoriale italiana e quali dalla tradizione anglosassone?
La nostra storia comincia tanto tempo fa, nel 1948 con mio padre, per quanto riguarda la camiceria. Precedentemente mia nonna aveva già un laboratorio, ma di ricami; faceva gli abiti per Caramba, il famoso costumista della Scala.
Mio padre è sempre vissuto in mezzo ai laboratori, così che, dopo la guerra, si è cimentato con le camicie. E’ andato a vedere da qualche sarto ma è stato molto autodidatta, ha aperto il primo laboratorio in casa, come si usava fare una volta, e faceva le camicie agli amici; poi ha aperto il primo vero laboratorio con qualche lavorante, fino ad averne anche 12 negli anni Ottanta. Era diventato un lavoro abbastanza importante.
Io sono subentrato nel 1982, diplomato. Mi sono detto “Vado a provare con papà” e sono ancora qua!
Dall’82 abbiamo lavorato per un po’ di anni insieme, poi lui si è trasferito a vivere al mare e a mano a mano ha lasciato a me sempre di più. Adesso comincio a diventare un po’ anziano anch’io...
Mio padre ha cominciato a fare le camicie da solo, si è dato delle sue regole, si è fatto una sua modelleria... Quando sono subentrato io, lui mi ha detto “Non so insegnarti, guarda quello che faccio e impara! Non saprei neanche spiegarti da dove cominciare...”.
Io ho fatto un piccolo corso alla Marangoni di Milano per sapere cos’era una modelleria (anche se era a livello più industriale che su misura) e per avere un’idea di quali fossero le parti di una camicia.
Da cosa si capisce se una camicia sia ben fatta? Come si svolgono i processi di produzione e di confezionamento?
Sartoria e camiceria sono completamente diverse, però all’epoca di mio padre si usava abbinarle. La camicia è un indumento di biancheria mentre gli abiti sono abbigliamento.
Spesso si dice “Ah, che bella camicia!” ma non è tanto una questione estetica, deve andare bene alla persona che la indossa. Non è un questione di occhio ma di sensazioni addosso. Durante il giorno non possiamo toglierla, ci tocca tenerla fino alla sera; una bella camicia è quella che si toglie la sera senza mandare a quel paese il camicerie. Per fare una camicia su misura si parte inizialmente dalla misurazione del cliente, dopodiché si prepara una prima prova in una tela particolare, si fanno le dovute modifiche alla bozza di modello di carta che si ha preparato, si riconvoca il cliente e questa volta si riprova la camicia nel tessuto che ha scelto il cliente e si fa la modifica anche sulla stoffa, dopo che è stata smontata la prova; la camicia viene chiusa, finita e consegnata. Il cliente dovrà fare il rodaggio, cioè portarla due o tre volte, tornare qui con la camicia addosso e portarsi una camicia di scorta, perché sicuramente ci saranno degli ultimi particolari da ritoccare, che sono quelli che fanno la vera differenza tra una camicia comprata e una camicia su misura, con quest’ultima il cliente saprà dirti tutte le sensazioni. Oltre ai difetti estetici che io posso vedere dall’esterno, ci sono le sensazioni interne che può sapere solo la persona che indossa la camicia. La camicia quindi rimane qui, viene riaperta nei punti in cui bisogna intervenire, si interviene, si rifinisce la camicia e a quel punto la prima camicia è finita; se il cliente è rimasto soddisfatto, sa di avere qui il suo modello di carta e la volta successiva dovrà soltanto eventualmente scegliere le stoffe. Questo è valido per un periodo dai 3 ai 5 anni, poi si dovranno fare delle prove di controllo. Al di là dei cm di addome che ci potrebbero più o meno appesantire, ci sarebbe un problema di cambiamento dello scheletro: siccome la camicia appoggia sulle spalle, se le spalle si spostassero porterebbero dei difetti sulla camicia.Una volta scelte le stoffe e ordinate le camicie, queste passano in laboratorio per essere confezionate, dove io le taglio e le passo alle camiciaie, per ragioni di manualità. La mano della donna è sottile e va bene per maneggiare materiale sottile, a differenza della mano più spessa e robusta che è adatta ai capispalla, in cui il tessuto è grosso. Due signore uniscono il corpo-camicia da me tagliato, una signora prepara a mano tutti i pezzi che l’altra signora cucirà. Una terza signora si occupa dei colli e li attacca alle camicie mentre le asole fatte a mano le fa una di queste signore a turno. Interviene infine la ricamatrice freelance, aggiungendo le iniziali del nome e del cognome o altro. La gente si può sbizzarrire: i nobili ad esempio mettono la corona o lo stemma di famiglia, altri inventano, c’è chi fa aggiungere addirittura la propria firma. Si può fare qualunque cosa, non è un problema. La camicia finita passa alla stiratura, al controllo e al confezionamento.
Lei nel 2016 ha ricevuto l'onorificenza di Maestro d'Arte e Mestiere...
Sì, tramite la Fondazione Cologni, che ci segue sempre assiduamente; segue noi e tanti altri artigiani.
E la Maestros Academy vi ha selezionato tra gli insegnanti di valorizzazione dell'artigianato Made In Italy.
Tengo vari corsi all’anno, a cui partecipano anche le camiciaie, per far sì che l’artigianato sopravviva. Teniamo un corso per la Regione Lombardia a Milano, un corso in una scuola privata - sempre a Milano - e un corso giù a Roma all’Accademia dei Sartori, di cui siamo anche soci.
Nel 2014 abbiamo fatto appunto anche l’esperienza di tenere un corso online, tramite la Samsung, nella loro Maestros Academy.
Vi andrebbe di anticiparci qualche progetto futuro?
Attualmente noi abbiamo cambiato il nostro logo, è rimasto Siniscalchi ma scritto in un’altra maniera con una S ben visibile, formata da due colletti.
Nonostante io faccia camicie da 40 anni, spero di avere un futuro ancora davanti, abbiamo intenzione di fare nuovi progetti. Insieme a Confartigianato e ad altri artigiani c’è il progetto di poter avere a disposizione uno spazio in Arabia Saudita, a Riyadh, dove vorremmo aprire una scuola.
Scopri tutti gli artigiani del nord Italia con noi di Italian Bees.