Di terra, di mani, di fuoco: le ceramiche di Rossana Brambilla

Articolo di Jennifer Riboli

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La terra e il fuoco: è dal loro incontro che nasce la ceramica. A Torre de’ Roveri, poco lontano da Bergamo, la terra e il fuoco si incontrano attraverso le mani esperte di Rossana Brambilla, ceramista con una grande passione per la ricerca artistica. Nel suo luminoso laboratorio offre corsi di ceramica e realizza oggetti unici fatti “di terra, di mani, di fuoco”, tra sperimentazione e tecniche dell’antichità.

Rossana, com’è nata la tua passione per la ceramica?

E’ cominciato tutto con la pittura: sin dalla notte dei tempi ho sempre amato dipingere e negli anni ho sempre portato avanti questa passione. A un certo punto, però, ho iniziato a sentire stretto il limite delle due dimensioni della tela. Infatti cercavo di “uscire” dalla tela applicando del legno, del cartone, del polistirolo, affinché orientando una lampada si potessero creare sul quadro delle ombre nuove ogni volta. Appena ho potuto avere il sabato libero dal lavoro, mi sono iscritta a un corso di ceramica: anche questo era un desiderio che covavo sin dalle scuole medie, da quando ci avevano fatto mettere le mani nell'argilla per la prima volta.

E da lì non ti sei più fermata

Lavorare l'argilla è proprio rivoluzionario per chi ha il desiderio di lasciare una traccia, “artistica” nel mondo, per chi sente di dipingere, di fare. Penso che l’arte e l’artigianato siano principalmente un'esigenza di chi le pratica. Io ho iniziato nel 2012, all'epoca vivevo da sola, per cui tutte le mie sere erano in casa a lavorare. Poi ho conosciuto mio marito, ci siamo sposati e ho cambiato casa: avevo uno spazio minuscolo sotto casa e mi sono detta “ok, devi scegliere: o la pittura, o la ceramica. E la scelta è stata inevitabile. Ho frequentato una montagna di corsi - anche perché è un mestiere nel quale bisogna sempre c'è sempre tantissimo da imparare. Io penso che lavorerò almeno altri 30 anni e non avrò finito di imparare tutto quello che ci sarebbe da imparare. Però nelle tecniche in cui sono diventata molto pratica ho provato a cimentarmi anche nell’insegnamento. Nel 2019 questa cosa dei corsi stava funzionando e mi sono trovata a scegliere se lasciare o meno il mio lavoro fisso in ufficio. Alla fine, a ottobre, ho fatto il passo. 

E con il Covid di mezzo com’è andata? 

La mia fortuna è stata avere uno spazio che comunque era di pertinenza della casa e poterci quindi lavorare senza spendere niente. Quell’anno e mezzo mi ha permesso poi di sperimentare tantissimo, di affinare le tecniche, trovare il mio linguaggio. Terminata l’emergenza ho trovato il mio attuale laboratorio: grandissimo, luminosissimo e vicino a casa. Anche perché l’attività dell’artigiano, che a me piace moltissimo, è principalmente costituita da grandi silenzi e solitudine, passo le mie giornate a lavorare e ascoltare libri. 

Ci racconti come nascono i tuoi lavori?

La mia ricerca mi ha portato ad appassionarmi molto alle terre sigillate, che sono quelle che utilizzavano anche gli Etruschi per il bucchero, che peraltro io realizzo - mi piace tantissimo. Le terre sigillate - che si utilizzano per la finitura di superfici ceramiche rivestite da patine prodotte con argilla vetrificante (ndr) - si ottengono per decantazione in acqua, ovvero separando dalla composizione argillosa le particelle più fini e colloidali da quelle più grossolane. In particolare, uso delle terre chamottate, che cioè sono composte da argilla cotta e macinata aggiunta ad argilla plastica. I granelli possono essere più o meno fini. Lisciando l’oggetto con varie spatole e lavorandolo poi con una stecca, si porta all’interno la chamotte, rendendo la superficie liscissima. Poi appunto applico una terra sigillata ottenuta dalla stessa argilla che ho utilizzato per realizzare l'oggetto e lo inforno una prima volta a 1000 gradi circa in forno elettrico. A questa cottura ne segue generalmente una seconda in forno a gas e io utilizzo praticamente è solo elementi naturali per la per ottenere le colorazioni. 

Ceramiche di Rossana Brambilla

Quali sono le tue tecniche preferite?

Ne utilizzo principalmente tre: uno è, come accennavo, il bucchero: cuocendo l’argilla rossa in totale assenza di ossigeno diventa di un nero lucidissimo, anche all’interno. Invece, con gli oggetti in argilla bianca le tecniche che preferisco sono il saggar firing, che è di origine orientale, e l’obvara firing, che invece viene dall’est Europa e dall’epoca medievale. In questo caso gli oggetti sono inizialmente tutti bianchi: con la tecnica saggar, in funzione della cottura, realizzo le sfumature colorate, arancio, rosa, grigie, azzurre. Dell’azzurro specialmente vado molto fiera, ottenerlo mi è costato un anno e mezzo di sperimentazioni. A determinare il colore e il “disegno” è ciò che si mette nella camera di combustione: ad esempio il sale da cucina, lo zucchero, un filo di rame, dei fili d’erba. In altri casi ho utilizzato segatura o fondi di caffè. Ed è bellissimo perché ciascuno di questi oggetti è irriproducibile: si può avere un’idea di come verrà il risultato finale, ma non ricreare una copia precisa di un lavoro. Quando escono dal forno è sempre un po’ la mattina di Natale: è il fuoco che opera la magia.

Come con il saggar, anche nella tecnica dell’obvara si parte dall'oggetto bianco: in questo caso, si ricuoce a circa 820 gradi, si toglie poi dal forno ancora incandescente e s’immerge in una pastella fatta di farina bianca, zucchero lievito e acqua: dalla combustione di questa pastella si ottengono dei motivi in colori che vanno dal marrone, al panna, al nero. Mi piace molto perché ricorda molto la schiuma di mare, o le costellazioni. 

Lavorare con la ceramica è più questione di studio o di sperimentazione?

Sono essenziali entrambi. Ma soprattutto, ci vuole molta pazienza. Mi accorgo che purtroppo, anche per via di alcuni contenuti social un po’ fuorvianti sul tema della ceramica, si ha una certa fregola di fare. Lo vedo anche con alcuni miei corsisti: ad esempio, quando ho ospitato una collega per realizzare alcune lezioni di tornio qualcuno mi ha chiesto di poter provare a usarlo con l’argilla semi refrattaria, che è una terra molto più difficile da lavorare, per cui non basta aver preso poche lezioni. Oppure, vogliono provare a riprodurre cose che vedono sui social, ma che non sono proprio veritiere. La ceramica va approcciata con estrema umiltà, perché c'è di mezzo una materia che ha le sue caratteristiche - colori, consistenze, lavorabilità, tipo di cottura cambiano per ogni argilla e ce ne sono un’infinità.  E’ una materia meravigliosa, ma che a volte può essere insidiosa. 

Gli oggetti che crei sono tutti fatti a mano libera?

Si: lavorare a mano non è più facile o più difficile rispetto al tornio, però è molto diverso. Io parto dalla tecnica primitiva, dal sistema pizzicato: Tutto inizia con una pallina d’argilla. Quando poi l’argilla finisce decido se la forma mi piace così com’è o se aggiungere dei “colombini”, dei salsicciotti d’argilla che monto con la precedente. Ho una predilezione per la forma sferica e mi dà un senso di felicità toccare la terra così, penso che ricordi qualcosa di primordiale, di atavico. Con il tornio il pezzo sale molto più velocemente, però si perde un po’ questa parte, non fai in tempo ad affezionarti. “Basta” essere bravi, prenderci la mano. A mani libere riesco invece a trasmettere me stessa. Un’altra cosa, poi, che ho sempre trovato pazzesca è che ciascuno di noi ha nelle mani la sua forma. Ho a casa un vaso dal quale non vorrò mai separarmi, è stato uno dei primissimi fatti con il mio maestro nel 2013. Ha la stessa forma di uno di quelli che ho qui in negozio. E lo vedo anche nei miei corsi, già al termine del corso base, dopo aver conosciuto un po’ le persone, guardando i pezzi pronti spesso saprei abbinare la forma alla persona. E’ una specie di impronta. 

Ceramiche particolari Rossana Brambilla

Partecipi anche a dei concorsi?

Li trovo importanti, fanno curriculum e aiutano a farsi conoscere e soprattutto riconoscere - che poi è la cosa sfidante della ceramica: trovare un proprio linguaggio, che ci renda inconfondibili. Una o due volte l’anno vado a Deruta, che è la Patria della ceramica Adesso ne ho quattro preparazione. Ogni volta c'è da pensare al progetto che deve essere un po' accattivante, perché c’è molta selezione in fase di ammissione. Inoltre, la realizzazione non è mai una cosa molto immediata, perché i forni vanno gestiti in modo molto attento. Nel 2020 ho vinto un premio con una scomposizione: un oggetto scomponibile in cinque diversi vasetti. Proprio come quando dipingevo, anche ora mi piace dare la possibilità di “intervenire” sull’opera creando forme diverse. L’anno scorso ho partecipato al concorso di Grottaglie, che è molto importante, e lo farò anche quest’anno. 

Ci hai accennato dei tuoi corsi: ci dici qualcosa di più?

Tengo un corso base - di quattro lezioni - e poi un laboratorio aperto, perché sono dell’opinione che non serva un corso avanzato come nei corsi di ballo. Una volta acquisite le tecniche, i corsisti possono curare progetti propri, mentre io faccio supervisione. Anche perché mi accorgo che spesso vogliono sperimentare, provare nuovi impasti e tecniche. Anche la dimensione del corso è molto arricchente, negli anni ho stabilito anche delle relazioni di amicizia ed è bellissimo vedere stoccare la scintilla quando per la prima volta qualcuno che ha preso in mano l'argilla ha realizzato il suo vaso, l’ha decorato e lo vede cotto ed è fatta la prima e la seconda cottura, quindi è cambiato colore e lucido, grazie alla cristallina. Io quella scintilla lì non me la voglio perdere, mai.

Scomporre e ricomporre di Rossana Brambilla

Qualche progetto per il futuro? 

Oltre ai vari concorsi, sono stata selezionata per partecipare a “Made in Italy”, la mostra mercato della ceramica che si tiene a Faenza, che è una delle capitali della ceramica. Si tiene ogni due anni - si alterna con Argillà, altra grande manifestazione della ceramica - e sarà all’inizio di settembre. 


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