La Dama custodisce un patrimonio da trasmettere

Articolo di Patrizia Zanetti

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Dal 2006 Gabriele e Miriam Dalcanale, titolari de La Dama Vini, producono vini in due località diverse, entrambe site nella provincia di Verona. Il loro corpo principale si trova a Negrar e si estende per circa 7 ettari, con coltivazioni vocate al Recioto e all’Amarone; altri 4 ettari si trovano nell’entroterra del Lago di Garda, dove la specialità delle uve è destinata alla produzione del Valpolicella Superiore. Il nome dell’azienda arriva dal vigneto sul quale essa stessa sorge e che produce le uve destinate alla realizzazione del Valpolicella Classico Superiore Ripasso. In una passeggiata tra i vigneti di proprietà dell’azienda, Gabriele si racconta…


Cosa significa realizzare vino biologico?

Si tratta di individuare superfici destinate a conservare un cuore “pulito”. In una zona radicalmente occupata dai vigneti vicini, dove di norma si trovano i produttori convenzionali che utilizzano pesticidi o altre sostanze chimiche, per noi è importante poter contare su un appezzamento non frazionato, che non risenta delle influenze di metodi di coltivazione diversi dai nostri.


Quindi la novità del biologico in cosa consiste?

In realtà non c’è vera e propria novità in questo tipo di coltivazione: si riproduce la stessa tecnica usata fin dall’antichità, recuperando così il patrimonio culturale che si è andato perdendo. Oggi forse possiamo contare su strumenti più sofisticati, come le previsioni meteorologiche, o gli studi su una determinata malattia, dimenticandoci però di interrogarci sul perché quel patogeno ha trovato terreno facile in un determinato contesto ambientale.

Vitigno La Dama

Qual è la caratteristica peculiare della vostra produzione di vini?

In Valpolicella utilizziamo metodi millenari, come quello dell’appassimento delle uve: di recente questa tecnica è stata proposta all’Unesco per ricevere il titolo di Patrimonio dell’Umanità. 

La struttura è stata pensata per appassire le uve: appena dopo la vendemmia, il nostro portico ne ospita il deposito. 


I teli posizionati in alto fungono da tenda e vengono abbassati se il clima è avverso – umido e piovoso – mentre quando le giornate sono favorevoli – ventilate e asciutte – rimangono sollevati, facendo defluire l’aria che, spirando dalle montagne in alto, si incanala verso la pianura e la città. Senza ausilio di deumidificatori, né ventilatori, le uve rimangono qui ad appassire per oltre 100 giorni e perdono circa – per l’Amarone – il 30-40% del peso originario, dando vita a questo vino unico e irripetibile. C’è invece una quota di uve che viene appassita fino a febbraio-marzo, originando il Recioto della Valpolicella, che è l’altra perla della nostra produzione locale.


Tradizione millenaria, si diceva…

Sono state ritrovate alcune lettere datate 400 d.C., dove l’Imperatore Romano chiedeva ai Canonici, riscossori dei tributi locali, di recuperare questo vino dolce, che nasce d’inverno. Quei documenti descrivono esattamente ciò che noi replichiamo più di duemila anni dopo, producendo il Recioto. Una storia radicata e un patrimonio speciale. Negli ultimi anni, commercialmente parlando, il Recioto è risultato un po’ meno richiesto rispetto all’Amarone, che sta godendo di un boom di successo. I gusti cambiano, i trend si modificano.


Come vi confrontate con i cosiddetti “cambiamenti climatici”: li avvertite realmente?

Il cambiamento c’è: noi lo avvertiamo, la natura lo sente, così come gli insetti e le piante. Stanno cambiando anche i patogeni, un tempo più pericolosi, ora meno. Ne stanno arrivando di nuovi: tutto è frutto di un determinato clima, diverso per ogni singola zona. È in atto questo cambiamento altalenante e non lineare, con stagioni più asciutte e siccitose, e altre più piovose. Tuttavia il trend è evidente: si sta andando verso un riscaldamento. Il fattore più preoccupante è la siccità cronica, la mancanza di precipitazioni. Ora servono dei piani, che non siano di emergenza, per non restare scoperti e all’asciutto: non ci si può sottrarre alla realizzazione di invasi e bacini. Bisogna giocare d’anticipo e avere un piano B. 


Come reagiscono le piante a questo cambiamento?

Facciamo in modo che le piante sviluppino la loro resilienza autonoma, perché di fatto esse possiedono una grande capacità di sopravvivenza che va stimolata e ricondotta alla propria natura. Se un tempo l’agricoltura era unicamente sinonimo dell’intervento umano, e quindi tutto volto a concimazioni e trattamenti d’urto, affinché la pianta si sviluppasse, ora siamo orientati a far emergere le sue capacità di adattamento. Di base, la natura non ha bisogno dell’uomo; si devono sfruttare gli elementi naturali che favoriscono un’agricoltura più sostenibile. Noi de La Dama Vini abbiamo scelto di ridurre al minimo gli interventi e le lavorazioni.

Cantina e bottaia La Dama

In che modo?

Utilizziamo la tecnica del sovescio: è una pratica agronomica consistente nell'interramento di apposite colture, per mantenere o aumentare la fertilità del terreno. Seminiamo essenze particolari, in genere leguminose – dette azotofissatrici – che riescono a catturare l’azoto presente nell’atmosfera. Poi ci sono le piante nematocide, utili ad ostacolare il proliferare di determinati parassiti che si sviluppano nel terreno. Sono piante con radici fittonanti che impediscono al terreno di compattarsi eccessivamente, tenendolo arieggiato.


Queste antiche tecniche appartengono a un patrimonio culturale rimpiazzato dalla chimica, dalla grande industria, dalla volontà di produrre a tutti i costi. Tale background arriva invece da millenni di know how enoculturale e nonostante le conoscenze del tempo fossero davvero limitatissime rispetto ad oggi, la capacità di osservazione era la qualità prevalente dei coltivatori.


Quindi ogni vino conserva in sé una tradizione consolidata?

Sì e no: ogni anno confezioniamo una MAGNUM dell’annata di produzione e la custodiamo. Dal 2006 la nostra collezione ripropone gli stessi vini, che tuttavia non sono mai uguali a se stessi. Il clima, il terreno e il contesto naturale offrono sempre spunti e fragranze diverse. Così si può assaggiare il medesimo vino, che tuttavia presenta caratteristiche nuove e diverse di anno in anno. Niente da dire… la Natura ha davvero molta fantasia!


Cosa c’è nel futuro de La Dama Vini?

Nel breve termine puntiamo a sviluppare l’accoglienza presso i nostri spazi produttivi, ampliando la ricettività. Ma il nostro compito principale è quello di conservare la tradizione, replicando i metodi antichi. Le grandi aziende oggi sono dotate di capannoni ermetici dove tutto è computerizzato e le macchine deumidificano: si soddisfa così la richiesta della produzione su larga scala, per poter fornire vino tipico in ogni angolo della Terra.


Compito delle famiglie, come la nostra, e dei piccoli produttori vitivinicoli, è puntare a mantenere gli approcci territoriali, a ricalcare il passato, per custodire il gusto originario. Ci si riesce rimanendo fedeli alle uve territoriali, rispettando il tempo e il ciclo della natura. Così nasce l’autentico prodotto tipico.

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