Casa Di Dodo: Minimalismo e Metallo. L'Eccellenza Partenopea

Articolo di Sergio Cimmino

Le prime colonie greche, nell’VIII secolo a.C., si insediarono sulla costa partenopea, nell’attuale Pizzofalcone. Il celebre isolotto di Megaride fu il nucleo primordiale della futura Neapolis, culla di una tradizione artigianale che ancora oggi caratterizza l’identità culturale di Napoli. 

Un’eredità millenaria che continua a vivere nel cuore di Via Egiziaca, un autentico borgo urbano dove l’artigianato napoletano mantiene intatta la sua forza creativa.

In questo microcosmo di storia opera il maestro d’arte Giuseppe Di Dodo, che nel suo laboratorio porta avanti una raffinata ricerca sui metalli, frutto di un amore viscerale nato nello spazio creativo di Calata San Marco. 

Le sue opere gioielli artigianali in rame e bronzo uniscono tecnica, minimalismo e identità territoriale, diventando espressione pura del Made in Italy.

Ogni creazione, unica e mai replicabile, celebra Napoli, il Vesuvio e le sue icone attraverso una lavorazione che è rito, memoria e innovazione. Un viaggio artigianale che parte dall’idea e arriva all’oggetto finito, pensato per colmare un vuoto estetico mai esplorato prima.

Tenacia, manualità e scambio umano definiscono così un percorso che rende l’antica zona portuale un punto nevralgico dell’arte dei metalli italiana.

Proprio Giuseppe Di Dodo guida Italian Bees alla scoperta del suo laboratorio, in un viaggio immersivo tra arte, sapienza artigiana e tradizioni profondamente radicate nell’orgoglio partenopeo.

Da quale visione creativa o ispirazione prende vita il progetto Casa Di Dodo?

"La manualità e l'interazione con gli oggetti sono una passione che mi accompagna fin dall'infanzia. Il mio battesimo con la materia, tuttavia, è avvenuto con il rame. Fu un momento rivelatore, quasi primordiale: scoprire il potere di creare con le mani un'opera che potesse essere desiderata e acquistata da altri. Da quella scintilla iniziale non mi sono più fermato.

Il mio percorso mi ha portato ad approfondire le dinamiche dei metalli non ferrosi rame, bronzo e ottone  esplorando il modo in cui gestirne lo scambio e, soprattutto, accogliendo le tecniche di errore non controllato

Non si tratta solo di realizzare un oggetto, ma di intuirne la sua strada naturale. Questa capacità di cogliere l'evoluzione in corso d'opera è cruciale; ci spinge su sentieri inattesi, portando a risultati che la mente anticipa in un viaggio artigianale profondamente viscerale.

Il laboratorio e lo spazio espositivo sono nati come due momenti formativi distinti, ma coesi. L'attività di Calata San Marco ha preso forma nella vibrante zona portuale di Napoli, un luogo caratterizzato da una rara mescolanza umana e lavorativa

Essere al porto significa assorbire le culture e i volti di persone provenienti da ogni parte del mondo, un arricchimento cruciale per il mio spirito artistico.

La bellezza di potermi confrontare con un gallerista o un esperto e, subito dopo, con la schietta umanità della strada, è una scoperta comunicativa quotidiana, popolare e profondamente radicata nel territorio

È qui che si comprende davvero che un oggetto colpisce anime diverse, al di là dello status o della classe sociale. La mia arte, infatti, vuole allontanarsi dall'intellettualismo sterile. Il contatto fisico diretto con il pubblico, durante l'esposizione, rimane il passaggio fondamentale per testare la realtà quotidiana e l'impatto del lavoro".

Qual è il percorso manuale e artigianale che prende vita all'interno del suo laboratorio?

"A un certo punto, ho dovuto fare una scelta anche concettuale e filosofica. Il primo passo fu capire che mi dovevo "sporcare le mani", ovvero annullare il divario esistente tra progettista e realizzatore. La mia capacità doveva essere quella di pensare l'opera e al contempo realizzarla.

Questo, tralasciando ogni questione egoistica o edonistica, era necessario per perseguire l'idea iniziale. Dopo le esperienze formative, ho deciso di aprire un mio laboratorio, un luogo dove ho iniziato a sperimentare in maniera proficua. 

Il mio focus era ambire a creare oggetti mai visti prima, basandomi sulla sperimentazione, passando anche intere notti tra le mura del mio laboratorio per raggiungere risultati di prospettiva.

Temporalmente, superata questa fase, ho vissuto un periodo in discesa. Nel corso del tempo, credo di essere stato molto coerente con la mia idea di arte, accostando sempre passione e ricerca al sentore primitivo manuale, affinché l’oggetto fosse capace di creare un sistema di grande empatia con il cliente".

Quali caratteristiche distintive la attraggono nella diversità dei metalli che utilizza?

"Il mio è un rapporto atavico con la materia. Mi ha sempre affascinato la natura contrastante dei materiali, come il metallo, sebbene sia il più sacrificato e combattente. Amo il suo essere diretto, ma al contempo mantengo un atteggiamento molto rispettoso nella fase di lavorazione.

In tanti anni, ho potuto capire che i metalli hanno anime diverse. Il rame ha un carattere ambiguo, volubile, di difficile trattazione. Discorso diverso per l'oro che, sebbene sia duro, è maggiormente penetrabile, e per questo rappresenta la purezza e la trasparenza.

Il bronzo, invece, è un materiale apparentemente morbido e docile, ma in realtà è intransigente e pesante. Ti sorprende perché, nella fase di battitura, è capace anche di sfaldarsi, risultando così molto bipolare".

Quali sono i progetti in cantiere per Casa Di Dodo?

"Viviamo un periodo storico molto particolare, soprattutto con l'avvento delle nuove tecnologie. Gli artigiani del 2025 sono spinti ad aprirsi verso una frontiera sempre più nuova, utilizzando nuove tecnologie di progettazione

Queste ultime permettono di raggiungere risultati importanti, ma non avendo la conoscenza delle tecniche tradizionali si finisce per cadere in un risultato monotono e fortemente appiattito.

Conoscere la storia e i processi permette di avere traguardi sicuramente più ampi. Tecnicamente, sto cercando di rivolgere il mio sguardo verso nuovi approcci, come quello 3D, proponendo e cercando di realizzare oggetti ancora mai proposti

Nel laboratorio del maestro Giuseppe Di Dodo, si assapora il gusto del lavoro operaio, vivo e viscerale. Un mondo di arte e artigianato, dove convive uno spirito eterno di bottega, abbracciato dall’essenza delle sue opere. Un percorso che si esalta nella manualità e nell'amore dello scambio empatico con i metalli.

Le sue riproduzioni scavano nell'operosità della quotidianità delle persone, con riferimenti all'appartenenza o al lavoro, elogiando la vena minimalista in ogni sua radice. Nella sua ricercatezza, mai classista ed elevata, il maestro Di Dodo forgia e costruisce pezzi intrisi di storia e semplicità, simboli non altisonanti, ma identificativi di un popolo".

Casa Di Dodo: Minimalismo e Metallo. L'Eccellenza Partenopea
Sergio Cimmino 12 dicembre 2025


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