Made in Italy e digitale: come cambiano le Imprese tra e-commerce e AI

Articolo di Hermes Carbone

Il digitale come snodo strategico per il Made in Italy


Il Made in Italy è da sempre sinonimo di qualità, artigianalità e stile. Ma oggi, per competere a livello globale, questi valori devono intrecciarsi con l’innovazione tecnologica e una adeguata formazione delle risorse umane. Il digitale non è più un’opzione: è l’infrastruttura necessaria per dare slancio alle imprese italiane; è il passaggio necessario per aprire nuovi mercati e ottimizzare i processi produttivi.

Prendendo in esempio un colosso come Amazon, basti pensare che lo scorso giugno il CEO Andy Jessy, ha tracciato la strada rispetto al futuro che attende i dipendenti dell’azienda: “L’intelligenza artificiale cancellerà posti di lavoro”. 

Con una comunicazione interna inviata il 17 giugno ai propri dipendenti, Jessy ha comunicato che l’azienda sta implementando l’uso dell’IA in tutte le sue attività, soprattutto nel settore logistico, con l'obiettivo di abbattere i costi e quindi ridurre il personale. Sono già 27mila i posti di lavoro tagliati da Amazon in due diverse ondate nel 2023, mentre nel solo 2025 sono state eliminate altre 300 posizioni.

Ma come sta procedendo questa rivoluzione digitale/artificiale in Italia? Negli ultimi cinque anni, il tasso di digitalizzazione delle PMI italiane è cresciuto in modo significativo. Secondo dati ISTAT e Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, oltre il 60% delle imprese manifatturiere ha avviato progetti di trasformazione digitale. E-commerce, intelligenza artificiale e automazione non sono più strumenti del futuro: sono le leve del presente.

E-commerce: una vetrina globale

Il commercio elettronico ha trasformato il modo in cui i prodotti italiani raggiungono il mondo. Non si tratta solo di vendere online, ma di costruire una narrazione coerente con i valori del Made in Italy, valorizzando unicità e autenticità. Piattaforme come Shopify, Amazon Made in Italy e marketplace verticali hanno permesso a centinaia di aziende, anche piccole, di accedere a una platea globale.

L’e-commerce ha reso scalabile il valore artigiano. Brand come Velasca, Lanieri o Rifò dimostrano che è possibile coniugare tradizione e digitale, creando modelli di business sostenibili e internazionali. La logistica si è evoluta, il packaging è diventato un’estensione del brand, e l’esperienza d’acquisto è ora personalizzata grazie ai dati.

Intelligenza artificiale: il nuovo cervello della produzione

L’adozione dell’intelligenza artificiale nei processi produttivi rappresenta una svolta epocale. Non solo in termini di efficienza, ma anche di creatività. L’AI permette alle aziende di ottimizzare la supply chain, ridurre gli sprechi, prevedere la domanda e migliorare la qualità del prodotto.

Nel distretto tessile di Prato, ad esempio, alcune imprese stanno utilizzando algoritmi di machine learning per analizzare le tendenze moda e pianificare le collezioni. Nel settore agroalimentare, l’AI aiuta a monitorare i parametri di qualità durante la trasformazione, garantendo standard elevati e tracciabilità.

Ma la vera potenza dell’intelligenza artificiale è la sua capacità di evolvere. Ogni interazione con il cliente, ogni feedback raccolto online, ogni comportamento d’acquisto viene trasformato in insight utili per guidare lo sviluppo del prodotto.

Human tech: quando l’IA incontra l’uomo

Il rischio, quando si parla di digitale, è pensare a un mondo disumanizzato. Ma il valore del Made in Italy è proprio l’umano: le mani, la mente, il cuore. L’innovazione, per funzionare davvero, deve essere al servizio delle persone.

L’integrazione tra tecnologia e saper fare è la chiave. Le imprese che stanno crescendo non sono quelle che hanno “sostituito” l’artigiano, ma quelle che lo hanno potenziato. Con software CAD, stampanti 3D, chatbot intelligenti e CRM predittivi, l’artigianalità entra nel XXI secolo senza perdere la propria anima.

Internazionalizzazione 4.0: le strade per il Made in Italy

Grazie al digitale, l’internazionalizzazione non è più riservata alle grandi aziende. Oggi anche una PMI può vendere in Corea del Sud, ricevere ordini dagli Emirati e fare customer care in tempo reale in inglese, francese o giapponese.

Gli strumenti ci sono: localizzazione automatica dei contenuti, strategie SEO internazionali, adv geolocalizzati, piattaforme di live selling. Ma serve visione. 

Non basta esserci, bisogna raccontarsi, posizionarsi e differenziarsi. Ed è qui che il Made in Italy ha un vantaggio competitivo: è un brand globale, già riconosciuto, ma spesso sottoutilizzato.


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Formazione e competenze: il vero moltiplicatore

Nessuna tecnologia è efficace senza le competenze per utilizzarla. La vera trasformazione digitale passa dalla formazione. Serve una nuova cultura d’impresa che metta al centro l’innovazione, la sperimentazione, la collaborazione tra generazioni. Molte realtà stanno già investendo su questo fronte. I competence center, i digital innovation hub e le academy aziendali stanno colmando un gap storico. E i risultati si vedono: maggiore produttività, meno sprechi, più export.

Il Made in Italy ha tutte le carte in regola per guidare una nuova stagione di crescita. Ma deve cogliere fino in fondo le opportunità del digitale. L’e-commerce non è solo una vetrina, l’intelligenza artificiale non è solo un algoritmo. Sono strumenti per raccontare meglio, produrre meglio, vendere meglio. 

In un mondo che corre, la differenza la fa chi sa trasformarsi senza snaturarsi. Innovare non significa dimenticare le radici, ma renderle più forti. Il futuro del Made in Italy è scritto nel codice della tradizione, ma va programmato in digitale.


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Hermes Carbone July 30, 2025
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