Come riconoscere un vero prodotto Made in Italy – Guida per consumatori consapevoli

Articolo di Hermes Carbone

C’è un’Italia che vive in un piatto di ceramica decorato a mano, in una cucitura artigianale, in un barattolo di miele abbronzato dal sole di collina. C’è un’Italia che racconta una storia attraverso ciò che è in grado di creare. Ma saperla ascoltare, oggi, richiede attenzione, cultura e spirito critico. 

Perché dietro ogni etichetta può nascondersi anche un inganno di contraffazione di Made in Italy.

Made in Italy: tra mito e realtà

Il marchio "Made in Italy" non è solo un'etichetta geografica, è una narrazione identitaria, un patto di fiducia tra chi produce e chi acquista. Ma negli scaffali globalizzati del mercato contemporaneo, distinguere il vero Made in Italy dal suo simulacro richiede strumenti, conoscenza e una dose di scetticismo costruttivo.

La normativa di riferimento è il Regolamento (UE) n. 952/2013, secondo il quale un prodotto può essere definito “Made in Italy” se l’ultima trasformazione sostanziale è avvenuta sul territorio italiano. Un criterio, però, che spesso non basta. Un paio di scarpe assemblate in Italia ma realizzate con materiali e manodopera estera, può comunque fregiarsi dell’etichetta. È legale, sì. Ma è autentico?

Le certificazioni: sigilli di qualità, non solo sigle

Per orientarsi nella giungla del marketing, è utile saper leggere le certificazioni come se fossero un codice culturale. 

Le sigle DOP, IGP, DOCG, STG – rilasciate dall’Unione Europea – garantiscono il legame tra il prodotto e il territorio. Un Parmigiano Reggiano DOP non è solo “fatto in Italia”: è fatto lì, secondo un disciplinare preciso, sotto controllo di enti certificatori indipendenti.

Poi ci sono le certificazioni volontarie come ICEA (Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale) o Certiquality, che attestano il rispetto di standard ambientali, etici o di filiera corta. Non sono obbligatorie, ma quando ci sono raccontano una storia di coerenza. Attenzione, però: un bollino non è un lasciapassare assoluto. Verifica sempre che sia rilasciato da un ente accreditato e che sia tracciabile.

Tracciabilità: seguire il filo dell’origine

La vera rivoluzione per il consumatore è la tracciabilità. Grazie alla tecnologia (QR code, blockchain, database pubblici), oggi è possibile ricostruire la storia di un prodotto: da dove viene, chi lo ha coltivato, trasformato, impacchettato. 

Un esempio virtuoso è rappresentato dalla filiera corta agricola: molte aziende Made in Italy mettono a disposizione del cliente l’intero percorso produttivo. Iniziative come "Filiera Italia" o il portale "Qualivita" sono strumenti preziosi per esercitare il diritto a un consumo consapevole.


Oltre 700 artigiani hanno già scelto ItalianBees per raccontare la loro storia. 

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Occhio all’etichetta (quella vera)

L'etichetta non mente, ma va saputa leggere. Un vero prodotto Made in Italy deve riportare chiaramente:

  • Il paese d’origine (obbligatorio per alcune categorie);
  • Il produttore o distributore, con sede legale;
  • Il lotto di produzione, utile per la tracciabilità;
  • La presenza di certificazioni riconosciute (con sigle e logo dell’ente certificatore).

Diffida da formule ambigue come "prodotto secondo tradizione italiana" o "Italian style": sono spesso astuzie comunicative che evocano l’italianità senza garantirla. E all’estero ne sono ogni giorno vittime inconsapevoli.

Contraffazione: danno da oltre 5 miliardi di euro

Basti pensare che nel 2024 e nei primi mesi del 2025, la contraffazione continua a rappresentare una minaccia crescente per il Made in Italy, con dati allarmanti sia sul piano economico che occupazionale.

Il fenomeno è in aumento, nonostante l’inasprimento delle normative e il rafforzamento dei controlli da parte delle autorità italiane. “La contraffazione, nel 2024, ha causato un danno economico di 5,1 miliardi di euro alle imprese italiane”, come spiega Marco Barbieri, segretario generale di Confcommercio Imprese per l’Italia.

Ma le cifre per il commercio possono in realtà essere ancora più impattanti. Ci sono più di sei aziende su dieci che si dichiarano colpite da pratiche illecite come l’abusivismo e la vendita di prodotto falsi, “fenomeni che danneggiano l’economia legale e compromettono il decoro urbano”.

Il costo dell’abusivismo commerciale è di 10,3 miliardi, quello nella ristorazione è di 7,4 miliardi e la contraffazione vale 5,1 miliardi. Un consumatore su quattro (24,2%) sostiene di aver acquistato un prodotto contraffatto o un servizio illegale nel 2023, un fenomeno “collegato a ragioni economiche”.

L’Italian Sounding: quando il falso veste tricolore

Un capitolo a parte merita il fenomeno dell’Italian Sounding: l’uso di nomi, immagini, colori o simboli che richiamano l’Italia, pur non avendo alcun legame con il nostro Paese. Il caso più noto è quello del “Parmesan” prodotto negli USA, ma l’elenco è lungo.

Si pensi al “San Marzano Style”, alla “Mozzarella Bella Donna” o al più classico “Milano Salami”. Secondo Coldiretti, l’Italian Sounding genera un giro d’affari di oltre 120 miliardi di euro l’anno, più del doppio dell’export autentico. È una contraffazione culturale, prima ancora che commerciale.

Il consumatore come custode

In un tempo in cui la velocità del mercato rischia di svuotare il valore della provenienza, essere consumatori consapevoli è un atto politico e culturale. 

Scegliere un prodotto autentico significa sostenere territori, artigiani, agricoltori, famiglie che resistono alla delocalizzazione e all’omologazione.

Il vero Made in Italy non è solo un luogo. È un tempo: quello della pazienza, della maestria, della fedeltà a una tradizione che si rinnova ogni giorno. E che vive, soprattutto, nello sguardo attento di chi sa riconoscerla. E di chi prova a raccontarla, proprio come gli artigiani che hanno partecipato alle interviste di Italian Bees.

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Come riconoscere un vero prodotto Made in Italy – Guida per consumatori consapevoli
Hermes Carbone 18 giugno 2025
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