Abbiamo incontrato Riccardo Colletti, erede di una storica Bottega Colletti luogo di restauro metalli a due passi dal Vaticano, che rappresenta ormai la quarta generazione di una famiglia di artigiani specializzati. Mentre visitavamo il laboratorio siamo rimasti colpiti dalla quantità di oggetti metallici lucidi come specchi, allineati sugli scaffali. C’erano vassoi, teiere, ma anche manufatti ben più particolari come speroni e fibbie decorate. Abbiamo chiesto a Riccardo Colletti di raccontarci la storia e i segreti della sua attività così particolare, che mette il metallo al centro di tutto.
Riccardo, presentaci brevemente la storia di Bottega Colletti: di cosa vi occupate?
La mia attività si chiama Bottega Colletti, dal cognome della mia famiglia, ed è attiva da più di cento anni. Ci occupiamo di lavorazione dei metalli, in particolare dal punto di vista del restauro. Spesso quando si pensa al restauro vengono in mente i mobili in legno e i quadri, invece noi siamo specializzati in strutture metalliche, il che è un elemento di originalità.
Il nostro bacino di utenza è principalmente di privati che ci portano oggetti d’arredamento come teiere, lampade, maniglie ecc. ma interveniamo anche sugli arredi sacri come calici, ostensori, tabernacoli e pissidi. Qualche tempo fa in azienda avevamo anche dei bronzisti che si occupavano della costruzione e finitura di oggetti come applique, lampadari e maniglie, con finiture che si adattavano alle mode del momento.
Oltre a questo, dal 2010 alla Bottega Colletti ci occupiamo di produzione e fornitura di elementi dell’uniforme per il corpo dei Corazzieri e delle Guardie Svizzere. Per i Corazzieri costruiamo in particolare elmi nuovi o ricondizioniamo quelli vecchi, adattandoli alle misure delle nuove reclute ove possibile. Ci occupiamo anche di lucidatura e preparazione delle corazze, specialmente in vista di ricorrenze importanti come il 2 giugno.
L’attività artigianale della tua famiglia ha una tradizione più che centenaria. Vuoi raccontarci la sua storia?
L’attività Bottega Colletti nasce con mio bisnonno Attilio, nel 1920. Mio padre mi raccontava sempre una storia su di lui: un giorno, quando era giovane, vide degli artigiani intenti a fare un restauro nella chiesa del suo paese (Casperia, vicino a Rieti). Rimase affascinato da questo tipo di lavoro e chiese, come si usava una volta, di seguirli per imparare il mestiere. Presumo che abbia girato per diverse botteghe, perché non ho fonti certe, ma in ogni caso nel 1920 fondò l’attività di famiglia. Per i primi 10 anni la bottega si è trovata a Borgo Pio, vicino al Vaticano, poi dal 1930 si è spostata pochi metri più in là, dove si trova adesso, a Borgo Vittorio 4. All’inizio il bisnonno lavorava con pochi artigiani, ma nel periodo della guerra so che l’attività si era molto ingrandita e si lavorava su turni, giorno e notte, perché anche la nostra azienda contribuiva allo sforzo bellico.
L’attività Bottega Colletti nel tempo è cambiata, allargandosi e restringendosi: mio bisnonno faceva molte lavorazioni diverse, maniglie, cerniere, con numeri più industriali che artigianali. Da mio padre in poi l’attività si è fatta più piccola e specializzata, artigianale, con l’aggiunta di lavorazioni più ricche e prestigiose. Dall’87 sono arrivato in azienda, facendo il “ragazzo di bottega”, affascinato da questo tipo di lavoro che ho “rubato con gli occhi”, come si dice a Roma, e piano piano sono cresciuto subentrando a mio padre nel 2002.
Perciò la Bottega Colletti, in questi cento anni, ha cambiato volto e personalità: anche tu ci hai messo del tuo?
Sì, nel 2010 ho introdotto un grosso cambiamento nella Bottega Colletti: ho iniziato a collaborare in appalto con il reggimento dei Corazzieri, per la fornitura e il restauro delle parti in metallo dell’uniforme, in particolar modo gli elmi, ma anche le corazze e gli speroni.
Ho aperto un secondo laboratorio all’interno dei locali del reggimento, dietro al Quirinale, dove mi reco due volte a settimana a lavorare per le loro esigenze. Collaboro anche con il corpo delle Guardie Svizzere.
Qual è l’aspetto più interessante del tuo lavoro?
Mi gratifica lavorare su oggetti che hanno una storia, in continuità con la tradizione stessa della mia famiglia. Spesso i privati che servo vengono da noi alla Bottega Colletti da generazioni: posso trovarmi a lavorare su un oggetto che era stato preso in mano prima da mio nonno, poi da mio padre. Questi oggetti oggi sono percepiti come cimeli di famiglia o elementi di arredo, mentre magari un tempo erano pensati in modo più funzionale, ad esempio le teiere o i servizi da tavola.
Anche il lavoro per i Corazzieri mi gratifica molto, perché nasce da un mio sforzo e da una mia iniziativa personale. Avere introdotto questa nuova attività, con prove ed errori, ed essere riuscito a renderla solida è una bella soddisfazione.
Fate lavorazioni particolari nella Bottega Colletti?
La Bottega Colletti nasce principalmente come laboratorio galvanico, quindi siamo specializzati nella rifinitura di superfici metalliche già precedentemente costruite che qui da noi vengono nichelate, ramate, dorate o ottonate in base alle esigenze del cliente. Questa è la radice da cui nasce la nostra azienda.
Un tempo, nell’ambiente di Roma, esistevano molti laboratori, ciascuno con una specializzazione diversa: ogni artigiano si occupava di un aspetto molto specifico e un oggetto passava per diverse mani prima di essere completato. Da quando tante attività artigianali sono scomparse, abbiamo dovuto riportare nuove funzioni all’interno dell’attività, aggiungendo appunto il restauro e la produzione.
Come vedi il futuro della tua azienda?
Per quanto riguarda il lavoro, mi rendo conto che negli anni le mode cambiano, ma abbiamo sempre avuto una progressione in positivo alla Bottega Colletti.
Il principale problema che vedo per il futuro è invece la mancanza di personale. Il nostro è un mestiere molto particolare ed è difficile trovare persone che abbiano un bagaglio di conoscenze adeguato per cominciare: è un lavoro dai tempi lunghi, complesso e stancante, e trovare persone che abbiano voglia di impararlo non è semplice. Gli oggetti che ci vengono affidati sono sempre di valore, che sia effettivo o anche solo affettivo, e prima di metterli in mano a un apprendista è necessario essere sicuri che abbia le giuste competenze. Ecco qual è il mio principale cruccio se penso ai prossimi dieci, vent’anni.
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