Lasciano note di dolcezza scandite da un ritmo deciso le parole dell’orafa – ma anche pittrice e scultrice - Lucia De Carolis che da Civita di Cascia, in Umbria, si è trasferita a Posta, in provincia di Rieti, per amore. Lo ha fatto nel 2016, l’anno del sisma che ha colpito il centro Italia: non ha avuto neanche il tempo di entrare nella casa da poco arredata con il suo novello sposo Andrea. Un colpo che ha cambiato le sorti di chi quei posti abitava e di chi ancora lì continua a stare. Anche per Lucia la strada non è stata facile ma in quel buio ha trovato la forza di generare vita: innanzitutto i suoi bimbi Antonio e Daniele, e poi l’arte che da sempre l’accompagna insieme alla natura da cui trae ispirazione.
Un senso profondo di umana compassione l’ha portata a “ricucire” quegli oggetti rotti divenuti, per tanti sopravvissuti, memoria da proteggere e custodire: quel filo che rende più lieve la perdita.
Poi l’ineluttabile dolore le ha scavato lo spazio dove creare opere che hanno avuto onori e meriti, e che continuano a portare questa terra sulle cronache di grandi città: come Venezia.
E tutto quel che ha donato le è poi tornato indietro attraverso la fiducia dei residenti che a lei si affidano per scegliere un gioiello che sappia raccontare. Perché Lucia sa cogliere l’essenza di chi lo indosserà così come sa creare per trasmettere le sue stesse emozioni. Entrare nel suo laboratorio significa trovare sempre nuove “atmosfere”: variabili così come la vita che muove le sue mani artefici. Una vita che sa dove andare per rigenerarsi: tra i fili d’erba che compongono il paesaggio natio. A Civita di Cascia ritornano gli occhi della bimba sulla neve: all’epoca ce n’era sempre tanta! Ritorna l’incanto di quella natura che l’ha vista crescere, che l’ha nutrita.
Ma oggi la strada di casa è quella che conduce nel bel borgo reatino dove vive con gli altri suoi preziosi affetti: come Federica Di Giampaolo che da cugina del marito è divenuta presto cugina del suo cuore. Infatti, grazie anche al suo supporto, Lucia ha potuto raggiungere importanti traguardi legati al quotidiano fare: quelli che richiedono fiducia, collaborazione, presenza.
“Federica rimane sempre dietro le quinte però è davvero preziosa per il mio lavoro perché sa comunicare in modo eccellente sia nel contatto diretto con la clientela sia nelle piattaforme on line! La considero il mio braccio destro. Per esempio, se durante la gravidanza non fosse stata al mio fianco, avrei dovuto abbassare la serranda. Le sono profondamente grata così come lo sono confronti di Stefania Montori che organizza tutti gli eventi espositivi permettendomi di prendere numerosi premi. E con questo voglio anche dare un messaggio che va a scardinare il pensiero comune sulla poca solidarietà tra donne. Al contrario dico che esiste e che quando c’è: tutto funziona e riesce. Sono qui grazie a loro e, ovviamente, alla mia famiglia”: spiega Lucia a microfono spento ma con il desiderio di comunicarla ad alta voce la sua riconoscenza.
Storie che raccontano la magia del Made in Italy, con le video interviste disponibili su YouTube:
Bentrovata Lucia, siamo curiosi di sapere cosa c’è dietro questi tuoi capolavori. Partiamo dai primi passi che ti hanno portato qui, a Posta.
Nasco in Umbria, a Civita di Cascia e intraprendo gli studi artistici a Spoleto. Tra i diversi rami artistici proposti dall’Istituto d’arte, scelsi quello dei metalli perché lo sentivo in linea con il mio carattere. Infatti ho trovato in questo settore la possibilità di esprimermi: la lavorazione dei metalli – dal rame all’oro – offrono la possibilità di comunicare diversi stati d’animo e diverse storie. Già all’epoca vedevo in ogni gioiello una forma d’arte: come una poesia, come un racconto, come qualcosa che parlava di me senza parlare. Perché è questo quello che fanno gli orafi così come tutti coloro che plasmano e trasformano la materia: fanno
parlare le mani. Lo stesso Istituto mi diede la possibilità di lavorare con la pittura e la scultura. Quindi sono uscita con un bagaglio culturale abbastanza ampio per poter narrare la mia essenza e ciò che incontro fuori.
Ho fatto tanta gavetta in diversi laboratori ma all’epoca, siamo nel 2007, il settore orafo non viveva un bel periodo. Anche se intraprendo altri lavori, non mollo continuando a coltivare la mia passione. Nel frattempo continuo anche ad aiutare la mia famiglia proprietaria di un’azienda agricola dove ho sempre preso ispirazione: la natura è alla base di tutto e penso che sia la più grande enciclopedia nella quale poter trovare tante risposte, se la sai osservare. E poi arriva l’amore, Andrea, e qualche anno dopo, nel 2016, il matrimonio e il trasferimento a Posta dove apro il Laboratorio orafo nel 2017. La decisione di mettermi in gioco è stata il frutto di una meditazione nata in seguito al sisma che ha stravolto questi territori e anche le nostre vite: non siamo mai riusciti ad entrare nella nostra casa appena arredata. Però ecco che la natura diventa enciclopedia: laddove crea ferite, proprio lì nasce quella rosa che vive tra le spine. Così in quel periodo così drammatico mi sono guardata dentro ed ho capito che il lavoro poteva essere la salvezza: decisi di offrire opera gratuita alle persone che desideravano risistemare oggetti rotti durante la scossa o anche gli oggetti dei familiari rimasti sotto le macerie con la speranza di lenire quel doloroso distacco.
L’anno seguente ho dato il via all’attività. Sono state tante le difficoltà ma sono andata avanti grazie ai postaroli che in questi anni mi hanno dato davvero tanto. Inoltre, ho mantenuto le collaborazioni con persone che già mi conoscevano: di Cascia, Spoleto, Norcia, Terni e Roma. Tutti mi hanno supportato nella nascita ma anche nella crescita del laboratorio. Nel frattempo ho portato avanti anche la scultura e la pittura per poter parlare attraverso le tre arti che mi accompagnano da sempre. Ammetto che ho avuto grandi soddisfazioni in questi anni: perché quando fai le cose con il cuore prima o poi a qualcuno arriva! Ci sono stati, infatti, dei premi e dei riconoscimenti che mi dicevano: “Lucia non mollare!”. Le difficoltà economiche sono tantissime nel nostro Paese e non solo, soprattutto in questo periodo storico. Sono anni nei quali l’opera d’arte, gioiello o quadro che sia, vengono sicuramente e giustamente dopo un filone di pane.
Quindi a maggior ragione i riscontri positivi mi hanno fatto andare avanti: soprattutto perché con la mia arte parlo della quotidianità che desta sempre l’interesse di chi l’osserva. Ho ricevuto un premio a Venezia con una scultura di due metri che racconta la storia del terremoto ed è in onore di tutte le vittime del sisma. Un altro premio per me significativo l’ho ricevuto a Corato: in questo caso per un quadro nel quale parlo di mio figlio Antonio al quale devo davvero tanto. Attraverso di lui, e oggi attraverso anche gli occhi del secondo figlio Daniele, ho capito che i bambini non hanno la possibilità di difendersi e che dipendono totalmente dalle persone adulte che le accompagnano. E allora penso che se attraverso la mia arte posso comunicare la possibilità di vedere ancora un futuro: devo mettercela tutta soprattutto per i piccoli, per tutti i piccoli.
Per avere un mondo migliore bisogna lottare per le proprie idee: quelle che nascono da ciò che siamo e sentiamo.
Attraversiamo la tua arte orafa partendo da ciò che maggiormente ti ispira…
In realtà non faccio niente di diverso rispetto alla scultura e alla pittura perché in ogni caso mi affido sempre al mio bagaglio personale, soprattutto emotivo. Molto dipende da come sono cresciuta: con un certo tipo di principi, di valori che poggiano sul rispetto per le persone e per l’ambiente ossia per la natura che mi ha cresciuta e dalla quale prendo ispirazione.
A Civita ho vissuto in un ambiente idilliaco dove dovrebbero crescere tutti i bambini del mondo! Perché vivendo a contatto con la natura capisci che è quello di cui hai veramente bisogno e tutto il resto è in più. Sono cresciuta con il poco e l’ho amato così tanto che oggi lo ritrovo in quello che produco. Ho imparato ad osservare la natura e i suoi straordinari meccanismi che poi cerco di riprodurre a modo mio. Per esempio per questa linea, che ho chiamato “Botanica” (VEDI VIDEO), ho creato una collana che riproduce sia una
spiga di grano sia una piccola sacca di juta che solitamente si utilizzava per il grano nelle trebbiature. All’interno di questa sacca ci sono dei zirconi che rappresentano il ricavato dell’agricoltura: il vero oro. Questo lo so perché conosco il suo significato e valore. Dunque, in una piccola collana ho cercato di trasmettere quella che per me è l’essenza e che sintetizzo attraverso un antico proverbio: “dal letame nascono i fiori e dai diamanti nulla”. Rimango sempre molto fedele alle vecchie tradizioni e ai detti agricoli.
Poi ho realizzato un’altra linea materica nella quale cerco di riprodurre diversi tipi di materia: per esempio la corteccia di un albero, le impronte impresse nella neve, e tutto quello che vedo e come lo vedo. Poi c’è la linea “Rugiada”, nella quale riproduco, sempre a modo mio, le goccioline di rugiada che troviamo la mattina presto sui fili d’erba.
Come più volte ho detto prendo ispirazione dalla natura ma anche da ciò che incontro lungo la via e che mi trasmette un’emozione: per esempio questo anello è la riproduzione di una maniglia di un portone che si trova al centro di Posta, nella piazzetta dove si trova l’antica chiesa di San Francesco.
Rimanendo tra le maglie della tua arte orafa, puoi spiegarci la principali tecniche e fasi di lavorazione
Rimango fedele a ciò che mi è stato insegnato a scuola: perché le basi sono le fondamenta di una professione. Tuttavia, bisogna poi evolversi e cercare la tecnica che più ti permette di esprimere ciò che sei: le tue emozioni. Se devo comunicare un mio stato d’animo come, per esempio, la rabbia, tendo ad estremizzare la tecnica il più possibile per far sì che quel metallo martellato in un certo modo comunichi quello stato a chi poi lo vede. Quindi cerco di far arrivare il cliente il più vicino possibile allo stato che ho provato nel momento della creazione. Cosa significa estremizzare un tecnica? Significa andare oltre l’aspetto scolastico per poter evolvere: ciò è possibile attraverso numerosi tentativi. Porto un esempio calzante: dovevo realizzare un anello ad un ragazzo che desiderava qualcosa di diverso e particolare. La sua idea era quella di un anello un po’ traforato, simile ad una coroncina. Durante la progettazione ossia il disegno, che precede sempre l’esecuzione, ho riflettuto bene su cosa mi avesse trasmesso quel giovane durante il nostro incontro nel quale si è raccontato.
Così, volendo realizzare un anello che lo vestisse, ho capito che il traforo era troppo lineare per lui. Allora durante l’esecuzione ho deciso di andare oltre ed ho estremizzato la tecnica con la fiamma: è come se avessi lavorato il metallo a fuoco ossia nel momento in cui si trova tra la fusione e non. Lì sono intervenuta con vari attrezzi. Secondo me quell’anello è un pezzo unico perché parla di lui: proprio come fa un abito cucito su misura da un sarto. Dunque, parlare di queste tecniche estremizzare significa dire che ogni artista orafo segue le sue tecniche, un po’ come le leghe che racchiudono i pezzi: ognuno ha le sue.
Nel mio caso utilizzo leghe semplici: argento e rame. La mia scelta dipende anche dal fatto che sono allergica per cui non voglio creare problemi al cliente.
Come bilanci la tua esigenza di espressione con le richieste dei clienti…
Come già detto, ho iniziato mettendomi a disposizione delle persone che avevano bisogno di risistemare oggetti lesi dal terremoto. Poi, con il passare del tempo, è nato in loro il desiderio di avere un pezzo diverso, che magari parlasse del familiare scomparso con un qualcosa in più. Fin quando è scattata in me la necessità di far parlare la mia arte.
Quando ascolto l’idea di un cliente, trovo giusto assecondarla magari dando dei consigli che non sono mai imposti; mentre quando creo di sana pianta parlo di me, della natura e anche del posto nel quale vivo che desidero far conoscere attraverso la mia attività. E’ giusto: qui vivo, qui mi nutro.
Quindi cerco di trovare un equilibrio tra questi due poli. E poi, quando ho visto che i clienti apprezzavano le mie personali creazioni, sono andata avanti: così, tra una riparazione e una commissione, cerco di aggiungere un mio pezzo in vetrina.
Come ci hai ben spiegato anche la scultura è divenuta presto strumento di espressione. Peraltro c’è stato un importante riconoscimento che ti ha portato a Venezia. Puoi spiegarci questo tuo spazio vitale?
Anche in questo caso la mia formazione mi ha aiutata a modellarmi per quella che è la parte scultorea. Dico modellarmi perché penso che fosse già insita in me la passione per la scultura. I miei genitori mi raccontano che da bambina, quando a Civita la neve cadeva in abbondanza, più che il classico pupazzo cercavo di realizzare una bambina: per ore rimanevo a definire il volto con particolari che lo rendessero il più possibile umano. La stessa cosa con la pastafrolla con cui realizzavo piccoli orsacchiotti. Quindi penso che l’Istituto d’Arte mi abbia aiutato a tirar fuori quella che era la mia capacità di modellare. Questa abilità è poi tornata utile all’arte orafa nella quale si utilizza la fusione a cera persa: una tecnica scultorea che richiede la capacità di saper modellare per poter arrivare ad un livello superiore di comunicazione.
La mia scelta a scuola fu giusta: scelsi l’oreficeria ma inserendo anche pittura e scultura che è un settore a sé stante. Questo tipo di formazione mi ha portato a realizzare opere abbastanza grandi come “Rinascita” (2 x 1,60 m): finalista al concorso “My Christmas Venice” e ancor oggi presente a Venezia. L’ho realizzata subito dopo il sisma del 2016 in onore delle vittime di Amatrice: è stato il mio pensiero e contributo a tutte le persone che non ci sono più. Il tema del concorso era il Natale, in particolare l’albero. Così mi misi all’opera utilizzando solo rame e ottone per creare questo albero pieno di foglie: ogni foglia rappresenta una vittima ma anche una luce. Non tutti sanno che le luci che completano il nostro albero natalizio rappresentano le persone che non ci sono più. Così pensai che quelle foglie sempre verdi potessero essere anche simbolo di luce: come dire “resterete sempre con noi”. Da un punto di vista tecnico ho più che mai qui legato arte pittorica, scultorea ed orafa. Considerate le dimensioni e l’esigenza di doverla poi trasportare, non ho fatto prima un albero in argilla per poi fonderlo con le due leghe. Dunque non è propriamente una scultura perché ho utilizzato tecniche legate ai metalli, come il cesello e lo sbalzo per le foglie, e le tecniche orafe così come pittoriche. E’ un misto: un po’ come me.
Spazio adesso alla pittura che ti ha portato nel 2021 al premio “Antonello Da Messina”…
Ribadisco anche qui l’importanza delle basi acquisite con la formazione, che poi, crescendo, puoi scardinare per trovare il tuo personale sistema per comunicare e trasmettere emozioni. L’opera che si è aggiudicata il premio “Antonello Da Messina” è a me cara perché parla di mio figlio Antonio. Il quadro, infatti, nasce da un momento di grande dolcezza vissuto attraverso una sua espressione che voleva dire: “Non mi importa nulla di quel che accade fuori, io sto bene qui con la mia mamma”. Nei fui colpita e decisi di immortalarla con il cellulare per poi riportarla su tela. Chiamai l’opera “Purezza” e penso che a Corato, in Puglia, sia arrivato al cuore delle persone il messaggio di innocenza e purezza di questo bimbo così come l’emozione di una mamma che lo ritrae.
La mia pittura, essendo legata alla natura, è essenzialmente realistica: al momento – perché si può sempre cambiare! – riproduco fedelmente quel che vedo dandogli un’anima. Per questo quadro ho utilizzato colori ad olio perché più di tutti mi permettono di tirar fuori la bellezza delle emozioni.
Dove possiamo trovare i tuoi pezzi unici?
Per tutti coloro che desiderano provare un gioiello prima di acquistarlo, consiglio di venire qui a Posta in via Roma n° 57, al centro del borgo. Così come nel caso si avesse bisogno di un consiglio o per una modifica: sono qui.
Per tutto il resto, è possibile acquistare sulla pagina Facebook Lucia De Carolis, sulla pagina Instagram luciadecarolis.art e sul sito www.luciadecarolis.it. Per chi volesse può contattarmi al numero presente nel sito così come può scrivermi all’indirizzo emali lucia.decarolisart@gmail.com.
Grazie Lucia per la bella chiacchierata che ci ha portato nel tuo mare di emozioni e di straordinarie opere! Adesso concludiamo con i progetti che bollono nel tuo acceso desiderio di creare…
Non nascondo che vive in me il desiderio di incontrare persone con lo stesso DNA imprenditoriale! Nel tempo ho riscontrato che il settore orafo vive una certa carenza di conoscenza: oggi con il 3D e il CAD si è perso l’odore dei vecchi laboratori. Dunque è scattata in me l’esigenza di creare laboratori per i giovani ai quali trasmettere le mie conoscenze, le vecchie tecniche nel mio laboratorio: un modo per offrire un’esperienza particolare ma anche per capire se può diventare un lavoro. Poi vorrei organizzare corsi per i bambini: perché è proprio da lì che parte tutto, da quelle piccole anime che, se coltivate bene, possono tirar fuori grandi tesori. E poi – perché no? – anche alle coppie che vorrebbero creare con le proprie mani le fedi nuziali. Infine c’è il sogno, su cui stiamo lavorando da tempo, di realizzare in queste zone, a Bacugno, un centro benessere. Per questo progetto devo tornare all’azienda agricola di famiglia, a Civita di Cascia. Lì i miei genitori hanno lavorato duro per produrre prodotti biologici nel rispetto dell’habitat naturale. Sempre lì ho conosciuto che cosa significhi il benessere. Così, anche per chiudere il cerchio, ho pensato di offrire a questi meravigliosi luoghi un posto dove rigenerarsi attraverso un tipo di cosmetica naturale che utilizza quegli stessi prodotti bio. E così, anche ora, chiudo il cerchio ricordando quanto la natura ci renda belli e sereni.
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