Il desiderio di creare quel dettaglio che possa far del bene all’altro nutre Gianluca Merlonghi: scultore orafo e designer di gioielli che intarsia minuziosamente le sue opere nel suo laboratorio in via Jaime Pintor 23, a Roma.
Sottili e leggere, le sue mani diventano arte nell’arte impregnata dell’essenza di chi non solo esegue ma ogni volta porta alla vita una parte di sé. Cresciuto nel respiro di mamma Annamaria che nel 1979 – sostenuta dal marito Arcangelo - lasciò il posto fisso per aprire il suo laboratorio di ceramica, Gianluca ha scelto una strada difficile: autentica. Un lungo percorso di formazione ha sempre più raffinato la sua vocazione artistica: oggi capace di cogliere ciò che si cela, ciò che poi diventa opera e sorpresa agli occhi di chi lo ammira. In questo suo costante apprendere c’è anche il desiderio di trasmettere nozioni che non sono mai rigide: perché prendono la forma di chi le riceve.
Come già fece sua madre quando insegnava ai suoi piccoli Gianluca, Giorgio e Laura le tante tecniche del suo mestiere: ognuno le sperimentava a modo suo. Oggi ognuno ha la sua arte: Giorgio dipinge acquerelli, Laura plasma e decora la ceramica e non solo. E poi c’è anche l’amore di Gianluca: sua moglie Paola che fa l’attrice.
Una famiglia ricca: di passione, di ingegno, di pulsioni creative.
Un terreno nel quale radicarsi per raggiungere una propria visione: quella che possiamo già percepire dalla donna-libellula che libra accanto alla porta d’ingresso invitando l’occhio del passante a guardare oltre il vetro che ben protegge le opere esposte. In quella forma troviamo racchiuso il mondo di Gianluca che viaggia tra il reale e il fantastico, tra la voglia di fare voli pindarici e il desiderio di essere nel mondo, tra la gente.
Sono tante le sfumature che compongono lo spessore artistico e umano dello scultore orafo Merlonghi al quale diamo la parola.
Bentrovato Gianluca! Nel tuo laboratorio si respira la tua grande passione per i gioielli e oggi ne possiamo cogliere i grandi traguardi e risultati. Facciamo qualche passo indietro: quando nasce?
Sono uno scultore orafo e un designer di gioielli da tanti anni. La mia storia inizia quando ero molto piccolo. madre ricorda spesso come fossi sempre con la matita e i pennarelli in mano. Fin dall’età di due anni disegnavo realizzando pupazzetti che poi modellavo. Lei lo racconta con gli occhi di una madre: come se fossi stato un prodigio insuperabile! Nelle sue parole – magari esagerate – colgo una realtà: quella che l’arte ha sempre fatto parte della mia vita e che ho sempre avuto l’impulso a creare qualcosa di bello, di piacevole che facesse star bene le altre persone. Per me l’arte rappresenta proprio questo ed è per questo che la amo in qualsiasi sua forma ed espressione: pittura, scultura, recitazione, danza, canto, musica. Da giovane mi sono cimentato in diverse forme d’arte: mi piaceva sperimentare anche perché avevo il tempo per farlo. Poi si fanno delle scelte e ci si concentra su qualcosa. Ancora oggi, a tempo perso, continuo a cantare. Per me l’arte è qualcosa di veramente importante non solo per le vite delle singole persone ma anche per la società in generale. Naturalmente ci sono valori ancora più importanti e basilari – la famiglia per esempio – ma una società senza arte è una società in perdita. Se immaginiamo una società in cui l’arte è troppo imbrigliata– come succede nelle dittature – a quel punto perde molto: perché quando le persone non sono più libere di esprimere il proprio pensiero, di manifestare le proprie emozioni anche chi fruisce dell’arte riceve davvero poco. Verrebbe infatti a mancare l’essenza dell’artista o dell’artigiano che lavora nel campo artistico come, nel mio caso, in quello dell’oreficeria che, sebbene non sia ritenuta un’arte maggiore, porta comunque l’artefice a infondere nella sua creazione una parte di sé: è come se impregnasse l’opera del suo stesso essere. Mi è stato confermato da tante persone: quelle più sensibili e
più in grado di cogliere aspetti sottili. Inizialmente pensavo fosse una mia idea: più o meno strana. Poi ho avuto conferma. Addirittura alcune persone mi dicono che portano i miei gioielli in situazioni particolari perché trasmettono energia positiva che porta loro fortuna.
Tutto questo non può che farmi piacere perché corrisponde a quello che cerco di fare: creare qualcosa che le persone indossino piacevolmente, gradevolmente e che entri a far parte della loro vita completandola per il meglio: il bene.
Potresti approfondire la tua idea di arte in rapporto alla società?
Penso che l’arte possa rendere più piacevole la vita. Tante persone con cui vengo a contatto mi dicono che indossare delle cose belle le fa sentire meglio, a loro agio: sono più felici. Parole che mi confermano che l’arte è veramente qualcosa di importante e imprescindibile. Ed è anche un modo per accedere a dei livelli superiori di esistenza. Senza entrare in discorsi mistici, intendo dire che l’arte aiuta ad acquisire un punto di vista sull’esistenza non così prettamente materialistico. Purtroppo la società attuale sta perdendo il valore di un orizzonte più ampio a sostegno dell’umanità, del pianeta, di un progresso generale dell’uomo: aspetti che l’arte può favorire. Negli ultimi decenni ci si è tanto concentrati sulla tecnologia, che è sicuramente positiva e di grande aiuto per tutti, ma dovrebbe essere accompagnata da un maggiore spessore umanistico e spirituale.
Primi fra tutti: l’arte. La mia non è solo un’idea ma una filosofia che cerco di praticare e trasmettere attraverso i corsi che tengo da tantissimo tempo.
Una laurea in scienza geologiche è una strada che viaggia parallela a questa tua importante vocazione artistica: quando e come si incontrano?
Diciamo che sono nate un po’ in parallelo: all’inizio non vedevo nemmeno bene il nesso tra le due cose. In realtà ho deciso di iscrivermi all’università sotto la pressione dei miei che, vista la mia facilità negli studi, pensavano che una laurea mi avrebbe agevolato nel trovare lavoro.
In quel momento la mia consapevolezza come artista era ancora poco solida e quindi ho voluto avere la soluzione B: se mi va male su questo fronte, posso sempre sfruttare quest’altro titolo di studio. Ovviamente ho scelto una facoltà che mi piacesse: con materie scientifiche. Amavo la mineralogia e quindi presi Scienze geologiche. E’ stato un bel percorso che strada facendo ho scoperto essere affine alle mie vocazioni artistiche. Ricordo che quando andavo a fare i campi di petrografia, raccoglievo i campioni e li mettevo da parte con l’idea che poi le avrei lavorati e scolpiti piuttosto che analizzati. Diciamo che all’epoca ero un artista sotto mentite spoglie! Infatti questa laurea a livello pratico non mi è mai servita se non per le conoscenze che mi ha dato e che mi aiutano anche nel mio lavoro creativo. Oggi se mi trovo a dover lavorare un materiale nuovo, riesco a farlo senza la necessità di fare numerose prove. E tutto questo grazie alle basi scientifiche: basta infatti osservare le caratteristiche e, attraverso il paragone con altri materiali che ho già lavorato, riesco a cavarmela in poco tempo. Ma questo vale anche in cucina dove si applica la fisica e la chimica. Con il senno del poi, e se avessi avuto più tempo, avrei ulteriormente approfondito gli studi di gemmologia per poter fare analisi di laboratorio. Ma non si può far tutto e alla fine mi sono più concentrato sull’aspetto artistico e creativo.
Cosa realizzi?
Tante cose diverse: sempre rimanendo nell’ambito del gioiello o comunque di piccoli oggetti decorativi, anche per la casa, in materiali preziosi.
La molteplicità delle cose che realizzo dipende anche dalla mia storia che è sempre stata in continua evoluzione. Ho fatto gli studi triennali all’Accademia di Costume di moda a Roma come designer di gioielli e quindi la prima base poggia sulla progettazione e sull’illustrazione del gioiello. Poi da lì ho cominciato ad
acquisire le prime tecniche orafe, in particolare la tecnica della modellazione in cera che mi è sempre molto piaciuta. A tal proposito avevo alle spalle un background di lavorazione dell’argilla appresa nel laboratorio di mia madre. Avevo sette anni quando aprì il negozio di ceramiche dove passavo ore, pomeriggi, estati intere a sperimentare, a modellare l’argilla. Nella cera ho visto un ottimo materiale che potesse aiutarmi nel plasmare le mie idee e vederle concretamente realizzate. Quindi poi, oltre che come designer, ho cominciato a lavorare anche come cerista e modellista orafo: da lì il passo a voler vedere l’oggetto completato in metallo è stato breve.
Così mi sono ulteriormente cimentato e specializzato in tecniche di lavorazione del metallo. Successivamente, non ancora pago, ho sperimentato la lavorazione della pietra, in particolare quella dura per la quale, avvantaggiato anche dagli studi universitari, ho applicato gli stessi principi di modellazione della cera perché, pur cambiando un po’ le tecniche, l’approccio fondamentale rimane lo stesso.
Diciamo che questa è la mia specialità: ciò che mi distingue da tanti altri artigiani del settore. Per questo motivo ho voluto definirmi scultore orafo: per evidenziare l’aspetto di modellazione, della creazione della forma e anche della scultura. La cosa che più mi piace e su cui sono particolarmente specializzato è l’intaglio nella pietra che può andare dal cammeo ad un oggetto tridimensionale o semplicemente un elemento decorativo.
Queste peculiarità mi hanno portato ad avere collaborazioni importanti: prima con Delfina Fendi, poi con la ditta Fendi stessa per cui ho realizzato degli elementi in marmo per una meravigliosa collezione di alta moda disegnata sempre da Delfina Fendi. Altra collaborazione rimasta nel cuore e che ancora continua: quella con un artista che stimo profondamente, Harumi Klossowska de Rola, figlia di Balthus, che oltre ad essere scultrice è anche designer di gioielli.
Harumi mi ha affidato la creazione di molte sue opere in cui la parte principale ed essenziale è proprio la pietra o comunque il materiale che viene scolpito. Abbiamo spaziato su tanti materiali: come corno, legno fossilizzato, avorio fossile. Grazie a questa collaborazione, oltre ad aver approfondito la mia conoscenza e abilità nella lavorazione di questi materiali, ho raffinato il mio gusto e ho potuto cimentarmi in cose particolari. E ho anche visto che comunque mi riusciva! Gli oggetti realizzati sono stati quasi subito venduti in varie parti del mondo e uno di questi è in esposizione permanete al Museo delle arti decorative di Parigi come emblema di un certo tipo di gioielleria d’arte: la cosa mi inorgoglisce particolarmente.
Attualmente il mio lavoro è molto vario perché ci sono tanti settori di attività di cui mi occupo e di cui sono diventato un professionista: ho alcuni clienti che mi chiedono semplicemente il progetto, altri il modello in cera, altri ancora il gioiello finito. In alcuni casi sono principalmente un esecutore anche se cerco sempre di mettere un po’ del mio gusto, della mia sensibilità: anche quando mi arriva un progetto ben definito. Ma
per fortuna il più delle volte si tratta di un’idea, di una traccia più o meno vaga che poi devo elaborare e quindi creare: ma sempre attraverso un continuo contatto con il cliente che può essere un’azienda o un privato. La creazione in questi casi è sempre il frutto di una collaborazione ossia di un confluire di idee, punti di vista, gusti. E quindi ogni volta è un’esperienza che mi arricchisce. Per me è davvero importante il contatto con il cliente: capire cosa veramente desidera e poi trovare quell’armonia che ci porta ad un punto d’incontro nel quale ognuno si sente appagato. Poi è chiaro che c’è una selezione naturale dei clienti: anche in base al mio stile. Dunque tutte le collaborazioni avute sono state fruttuose perché mi hanno consentito di crescere professionalmente, artisticamente e umanamente.
Parliamo di un’opera a te cara…
Scelgo una tra le ultime opere: un lavoro impegnativo e che ha richiesto tanto studio. Si tratta di una collana che ho intitolato “EI”, Ecological Intelligence, con l’intento di parafrasare la sigla AI, l’intelligenza artificiale di cui tanto si parla.
Questo è un progetto che ho sviluppato insieme ad una mia ex allieva, Patrizia Chinzari, una designer creatrice di gioielli, nell’ambito di una mostra concorso che si è tenuta lo scorso anno a Viterbo (Forme e colori nella Terra di Tuscia) e che richiedeva l’utilizzo di materiali di riciclo. Confesso che per me è stata una sfida creare un’opera di valore come questo gioiello partendo da materiali umili. Quindi c’è stato tutto uno studio, una progettazione, una selezione dei materiali, fino ad arrivare a questo oggetto. Giusto per far capire meglio di cosa si tratta: la base della collana era un vassoio di rame, i capelli sono dei fili elettrici, questa forma rotondeggiante in resina era una scatolina vintage che ho trovato in un mercatino, questo volto in ebano è stato recuperato da una vecchia statuina rotta e poi quest’altro volto (alieno) era la goccia di un lampadario in disuso.
Circa l’80 per cento dell’opera ha materiali di riutilizzo ai quali ho cercato di dare validità estetica veicolando un messaggio che fosse importante per entrambi.
Parlando con Patrizia è emerso il discorso sull’ufologia, degli alieni. Anche se non sono un esperto, è un tema che mi incuriosisce sin da bambino e con la fantasia ho sempre immaginato che non fossimo da soli nell’universo. Così, proseguendo il viaggio fantastico, ho cercato di rendere l’idea di come un entità aliena sia in comunicazione con l’umanità non solo su un piano materiale – come alcuni ritengono – ma anche su un piano spirituale: simboleggiato da questo cristallo con delle inclusioni e da questi raggi o meglio onde psichiche che mettono in contatto l’umano con l’extraterrestre.
Con questo non ho voluto affermare la mia credenza in tutto questo, ma una possibilità: che possano esistere realtà che non conosciamo e che magari ci possono influenzare, qualcosa che va oltre l’esperienza quotidiana e che però può farci crescere. L’altra designer, Patrizia, era più convinta che gli alieni ci possano aiutare ad evolvere e a sviluppare sempre più questa coscienza ossia l’intelligenza ecologica per salvaguardare questo pianeta che per troppo tempo abbiamo dimenticato. Quindi quest’opera ha richiesto tante ore di lavoro e ritengo che sia un oggetto d’impatto che alcuni amano e altri no. Infatti ha diviso il mio pubblico: c’è chi è impazzito ritenendola meravigliosa, e chi non se la metterebbe mai. Ci sta. Quando vai oltre cercando nuove soluzioni: è giusto e normale che ci sia anche un pubblico non concorde. Fa parte della maturità artistica accettare pareri discordanti senza rimanerci male. Al contempo mi ha colpito piacevolmente il fatto che alcune persone adorino questo oggetto.
Entriamo nel vivo del tuo lavoro: parliamo di alcune delle tante tecniche che contraddistinguono il tuo lavoro…
Intanto mi siedo nella mia postazione di lavoro: un banco orafo che utilizzo per quasi tutte le lavorazioni che eseguo. Vorrei parlare principalmente di quelle lavorazioni particolari che mi distinguono dai colleghi che magari sono specializzati in altro: saldatura, trafilatura, laminatura, sbalzo e tanti altri che io stesso faccio ma mi caratterizzano un po’ meno.
Ciò che maggiormente mi contraddistingue e su cui mi sono voluto specializzare negli anni è proprio il dar forma ai volumi, alle figure, all’oggetto e quindi la modellazione di figure anche complesse. Qui, ad esempio, vediamo un teschio che ho realizzato in cera. Ogni tipo di figura - umane, floreale, animali – richiede uno studio iniziale approfondito per il quale, quando si arriva al banchetto, già si è fatto tanto lavoro. Per esempio nella realizzazione di una pantera, ho studiato non solo le pantere ma tutti i felini: per capirne le differenze. Quindi c’è una fase preliminare di ricerca iconografica del soggetto che è molto importante e, a seguire, bisogna interiorizzare il tutto. C’è quindi una fase di studio attraverso dei disegni, degli schizzi, delle modellazioni in plastilina anche su scala più grande. Aspetto, quest’ultimo, che mi è sempre stato di grande aiuto: quando si va sul piccolo bisogna avere le idee già molto chiare perché ogni minimo movimento può cambiare tutto. Quindi dopo lo studio su scala più grande, si va su quello in scala minore attraverso modellini che possono essere di diversi materiali: argilla polimerica, plastilina, pongo, das e altro. Una volta capito quale forma andrò a realizzare nei suoi volumi, nei suoi rapporti, nelle sue proporzioni, a quel punto sono pronto a intagliare il minerale che è unico: il cliente me lo fornisce ed io non
ho la possibilità di sbagliare perché sarebbe difficile ritrovare quello stesso materiale, con le stesse caratteristiche. E poi sarebbe una vera dispersione di costi! Dunque, soltanto avendo fatto tutto un lavoro preparatorio alla base, si riesce ad avere un buon margine di sicurezza sul risultato desiderato.
Il mio approccio è tradizionale perché utilizzo tecniche fondamentalmente antiche. Magari oggi utilizziamo un micromotore elettrico quando invece nell’antichità si utilizzava un trapano a mano però, alla fine, utilizzavano le stesse paste abrasive di materiali vari. E’ chiaro che la tecnologia è entrata anche nel nostro lavoro. Oggi si stanno sviluppando, e sono già ad un ottimo punto, delle tecniche più automatizzate: la scansione tridimensionale, la fresatura in 3D, la stampa 3D. Si tratta di tecniche molto utilizzate nella creazione di gioielli. Io stesso, in piccola misura, me ne avvalgo perché penso che in un laboratorio artigianale la tecnologia debba essere integrata senza perdere l’aspetto manuale che deve rimanere preponderante. Sono un appassionato e studio gli autori del passato e la storia degli eccellenti scultori orafi che mi hanno preceduto. Rimasi sorpreso nello scoprire che il grande maestro Lalique per intagliare alcune figure di diversi materiali utilizzava il pantografo che per l’epoca era un ritrovato tecnologico avanzato. Un pantografo tridimensionale è simile a quegli strumenti che si utilizzano nella medaglistica: da una figura grande tridimensionale riesce, attraverso un sistema di riproduzione automatica, a creare lo stesso oggetto in piccolo. Il fatto che Lalique se ne avvalesse, non toglie niente alla sua genialità, alla sua arte. Quindi uno dei miei propositi è anche quello di cercare di evolvermi e di integrare questa tecnologia pur mantenendo la mia natura di artigiano manuale che riesce ad infondere nell’oggetto una parte di sé, a trasmettere qualcosa che possa arrivare al fruitore finale.
Una lunga esperienza come docente anche in accademiche prestigiose. Oggi tieni i tuoi corsi nel tuo laboratorio e anche online: cosa vuoi trasmettere ai tuoi discenti e attraverso quale metodo?
L’insegnamento mi è sempre piaciuto ed ha sempre fatto parte di me fin da quando andavo alle elementari. Per mia indole se imparo qualcosa mi piace trasmetterla perché ritengo che l’atto di dare sia una ricchezza non solo per chi lo riceve ma anche per chi lo compie. Questa predisposizione ce l’ho sempre avuta: infatti dopo aver frequentato il corso di design del gioiello presso l’Accademia di costume e di moda, una delle prime cose che ho fatto è stata quella di diventare l’assistente di una mia insegnante. Poi l’ho portato avanti negli anni e continuo a farlo perché ritengo che sia importante trasmettere il know-how che un artigiano può accumulare nell’arco del tempo. Questo mestiere insegna sempre: ogni volta scopri trucchi diversi in base all’opera e quindi l’esperienza diventa tanta e preziosa. Trovo che tenerla solo per sé sia un peccato perché porta inesorabilmente a perdere la conoscenza di alcune tecniche che permettono di raggiungere risultati meravigliosi: una profonda perdita culturale.
Constatato che ciò che non è stato trasmesso è divenuto un limite per le nuove generazioni, ho deciso di continuare con l’insegnamento. Peraltro, come docente, ho notato che le persone nel momento in cui imparano qualcosa che amano, che desiderano fare, sono molto gratificate ed acquisiscono sicurezza anche in altri ambiti della loro vita. Mi capita di vedere persone giovani o meno giovani che all’inizio del corso sono un po’ timide, quasi spaventate e, senza entrare nel merito, percepisco che qualcosa nella loro vita non sta funzionando bene.
Però, lezione dopo lezione, cambiano: salutano e si relazionano con gli altri in maniera diversa, e accadono cose positive che ne agevolano la trasformazione.
Il cambiamento emerge anche nei loro lavori con il raggiungimento di livelli notevolmente più alti rispetto all’inizio. Il processo di mutamento accade naturalmente e non perché ci sono io: mi limito a far sì che tutto sia eseguito correttamente.
Correttamente significa in primis: rispetto della persona, delle sue capacità, del suo gusto, del suo punto di vista e quindi non cercare di imporre il mio punto di vista. Perché ognuno ha il suo gusto che spesso non corrisponde al mio: ho imparato ad essere neutrale cercando di aiutarle senza plagiarle ma piuttosto
assecondarle e sostenerle nella direzione in cui stanno andando. Penso che il ruolo dell’insegnante sia quello di fornire delle conoscenze ma anche quello di essere presente in modo pratico al momento del bisogno. Infatti, la formazione che si svolge nel mio laboratorio è principalmente di carattere pratico e sempre alimentata da un continuo interscambio. Naturalmente preparo dispense, piccoli articoli ma l’imparare si basa essenzialmente sul fare e anche sulle domande, sulle curiosità di ciascuno. In tal senso posso dire che ogni percorso è diverso dall’altro perché ognuno vive il programma a modo suo cercando di raggiungere il suo specifico obiettivo.
Il mio ruolo è quello di guidare la persona verso l’obiettivo che si è posta: proprio come un genitore. Per questo motivo chiedo fin da subito, anche prima dell’iscrizione, quali siano i suoi obiettivi: se vuole farne un lavoro, un hobby, creare un’attività, sviluppare il proprio stile e tanti altri perché ogni persona è un mondo con i suoi orizzonti. La gratitudine degli altri mi ha invogliato a proseguire perché aldilà del piacere di insegnare c’è anche un valore che non ha prezzo: la bellezza di vedere come questo percorso abbia un impatto positivo nella vita di un’altra persona.
Concludiamo questo nostro incontro uscendo fuori: all’ingresso del tuo negozio-laboratorio. Perché qui possiamo vedere una tua bellissima opera legata alla tua giovinezza e che già contiene un progetto verso il quale stai navigando…
Questa è una mia opera giovanile, un progetto ambizioso che ho iniziato quando ancora studiavo perché già avevo la visione di creare un mio mondo che ruotasse intorno ai gioielli, all’arte e alla collaborazione. A tal proposito una mia cara amica mi aiutò nella realizzazione pratica di questo soggetto: una donna con le ali, diciamo una libellula, in un certo senso una figura mitologica divenuta emblema del mio mondo che spazia tra il fantastico e il reale nel quale cerco di allineare le esigenze quotidiane con il desiderio di fare voli pindarici, di sognare, di realizzare opere che siano belle per me e per gli altri, di dare il mio piccolo apporto alla società, alle persone.
Nel mio piccolo, vorrei migliorare professionalmente ma anche umanamente: perché sento che la mia missione è quella di aiutare gli altri, in particolare gli artisti. Osservando la società attuale mi rendo conto che mancano strutture che possano agevolare gli artisti: e questo accade in ogni campo. Lo possiamo vedere in tante situazioni nelle quali le difficoltà portano ad abbandonare i propri sogni, a metterli nel cassetto: è un vero peccato!
Quindi il mio sogno è quello creare una struttura formativa di alto livello e di ampio respiro. Ovviamente nel mio campo: quello dei gioielli. Nel periodo dell’Accademia ho studiato la Bauhaus, che ho immaginato come un posto molto bello, fervido di iniziative, scambi e creatività: una specie di Eden per gli artisti dell’epoca che potevano avere insegnanti di eccellenza e anche sperimentare, provare e realizzare materialmente le proprie idee in maniera libera. Mi piacerebbe creare questo tipo di realtà nella quale le persone imparano le tecniche e al contempo trovano terreno fertile per la propria creatività. Questo lo si può fare attraverso la sperimentazione: soprattutto nella fase iniziale quando le idee non sono così chiare. Per far luce sui propri obiettivi artistici è fondamentale incontrare il contesto giusto, un tessuto nel quale vivere le giuste relazioni, il giusto incoraggiamento.
Un sogno, il mio, che riesca a creare questo ambiente di cooperazione, di scambio, di crescita. Sempre nel mio piccolo ci sto lavorando da tempo, ma vorrei che si estendesse a più persone con dei collaboratori a fianco. In tal senso desidero far conoscere la mia realtà sia in Italia sia all’estero mettendoci il mio nome: perché quando si lavora per conto terzi spesso si rimane dietro le quinte.
Ho già avuto conferme dai miei allievi che, non appena usciti dai miei corsi, si sono ben collocati nell’ambito lavorativo: per esempio due li troviamo da Bulgari, altri hanno aperto le loro attività di successo. Sono del parere che si possa fare sempre meglio per dare un contributo a questa società che ha bisogno di arte: di vita.
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