Un’artigiana dell’alabastro a Volterra

Articolo di Eliana Gazzarri

A Volterra, in una via del centro, la bottega di Ilaria Brotini è sempre piena di turisti attratti dalle orme bianche lungo la strada che porta al suo ingresso. Ilaria è simpatica, sorridente e intrattiene gli interessati con i suoi racconti su quest’arte antica e su di lei: un’alabastraia eclettica e talentuosa.

Storie che raccontano la magia del Made in Italy, con le video interviste disponibili su YouTube:


Ilaria, so che non sei nata a Volterra e che fino a un anno fa non ci abitavi neppure: come sei diventata un’alabastraia?

A Volterra ci sono capitata dopo vari trascorsi. Ho fatto l’Accademia delle Belle Arti a Firenze, ho lavorato il marmo, ho fatto grafica pubblicitaria e interior design, e ho anche aperto un’impresa agricola. Poi, ho letto di un corso di formazione sull'alabastro, nato dalla collaborazione tra Cna Toscana e la cooperativa Altieri alabastro di Volterra, una cooperativa che il prossimo anno compirà 130 anni e riunisce la maggior parte degli alabastrai volterrani. Ho deciso subito di iscrivermi a quel corso di 900 ore: cinque giorni su sette, 8 ore al giorno. Partivo da San Miniato con il mio scooter e facevo avanti e indietro tutti i giorni. Questa cosa però non mi pesava per niente, perché mi piaceva il materiale che stavo studiando. Il marmo mi è sempre piaciuto, ma mi sono innamorata dell’alabastro per la sua facilità di lavorazione e per il fatto che, arrivando la mattina in bottega, potevo finire un’opera già in serata. A Volterra ho rilevato una bottega storica partecipando a un bando del Comune. Sono la terza generazione di artigiani che lavora qui, anche se non provengo da una famiglia di alabastrai. Tutto è nato dopo il corso di formazione: tramite la cooperativa ho realizzato una scultura in una bottega nel centro di Volterra e lì gli artigiani alabastrai mi hanno notata, suggerendomi di aprire una bottega. Ho seguito il consiglio e ho iniziato questo mestiere. La mia bottega è in Via di Sotto, l'antica via delle botteghe. Un tempo, questa strada era tutta bianca e oggi la riconoscete perché fuori dal numero civico 4 c’è sempre un po' di polvere davanti alla porta d'ingresso, con le mie orme bianche che lascio quando esco.



In che cosa ti differenzi dagli altri alabastrai?

Una differenza potrebbe essere il mio approccio all’alabastro, poiché prima di fare questo lavoro ho utilizzato tanti altri materiali. In Accademia a Barcellona, dove ho trascorso un anno di studi, ho lavorato in vari laboratori, anche di feltro. Non mi faccio influenzare dai negozi tradizionali che vendono alabastro; infatti, trascorro la giornata qui dentro e non mi piace curiosare nei negozi degli altri. Di solito, disegno gli oggetti a mente libera, senza suggerimenti. Anche per un lampadario che mi hanno commissionato, mi hanno detto: “Te lo diamo e vogliamo proprio che tu faccia qualcosa di nuovo, perché altrimenti si ripetono sempre le solite cose e stili.” Per me va bene seguire la tradizione, ma credo serva anche qualcosa di nuovo; così spesso il mio approccio è quello di rispolverare il mio passato di grafica. Il lampadario di cui parlavo mi è stato commissionato dalla cooperativa e si tratta di un’opera su una pietra degli anni '60, rimasta senza decoro. Per lui ho pensato a delle gocce disegnandone una su un foglio di carta. Ho provato a realizzare il decoro ed è venuto alla prima, anche nella spartizione dello spazio, cosa che succede raramente. In dieci minuti l'ho segnato sulla pietra e finalmente queste gocce hanno trovato il matrimonio perfetto con l’alabastro.

È più difficile per una donna fare questo mestiere rispetto a un uomo?

È un lavoro pesante e prevalentemente maschile; ancora oggi si parla di alabastrai al maschile. Credo sia per questo che in passato non è mai stato dato spazio alle donne, anche se queste sono sempre state impiegate nelle rifiniture finali degli oggetti, realizzando i decori e la lucidatura.

Quali sono gli strumenti del mestiere che adori di più?

Sono quelli che mi sono stati donati da vecchi alabastrai, come “il Pizzi”, “Malloppo” e “Velio”. Alcuni di loro mi hanno dato consigli e strumenti particolarissimi, con cui ho realizzato cose che altrimenti sarebbe stato impossibile fare. Per me sono doni preziosi, poiché sono oggetti antichi e particolari; prima ogni artigiano si costruiva i propri strumenti in base ai lavori da realizzare.

Mi hanno detto che lavori con un collaboratore a quattro zampe: è vero?

Sì, Senape è il mio collaboratore a quattro zampe. È un gattone rosso di un anno, nato quando ho avviato questa bottega. Da allora, lo porto a bottega in spalla, passando per le vie cittadine. A lui piace l’alabastro e spesso mette la zampa sulla raspa e lavora con me. Ho venduto diversi lavori fatti con lui. Senape mi fa tanta compagnia e mi ricorda che devo tornare a casa a mangiare; senza di lui non riuscirei a scandire i tempi famiglia-lavoro!



In futuro, che cosa ti piacerebbe realizzare con un pezzo di alabastro?

Ho molti progetti perché mi piace seguire corsi di scultura. Mi piacciono in particolar modo gli oggetti con luci, come lampade, lampadari e applique. Il mio sogno nel cassetto è imparare a realizzare anche tutte le parti di un lume, comprese quelle in metallo. Sto studiando in questo senso e ho già imparato a realizzare la parte elettrica. Un altro sogno nel cassetto è collaborare con architetti aperti a ascoltare un’artigiana alabastraia.

Ilaria è davvero una brava alabastraia Volterrana, volenterosa e desiderosa di sperimentare. Gli oggetti in alabastro che realizza sono preziosi elementi di arredo, sculture, lampade e ornamenti come collane, anelli e orecchini. È stato un piacere scoprire che questo antico mestiere artigiano potrà continuare a vivere in futuro anche grazie a lei, che si è messa in gioco per esplorare la magia e la lavorazione di una pietra così rara e particolare.








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