A. Caraceni: l'eccellenza dell'alta sartoria italiana, eredità di eleganza e maestria artigianale

Articolo di Sonia Bonvini

La sartoria A. Caraceni è un nome che evoca un'eccezionale tradizione nell'arte sartoriale italiana. Fondata nei primi anni del novecento, la maison è considerata una delle più prestigiose nel mondo della moda su misura. Con sede a Milano, A. Caraceni è sinonimo di eleganza senza tempo e di una straordinaria attenzione ai dettagli. Tutto questo ha reso il marchio un simbolo di eccellenza sartoriale a livello internazionale.

La storia della sartoria A. Caraceni ha inizio con Domenico Caraceni, noto come il "padre della sartoria italiana." Nato nel 1880 in Abruzzo, Domenico si trasferisce a Roma per aprire il suo primo laboratorio nel 1913. Qui, introduce un approccio innovativo alla confezione dei capi, combinando l'artigianalità tradizionale con tagli moderni, rivoluzionando così il concetto di abito maschile su misura.

Nel 1946, i figli di Domenico, Augusto e Galliano, trasferiscono l'attività a Milano, dove, ancora oggi, la sartoria continua a crescere, attirando una clientela d'élite composta da politici, celebrità e uomini d'affari di tutto il mondo. Nel corso degli anni, il marchio A. Caraceni ha vestito figure iconiche come Cary Grant, Gary Cooper, e Humphrey Bogart, consolidando ulteriormente la propria reputazione di sartoria di eccellenza.

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L'Arte della Sartoria

Ogni capo A. Caraceni è un esempio di maestria artigianale. Il processo di creazione di un abito su misura inizia con una consulenza dettagliata, durante la quale i sarti esperti della maison ascoltano le preferenze del cliente e prendono le misure con estrema precisione. I tessuti di altissima qualità vengono selezionati con cura e il taglio del capo viene eseguito a mano, seguendo metodi tradizionali tramandati di generazione in generazione.

Il fitting è un aspetto cruciale del processo: un abito A. Caraceni richiede diverse prove per garantire una vestibilità perfetta che esalti la figura di chi lo indossa. Questa attenzione al dettaglio è ciò che rende ogni capo unico e inimitabile, un vero e proprio investimento in stile e qualità.



L'eredità oggi

Oggi, la sartoria A. Caraceni continua a mantenere la sua reputazione come pilastro dell'alta sartoria italiana. Guidata dalla quarta generazione della famiglia, l'azienda è rimasta fedele ai valori fondanti di tradizione, qualità e innovazione. I clienti moderni, pur esigenti e informati, trovano nella sartoria A. Caraceni un partner affidabile capace di soddisfare le aspettative più elevate, offrendo abiti che non solo riflettono la personalità di chi li indossa, ma anche l'eredità di una tradizione secolare. Abbiamo avuto l’occasione di entrare in questo favoloso mondo di abiti su misura e di rivolgere qualche domanda a Massimiliano, oggi alla guida di questa antica tradizione familiare. Un’emozionante storia tutta italiana.

Massimiliano, ci racconti come è nata la sartoria A. Caraceni?

Sartoria A. Caraceni - dove A sta per Augusto, che era il mio bisnonno - nasce come realtà a Parigi nel 1931- Acseguire, per la seconda guerra mondiale, il mio bisnonno è tornato a Milano e nel 1946 ha aperto esattamente qui, dove ci troviamo a oggi, in via Fatebenefratelli.

Dopo di lui, in sartoria ha lavorato mio nonno e poi mio padre. Adesso ci sono io, che sono la quarta generazione della sartoria A. Caraceni.

All'inizio il mio bisnonno aveva deciso di aprire a Parigi perché in quegli anni era un po' il centro d’Europa e quindi ha potuto conoscere varie persone, sia francesi che di tutto il mondo. Ed è proprio a Parigi che ha studiato poi un suo metodo di taglio, un po' più internazionale, appunto perché ha potuto vestire personaggi che provenivano da tutto il mondo.

Ovviamente un tempo chi viaggiava era l'aristocrazia, ed erano quelli i nostri clienti. Mentre oggi, serviamo manager, direttori d’orchestra, personaggi legati al mondo della moda, famiglie Reali e gente in carriera.

Puoi spiegarci qualcosa sul settore dell'attività?

Noi facciamo sartoria su misura, il cosiddetto BeSpoke, quindi è tutto artigianale. Essendo una sartoria che fa abiti a mano, a livello artigianale, quello che ci contraddistingue dagli altri è che comunque diamo un prodotto 100% su misura. Cosa vuol dire? Non è solo la giacca che è tagliata sulle misure di un cliente: per la spallina si parte dall’ovatta e la si fa in base alle spalle e alle richieste dei clienti. Le canape, la cosiddetta tela, è tagliata in funzione della conformazione del cliente; quindi, è proprio tutto fatto rigorosamente per le esigenze di una specifica persona.

Come avviene la fase di studio e lavorazione degli abiti su misura?

Quando si realizza un capo bisogna innanzitutto capire le esigenze dei clienti. Infatti, c'è chi vuole, ad esempio, la giacca da caccia e, quindi, quando la proverà, dovrà anche provare a sparare. Poi c'è l'abito del direttore d'orchestra, quindi durante le prove del vestito dovrà anche lui simulare i movimenti della sua professione. Questo perché bisogna capire come si comporta l’abito rispetto ai movimenti che dovrà poi fare la persona che lo indossa.

Per ogni persona poi, bisogna anche capire il tipo di tessuto da utilizzare. Noi utilizziamo tessuti prevalentemente italiani e qualcosa di inglese. Tuttavia, ciò che conta è la capacità del sarto di capire il cliente e capire che tipo tessuto va da bene per l'occasione. Ad esempio, ci sarà un tessuto da matrimonio: per la cerimonia io non credo molto nei tessuti troppo morbidi, troppo delicati e anche troppo fini. Questo perché l'abito deve durare un tot di ore e in quelle ore non si deve mai sgualcire. 

Alla fine, quello che conta è il risultato indossato. Durante le foto, l'abito deve essere sempre impeccabile. Poi c’è il cliente, invece, che lo usa per altri momenti - per lavoro, per delle riunioni - e quindi ha bisogno di utilizzare un tessuto più leggero. Il tutto è sempre pensato a seconda delle esigenze, se va in posti caldi oppure se si ha necessità di più libertà nei movimenti, così che vada un certo tipo di tessuto più morbido.

Le tecniche e le fasi della lavorazione sartoriale sono cambiate o meno negli anni?

Noi non abbiamo cambiato nulla rispetto a come lavorava il mio bisnonno, tutto è ancora fatta mano, con ago ditale e punti: punti su punti. È questo che alla fine dà ad un abito una comodità e una durata nel tempo, che poi alla fine è appunto la qualità e durata che danno gli abiti su misura. Perché un abito artigianale come il nostro, in definitiva deve durare almeno 20 anni.

Io, per esempio, ho ereditato il mio abito più vecchio da mio padre ed è del 1976. Io sono nato nel 1985, quindi questo abito è 9 anni più vecchio di me. Eppure, ogni volta che indosso quel doppiopetto, la gente che mi vede mi dice quanto è bello il mio doppiopetto, che ne vorrebbe uno così, un abito davvero giovane. Io rispondo sempre che no, non è giovane. Poi spiego che, quando un abito è tagliato secondo certi canoni classici, resterà per sempre giovane, senza cambiare mai nell’arco di una vita.



Il vostro lavoro consiste quindi in uno studio d'immagine e di psicologia del cliente?

Io dico sempre che il primo abito è un po' uno studio. Infatti, quando arriva un cliente nuovo, noi non accettiamo mai più di un ordine. Questo perché io devo capire lui e lui devo capire un po' cosa è il nostro abito. Infatti, è il secondo abito che sarà quello perfetto, il primo appunto è di studio. È da quel primo studio che si iniziano a fare delle domande. Io quando entra un nuovo cliente, la prima cosa che faccio è cercare di capire come è vestito. Certo è che, se entra vestito super sportivo o da turista, faccio fatica poi a immaginare cosa possa essere quello che a lui piace. Poi da lì si inizia a fare vedere un po' di stoffe e in base a come risponde si trova la linea che più raffigura il cliente.

Il prodotto maggiormente richiesto?

In realtà noi siamo conosciuti per il nostro doppiopetto. Oggi non lo indosso, ma è sicuramente il prodotto di gran lunga più richiesto. Come sartoria su misura, siamo riconosciuti un po' per quello, anche se a volte, soprattutto ultimamente, il doppiopetto viene considerato un po' troppo formale, anche se secondo me non è così. A mio avviso la formalità dell’abito deriva da come indossi quello stesso vestito. Nel senso che, se io indosso un abito e penso di conferirgli un senso formale - ossia lo abbottono, sto attento alla cravatta, alla pochette da abbinare - allora sì, in questo caso il vestito diventerà formale. Se io invece decido di utilizzarlo come un capo meno formale, anche il doppiopetto può diventare tranquillamente una giacca più informale.

Esportate anche all'estero?

Noi non abbiamo un’organizzazione interna per viaggiare. Nel senso che, essendo io stesso che taglio ogni singolo capo, non posso spostarmi per fare i cosiddetti Trunk Show, anche perché abbiamo la fortuna che tutti i nostri clienti vengono qua, proprio perché vogliono avere un nostro abito su misura. Quindi sì, all'estero lavoriamo tanto, con tutto il mondo, ma è tutto il mondo che viene da noi a trovaci per fare i propri abiti.

Massimiliano, un’ultima domanda, quali sono oggi i vostri progetti per il futuro?

Sicuramente anche per il futuro non cambieremo mai niente, la sartoria deve rimanere così, come è sempre stata. Certo, ovviamente un minimo di cambiamento c’è sempre stato e ci sarà, ad esempio le temperature negli anni sono cambiate; quindi, i tessuti non saranno più pesanti come una volta. In pratica ciò che cambia sono le piccole cose, come ad esempio le spalle degli abiti, che sicuramente non sono più grandi come una volta e quindi ci sarà meno imbottitura nelle spalline. Però, degli interni di lavorazione non si cambierà mai niente. 

È anche per questo motivo che tutti, sia io che mio padre che mio nonno, abbiamo, prima di entrare in sala taglio e tagliare abiti e fare prove, in primis iniziato a cucire. Io, per esempio, ho passato sette anni a cucire, perché bisogna imparare quello che c’è dietro ad un abito su misura, per poi saper consigliare o anche semplicemente tagliare e far le prove, e questo non si cambierà mai.




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