Pipe Brebbia

Articolo di Roberta Chiroli

Tra i boschi di Brebbia, nel varesotto, incastonata tra il lago Maggiore e il lago di Varese, è attiva la  storica manifattura Pipe Brebbia, fondata nel 1947 da Enea Buzzi e ora capitanata dal figlio,  Luciano. L’edificio storico custodisce tra le sue mura anche la centrale elettrica, fondata dal  bisnonno paterno alla fine dell’Ottocento, che ancora fornisce l’energia per la produzione e un  preziosissimo museo della pipa che conta più di 2000 pezzi esposti.  

È qui che incontriamo il Sig. Luciano per farci raccontare il marchio conosciuto in tutto il mondo  da appassionati e collezionisti. 

Storie che raccontano la magia del Made in Italy, con le video interviste disponibili su YouTube:


Come nasce Pipe Brebbia? 

Nell’immediato dopoguerra a mio padre, che era un fumatore di pipa, venne l’idea di brevettare  una pipa con il tappo, per poterla fumare anche in motocicletta o sotto le frequenti piogge della  zona senza che si disperdesse la cenere o che la pipa si spegnesse. La sua invenzione ebbe  subito successo. Dopo un periodo iniziale in cui si appoggiò ad una ditta esterna, riuscì con una  collezione ancora più originale di pipe scolpite a mano, con i volti delle icone dell’epoca (da  Stanlio e Ollio a Churchill e Truman), a comprare i primi macchinari e impiantò l’attività sopra la  centrale elettrica di famiglia. Il boom economico e l’apertura al fiorente mercato americano  lanciarono l’attività che con pezzi unici e inimitabili si è conquistata un posto nel mercato che  continua ancora oggi.  


Qual’é il ‘marchio di fabbrica’ di Pipe Brebbia? 

Oggi è più che mai importante essere riconoscibili: noi abbiamo sempre cercato di caratterizzare  la nostra produzione il più possibile, soprattutto mantenendo determinati modelli di successo  anche quando sembrava passassero di moda. Non sempre ciò che piace continuerà a piacere ma  solo in questo modo si può mantenere la propria identità. 

Quali sono le fasi di lavorazione della pipa? 

Per produrre le pipe noi utilizziamo la radica arborea, che è un legno (una radice in realtà) molto  duro che resiste al fuoco ed è molto più resistente dei materiali fragili come terracotta o ceramica.  I macchinari per realizzare le forme sono dei torni orizzontali però è un processo articolato in più  passaggi data la complessità della forma: da un primo abbozzo si passa alla svasatrice con cui si  fa il foro del fornello e poi coi torni si fa il fondo e la canna.  

Come descrive il processo creativo per creare un nuovo modello? 

La mia attività è legata molto alla fantasia, ovviamente non si deve dimenticare la funzionalità  dell’oggetto ma si possono creare tante forme diverse. Siamo sempre legati al nostro classico ma  dobbiamo creare cose nuove in sintonia coi tempi. Molte volte ci si rivolge al museo per questo, si  tratta di reinterpretare in chiave moderna delle cose che erano già state fatte. 



Ci può dire qualcosa del museo? 

Adesso ci troviamo al museo, all’ingresso della fabbrica. È nato negli anni’70 dall’esigenza di  rendere pubblica la collezione che iniziò mio padre e che teneva a casa. La collezione nacque per  studiare la concorrenza e poi, come succede spesso ai collezionisti, diventò una raccolta senza  ordine, senza una vera e propria catalogazione, lavoro che si dovette fare poi. Il museo conta  2000 pezzi esposti su 6000 della collezione, ovviamente la collezione continua ad evolversi e ci  sono scambi con i collezionisti per renderla sempre più completa. 

Quali sono le prospettive future? 

Noi sostanzialmente vendiamo manodopera perchè ancora oggi, a parte le fasi iniziali di  preparazione della forma, le altre lavorazioni sono tutte manuali e quindi il costo è elevato. Con la 

concorrenza di sigarette e ora sigarette elettroniche il mercato della pipa è sempre più un mercato  di nicchia e si rivolge a chi é appassionato o collezionista, di certo chi fuma la pipa non lo fa per  motivi economici (come all’inizio)!




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