Adamo Bio, fare agricoltura ripartendo dalla storia dei Florio

Articolo di Vassily Sortino

Fare agricoltura ed enoturismo dentro la storia. In quelle stesse strutture che hanno fatto un’epoca del commercio del vino in Sicilia e che si caratterizzano per un solo cognome che è un brand in tutto il mondo: Florio. 

È qui - in un baglio del 1875 tra l’area di Calatafimi-Segesta e Alcamo che appartenne alla grande stirpe di imprenditori celebrati in libri e fiction - che la famiglia Adamo ha incentrato la sua azienda Adamo Bio

Qui dove i Florio raccoglievano le uve da trasformare in Marsala – servendosi di un innovativo sistema di trasporto incentrato su un binario mobile che permetteva ai vagoni dei treni di entrare direttamente in azienda – gli Adamo, che hanno acquistato lo spazio negli anni Trenta del Novecento, hanno sviluppato la loro azienda che produce vino, olio, pasta e tanto altro. 

Ma sopra ogni cosa hanno saputo sfruttare la curiosità dei turisti interessati al brand Florio e che qui possono trascorrere le ore in campagna come ha fatto la grande famiglia di origine calabrese trapiantata in Sicilia. Il tutto tra assaggi di prodotti alimentari tipici e degustazioni di vino. 

Il senso di entrare lì dove la storia si è compiuta la si prova sin dall’entrata, con il mitico leone in ferro – praticamente il logo dei Florio, tanto esaltato nei romanzi di Stefania Auci – che domina l’ingresso come un custode. 

Il resto è lo spazio, in fase di restaurazione e che prossimamente sarà pronto a tornare a produrre vino così come facevano i Florio, che imbottigliavano a Marsala, ma che decisero di produrre nell’area di Alcamo per non scontrarsi con le altre famiglie di imprenditori del comune adiacente del trapanese. 

E quali innovazioni portarono i Florio? Oltre al sistema di trasporto riservato, sopra ogni cosa gli alambicchi per la produzione dell’alcol, che veniva direttamente da loro prodotto e non acquistato “a parte” come facevano gli altri imprenditori del vino.

Oggi lo spazio appartiene appunto agli Adamo, che qui hanno vinificato dagli anni Trenta del Novecento, fino al 1994, per poi riprendere l’attività nel 1998 con Vincenzo Adamo, che dopo essersi laureato e avere vissuto all’estero, ha sentito il “richiamo della terra” di origine e ha ripreso in mano tutto.

Liliana Caruso, lei si occupa dei rapporti con i visitatori del baglio, quando nasce l’azienda agricola Adamo Bio?

«Siamo una realtà storica. Sulla carta come Adamo Bio siamo nati nel 1998, ma siamo la continuità di una società di famiglia che era gestita dai parenti di Vincenzo Adamo, che è l’attuale responsabile e ha attuato la piena attività con la produzione del vino e dell’olio in agricoltura biologica. Vincenzo, da laureato, ma legato alla famiglia, ha dato la sua impronta all’azienda con una agricoltura agrosostenibile».

Cosa lega la famiglia Adamo ai Florio?

«I Florio arrivano in questa zona, dove si produce il vino Alcamo doc, con lo scopo di acquistare uva da trasformare in Marsala. 

Arrivano in quest’area collinare dove si producono vini bianchi Catarratto e costruiscono il Baglio Florio che diventa un’industria del vino vero e proprio nel 1875. 

Nel 1931 a causa del fallimento, vendono tutto alla famiglia Adamo, che erano anche loro imprenditori del vino. 

Gli Adamo continuano così l’attività intrapresa dai Florio, implementando con altri prodotti come il Vermuth, il Moscato e il vino bianco. Tutto poi era imbottigliato qua. I Florio invece il vino lo producevano sfuso e lo trasferivano e imbottigliavano a Marsala. Aumentano così i fattori di produzione e di efficienza. Il tutto in nome di un vino fatto per l’industria e per altre realtà lontane dalla Sicilia»

Quali sono i vostri prodotti di punta, che vendete anche all' interno del baglio?


«Sicuramente il vino bianco e il vino fermo. I rossi come il Nero d’Avola, l’autoctono come il Perricone, nonché un Rosato di Sirah e Perricone e un orange wine di Catarratto. Sono tutti vini naturali che sono l’espressione di Vincenzo Adamo, che punta ad ascoltare i tempi del vino senza forzare la natura. 

Poi ci sono i vini bianchi: Zibibbo, Grillo e Catarratto. E poi c’è il Sauvignon Blanc. 

Per quanto riguarda l’olio, noi produciamo un blend di Cerasuola, Biancolilla e Nocellara. 

Inoltre produciamo pasta, attraverso dei grani che conferiamo che sono il Tumminia, il Perciasacchi e il Senatore Cappelli. Coltiviamo inoltre frutta e ortaggi che utilizziamo per i nostri wine tasting, wine tour e cooking show con i turisti. 

Sono proprio i visitatori che ci hanno portato a riaprire il baglio al pubblico. Vincenzo Adamo qui ha vissuto quarant’anni insieme al padre, tra campi coltivati e vinacce e ha deciso di riaprire questa cantina, che oggi è da osservare più come un museo, non essendo adatta al momento per la trasformazione, ma che presto rientrerà in attività con tutto il suo valore storico e architettonico. 

Intanto è un luogo dove fare vivere delle esperienze e dove proporre, insieme ai vini, un percorso lungo i campi e l’assaggio dei prodotti da noi cucinati. Il risultato? Gli ospiti vogliono imparare a conoscere le ricette siciliane e a cucinare»

Un'azienda come questa, tra coltivazioni, produzioni e rapporti con i visitatori, come organizza tutte le sue attività?


«Le nostre giornate sono abbastanza movimentate e sempre, ecco, piene di entusiasmo. Trascorrono in maniera molto appassionante perché io e Vincenzo Adamo ormai abbiamo dei ruoli ben definiti. 

Vincenzo chiaramente si dedica alla produzione e trasformazione in azienda agricola e quindi la mattina segue l'avvio dell’attività con i nostri ragazzi che lavorano direttamente in campagna. 

Io mi occupo degli ospiti e ho scelto di rinunciare al mio primo lavoro per dedicarmi a questo posto. La mia è stata una scelta d’amore. La soddisfazione mia sta nel vedere la felicità in quelli che passano da qui e che contribuiscono a dare valore a questo luogo che mi permette di conoscere nuove persone e nuove emozioni. Per me è come fare un viaggio ogni giorno con chi arriva qui»

Partendo da questo luogo storico, quale può essere il futuro dell’azienda?

«Oggi gli obiettivi con i quali eravamo partiti ci stanno dando tanto coraggio per guardare oltre e per andare avanti. 

E allora sicuramente il nostro sogno è quello di tornare a fare vivere questo posto in maniera piena e riprendere con la produzione del vino all’interno di questa struttura. Tutto di potrà fare dopo una operazione di restauro. In questa maniera si potrà davvero vivere qui dentro una esperienza completa. Questo posto non è solo della famiglia Adamo, ma della collettività che ci lavora intorno».

Arrivano gli ospiti della mattina. Sono due turisti dalla Germania e tre da New Orleans. Oltre a Liliana è anche presente in via eccezionale anche Vincenzo Adamo, che illustra la storia del posto e le tecniche di vinificazione. Manca poco all’ ora di pranzo e tocca a Liliana cucinare per tutti. Oggi si servono, tra le tante cose, le melanzane arrostite.

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Adamo Bio, fare agricoltura ripartendo dalla storia dei Florio
Vassily Sortino 24 maggio 2025
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