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Un Indiana Jones, con la stessa passione per l’archeologia, ma associata al miele, potrebbe essere definito così Carlo Amodeo, responsabile e fondatore dell’omonima azienda Apicoltura Amodeo Carlo. Situata in contrada Madonna Diana, una collina che domina dall’alto Termini Imerese e da dove si può ammirare l’intero golfo palermitano. Qui Amodeo, che tutti i suoi dieci dipendenti chiamano semplicemente "Carlo”, come se fosse un amico, inizia a lavorare dalle 6 del mattino in un terreno riservato alle api, che ha saputo fare rinascere. Il trucco per farle sopravvivere? «Non aiutarle in alcun modo».
All'Apicoltura Amodeo Carlo è questo il modo in cui si ragiona con le api?
«Sì, perché così vuol dire rispettarle, conoscerne le necessità. Il modo di allevare che applichiamo all'Apicoltura Amodeo Carlo è non aiutare l’ape. Sembra un paradosso, ma negli ultimi decenni le api sono state troppo aiutate e troppo selezionate. In realtà bisogna metterla in condizione di continuare a mantenere la memoria, che gli permette, di generazione in generazione, di resistere e adeguarsi. Solo in questo modo si crea una conformità genetica che la porta all’adattamento».
Quando nasce Apicoltura Amodeo Carlo?
«Ufficialmente l'Apicoltura Amodeo Carlo nasce nel 1985, quando ero in possesso di 250 alveari ed ero già un apicoltore professionista. Il rapporto con le api è sempre stato innato in me. Io sin da bambino ero attratto dal miele e dai prodotti da alveare. La prima volta che ho visto le api sono rimasto stravolto. Il momento che ha segnato la mia esistenza è stato il primo incontro con l’ape sicula nel 1987, quando era data per estinta. Collaborando con l’università di Palermo siamo andati alla ricerca di quest’ape e quando abbiamo trovato i primi ceppi sono rimasto folgorato e da allora in poi ho iniziato ad allevarla».
Quale è la vostra specialità nel campo del miele?
«La produzione di monoflora, cioè da api che provengono da un unico tipo di pianta. Facendo così riusciamo a produrre ventuno tipi di varietà. Produciamo anche sciami di api sicule regine, polline, pappa reale e cera che ci serve per la riproduzione dei nostri sciami. Il miele resta naturalmente il nostro prodotto principale e grazie all’ape sicula siamo riusciti a inserirci nei mercati internazionali, soprattutto come conseguenza a documentari internazionali che hanno raccontata a tutto il pianeta le sue peculiarità. Tutto questo, inoltre, ci ha permesso di sviluppare rapporti commerciali con il mondo farmaceutico, perché l’ape nera sicula produce una quantità di antiossidanti altissima, da tre a dieci volte superiore agli altri tipi di miele. Essendo poi un’ape selvatica, è riuscita a sopravvivere a tutte le malattie che hanno ucciso le api da allevamento in tutto il mondo».
Quali sono i vostri metodi di lavoro?
«Noi all'Apicoltura Amodeo Carlo utilizziamo il classico sistema di estrazione del miele a freddo. Stiamo però brevettando un sistema innovativo, che consiste nell’estrazione prima che svanisca la fioritura. Solitamente togliamo il miele dagli alveari ogni settimana, perché in quello stato, dove la temperatura è intorno ai 35 gradi, si ossida. Estraendo il miele ogni settimana e centrifugandolo subito, evitiamo l’ossidazione preservandone la qualità. Una volta centrifugato e filtrato, abbiamo la fase di deumidificazione e il trasporto nei vasi di vetro. Poi il tutto viene portato in delle celle-frigo a 5 gradi, in modo tale da mantenere gli antiossidanti e bloccare l’invecchiamento».
Quale è il futuro del miele e delle api in Sicilia secondo l'Apicoltura Amodeo Carlo?
«Io qui all'Apicoltura Amodeo Carlo sono capofila in un progetto scientifico per il reinserimento dell’ape sicula in tutta la Sicilia occidentale. Tra tutti gli allevatori di ape sicula stiamo creando un consorzio di 300 persone per fondare un modello univoco di miele, studiarlo e valorizzarlo visto il suo valore nutraceutico e medicamentoso, cioè capace di prevenire le malattie e combatterle»
In un mondo dove le api diminuiscono sempre più, sembra che il compito di salvarle tutte apparterrà all’ape nera sicula. L’università Federico II di Napoli, alcune farmacie di Palermo e il Cnr di Catania hanno infatti fatto partire una serie di studi legati alla forte presenza della vitellogenina, che è 8 volte superiore nell’ape isolana. Vuol dire che sono quest’ape possiede una proteina, parente di quelle presenti nelle uova, in grado di trasferire alla prole una competenza immunitaria che permette di affrontare le infezioni che potrebbe contrarre dopo la nascita. Insomma, non l’uomo, ma la natura, ha creato da sola la sua super ape.
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