Chiattulidda licatese, il ritorno alle origini di chi investe in Sicilia

Articolo di Hermes Carbone

Un grano duro antico, memoria e materia di una comunità che ha rischiato di disperdere il proprio patrimonio agricolo, e che oggi torna invece a guardare con speranza al proprio futuro. Stiamo parlando della Chiattulidda licatese, uno dei più importanti grani antichi siciliani. Dopo decenni di dismissione dai campi, la riscoperta e il progetto di Tony Rocchetta.

Ritrovata e riportata in coltura negli ultimi anni, la Chiattulidda affonda le sue radici in provincia di Agrigento ed è stata descritta dalla stazione di granicoltura per le sue caratteristiche morfologiche e genetiche uniche. Per decenni il progresso agricolo ha messo in ombra queste varietà locali, preferendo sementi ad alta resa. 

La Chiattulidda ha resistito però nelle memorie familiari e nei ritrovamenti di barili conservati con cura dalle vecchie generazioni, fino a quando l’impegno di agricoltori-custodi, in particolare quello di Tony Rocchetta, ne ha permesso la riscoperta e la valorizzazione. 

Attraverso il processo di semina e raccolto, è stato possibile trasformare un seme quasi dimenticato in simbolo di biodiversità e identità locale. Un prodotto antico oggi divenuto simbolo di qualità e apprezzato anche in uno dei migliori ristoranti licatesi: N’Zemmula.

Perché la Chiattulidda e dove ha inizio la storia di Quintessenza?    

“Da quasi dieci anni porto avanti un percorso di ricerca e recupero delle varietà cerealicole tradizionali perché credo che ogni varietà di grano rappresenti il DNA di un popolo. I grani antichi come la Chiattulidda licatese sono il frutto di una selezione naturale millenaria: i contadini sceglievano le spighe migliori, più produttive e resistenti, senza bisogno di interventi esterni. Così ogni territorio sviluppava varietà adattate al proprio suolo e al proprio clima, con caratteristiche nutrizionali e organolettiche uniche.

Ne sono entrato in possesso grazie a un contadino della zona. Da lì è cominciato un lavoro lungo e meticoloso e per circa 7 anni ho lavorato manualmente nei campi per selezionare e moltiplicare i semi, fino a ottenere una produzione stabile. Oggi esiste una vera e propria coltivazione, registrata come seme di conservazione, con l’obiettivo di mantenere la purezza della varietà”.

Una ripresa dei grani antichi e un ritorno al passato per salvaguardare le tradizioni siciliane?  


“Le varietà moderne hanno bisogno di concimi chimici e diserbanti. I grani antichi siciliani, invece, si sono adattati naturalmente al territorio e non necessitano di input esterni. Sono più nutrienti, più digeribili e rispettosi dell’ambiente. Il percorso non è stato semplice: mantenere intatto un grano antico richiede campi sperimentali, parcelle dedicate e un costante lavoro di selezione per evitare contaminazioni. Un impegno duro, responsabile e soprattutto di raccordo con il nostro territorio.

Tornare a consumare pane e pasta prodotti con questa varietà di grano significa riscoprire i sapori di un tempo, custodire la memoria delle generazioni contadine e al tempo stesso prendersi cura della propria salute e dell’ambiente e contribuiamo a salvaguardare il futuro agricolo della nostra terra”.

Cosa sogni per il futuro di Quintessenza, il tuo brand?     

“Creare nuovi prodotti e portare economia e sviluppo territoriale. E poi inculcare ai giovani questi saperi. Per questo riceviamo spesso le scuole all’interno dei nostri laboratori, per mostrare ai più piccoli l’importanza di coltivare le tradizioni del passato. Facciamo toccare con mano il campo e il grano, prepariamo pasta fresca. Vorrei creare dei circuiti, insieme alle istituzioni, nei quali dare nuovo slancio per l’economia locale. La Sicilia è un’isola, ma anche uno straordinario continente ricco di biodiversità da conoscere e valorizzare”.

Il ritorno nei campi non è solo gesto nostalgico, ma anche scelta agricola strategica: i grani antichi, adattati ai microclimi isolani, offrono resistenza a stress idrici e profili organolettici distinti, ingredienti di filiere corte e prodotti di qualità — dalla farina alla pasta “I Siciliani”, nata come omaggio territoriale.

La tutela ha trovato anche riconoscimenti ufficiali: la varietà è stata iscritta nel Registro nazionale delle varietà da conservazione, passo importante per la sua protezione e diffusione. Per Licata la Chiattulidda rappresenta patrimonio culturale, economia di prossimità e strumento di resilienza.

Progetti locali, iniziative culturali e presenza in orti didattici come quelli della Kolymbethra, o nei più apprezzati ristoranti come N’Zemmula, stanno trasformando il seme in risorsa educativa e turistica. Il futuro continua a dipendere dalla sostenibilità della sua filiera e dal desiderio di continuare a credere nella Sicilia, volgendo il proprio sguardo al passato per riscriverne il futuro




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Hermes Carbone 3 ottobre 2025


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