Domini Mediterranei, le vigne che hanno visto la storia

Articolo di Vassily Sortino

La storia dentro la storia. Questo è Domini mediterranei, azienda  vitivinicola che affonda le sue radici nel lontano 1750 tra i territori di  Corleone, Monreale e Portella della Ginestra, all’interno di quell’area  monumentale dove è avvenuta la prima strage di Stato della notra  Repubblica e che da terreno privato è stato ceduto al pubblico dalla famiglia  Micciché, che aveva portato l’azienda al miglior splendore con il brand  “Calatrasi”, comprendendo il calore storico di uno spazio dove lavoro e  sangue dei contadini sono diventati un’unica cosa. Terreni e appezzamenti  di alto valore culturale e paesaggistico situati dai 300 ai 1100 metri sopra il  livello del mare. Dal 2017 tutto questo è sotto la guida dell’agronomo ed  enologo Salvatore Beltempo con il marchio Domini Mediterranei.

Storie che raccontano la magia del Made in Italy, con le video interviste disponibili su YouTube:


Salvatore Beltempo, ci racconta in breve i quasi 300 anni di storia di  questa azienda? 

«Io sono il general manager di questo progetto, in un territorio di alto  spessore paesaggistico. La nostra storia comincia nel 1780 grazie alla  famiglia Costanza e Mineo, che attraverso degli accordi di affitto presero dei  terreni nella valle dello Jato, coltivandoli a vigneto, sommacco, cotone e  grano. Nel 1890 c’è stato il riscatto dei terreni. In seguito si è vinificato l’uva  prodotta e il vino era venduto alla provincia. Nel ventesimo secolo è entrato  tutto in gestione alla famiglia Micciché, diventato riferimento di circa 200  famiglie agricole del distrretto, promuovendo lo sviluppo sociale del  territorio e la cooperazione, con la promozione del vino sfuso da vendere  in altre regioni d’Italia a d’Europa. Nel 1980 Maurizio Micciché ha fondato  il marchio Calatrasi, dando identicità al territorio. Oggi con me c’è Domini  mediterranei, azienda dove si punta ad alti livelli di qualità».



Quando è grande l’azienda? 

«Ben 150 ettari, sviluppati tra i 300 e i mille ettari di altezza sul livello del  mare. Abbiamo varietà autoctone e internazionali. Produciamo due line. La 

prima è la Costanza di Mineo, omaggio alle nostre origini, da cui abbiamo  tratto un bianco e un rosso e dal 2025 faremo un rosato. Poi abbiamo la  linea Superpremium e la Magnus siculo, dove abbiamo prodotto un Grillo  e un Cabernet Sauvignon». 

Di questi vini, di quali andate più fieri? 

«La Magnus siculus della nostra linea Superpremium. Un Cabernet  sauvignon Sirah, interamente coltivato tra gli 850 e i mille metri di altezza.  Un progetto visionario che nasce nel 1994 che negli anni in cui non c’era  sensibilità verso il climate change, abbiamo rappresentato prima del tempo  la qualità, biodiversità e sostenibilità prima del tempo». 

Come si arriva a scegliere l’uva da destinare alla bottiglia? 

«Si parte dal progetto e dalla ricerca su diversi fronti: economia, zona,  terreno, elementi enologici, capacità di innesto. Bisogna studiare per fare  tutto questo. Il resto lo fa il vino con la sua eleganza ed equilibrio. La nostra  è una enologia rivolta alla ricerca, che esalta il territorio». 



Quale è il futuro dell’azienda? 

«La nostra mission è la ricerca dell’autenticità, attraverso territori singolari  e agricoltura sostenibile. Cerchiamo di oroporre vini che poossono essere  ambasciatori del nostro territorio e sintesi perfetta di una famiglia e  comunità. A oggi produciamo 4 referenze, che diventeranno 5 nel 2025 e 7  nel 2026. Tra i nostri progetti è viva la voglia di ampliarci e di portare i nostri  clienti ad avere attraverso unione un collegamento con la cultura e  l’espressione dei nostri luoghi». 

Così Domini Mediterranei nei prossimi anni è pronta a costruire un hub per  gli ospiti e i turisti per raccontare attraverso il vino tutto il lavoro che c’è  dietro per valorizzare il territorio. 



 


 








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