Non gioielli, ma piccole opere d’arte e installazioni da indossare. È quello che sente di creare quotidianamente Roberto Intorre, artigiano e proprietario dell’omonima gioielleria in via Bara all’Olivella a Palermo. Orecchini, bracciali, collane e non solo. Su commissione e per tutti i gusti, unendo le esigenze della clientela col proprio lato artistico.
Storie che raccontano la magia del Made in Italy, con video interviste disponibili su YouTube:
Roberto Intorre, quando nasce il suo laboratorio orafo?
«Venticinque anni fa. Chiaramente la sua storia parte dalla mia passione profonda per la lavorazione dei metalli. Che si associa alla progettazione. Io sono laureato in architettura e sono partito dalla macroscala dell’urbanistica, scendendo alla microscala del gioiello, Apparentemente due cose tra loro inconciliabili. Il fascino del micro e del macro mi ha portato a constatare che la progettazione ha delle problematiche simili, sia nella grande scala, che nella piccola scala».
Cosa accomuna i suoi gioielli?
«Sono progetti che sono legati all’identità culturale siciliana e di ogni persona che lo indossa. Il gioiello deve essere identitario e chi lo indossa deve avere la capacità di esprimersi con il linguaggio dell’ornamento del corpo, che è una delle prime forme di comunicazioni ataviche, usato dall’uomo per raccontare il proprio sapere».
Come si evolve la sua gioielleria?
«Prendendo sia un taglio culturale che locale. Guardando al passato e alla tradizione tecnica e formale e allo stesso tempo distaccandosi dalla classicità utilizzando tecniche inusuali e materiali che prima non erano contemplati nel mondo della gioielleria, come la pianta del fico d’india, unita con l’argento».
Come nascono i vostri gioielli?
«Da un percorso concettuale. Come un’opera d’arte, nascono da ispirazioni. Da qui si passa al progetto, lo verifichiamo con tecniche di laboratorio, lo realizziamo e lo confrontiamo con le idee di base. Se le armonie non sono rispettate, si torna al progetto. Il nostro modello di lavoro è la spirale, che si apre o torna indietro al punto di partenza. I nostri progetti non sono mai lineari».
Quale è il gioiello più richiesto dai clienti?
«L’orecchino o l’anello, ma non si disdegna la collana. Molto richiesti sono gli orecchini stilizzati legati al mondo del mare, che raccontano un po’ la storia della Sicilia. Io credo che l’oggetto di punta sia quello che incontra la persona interessata. Non tutte le persone sono uguali. Ognuno incontra l’oggetto che gli appartiene. E se non lo incontra, mi chiede di realizzarlo per creare la sua identità».
I vostri progetti futuri nel mondo del gioiello quali sono?
«Sono legati alla divulgazione dell’arte e della divulgazione commerciale. Nel primo caso abbiamo creato dei gioielli legati al mondo di “Orlando furioso”. Tutto questo lavoro è creato con materiali siciliani come il diaspro delle cave di Custonaci, il legno di ulivo. Il nostro obiettivo è portare questo lavoro in giro per il mondo, tramite il Ministero degli Esteri, servendoci di un lavoro di videoarte, di musica e di un “cuntista”, cioè un narratore. Nel secondo caso vogliamo commercializzare i nostri prodotti in altre gioiellerie, hotel e zone turistiche. Acquistare un nostro gioiello è avere un pezzo di storia della Sicilia. Per questo motivo vogliamo ampliare la produzione e distribuirci in vari negozi in tutto il mondo per fare conoscere la realtà siciliana».
E siccome in gioielleria non ci si ferma mai, Intorre sta partecipando anche a un bando, legato alla figura di Santa Rosalia, dove sta progettando un gioiello legato all’icon a della patrona di Palermo servendosi delle immagini di una Rosalia coronata da rose, del teschio e del giglio. «Oramai è una santa dell’inclusione. Appartiene a tutti: atei e religiosi, italiani e stranieri. Per noi questo gioiello è un po’ raccontare a stratificazione la città di Palermo. Una storia a stratificazione e che ha tante sfaccettature».
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