Gli ori di piana Lucito, la storia in un gioiello

articolo di Vassily Sortino

A Piana degli Albanesi, borgo dell’entroterra palermitano noto per la sua identità arbëreshe, nasce un’eccellenza che unisce arte, tradizione e innovazione: Gli Ori di Piana. Più che una gioielleria, il laboratorio fondato dalla famiglia Lucito è un presidio culturale che custodisce e reinterpreta le antiche tecniche orafe siciliane. Ogni creazione diventa un racconto di storia e di bellezza, un ponte ideale tra il passato barocco dell’Isola e le esigenze estetiche contemporanee.

Il marchio affonda le radici nel Settecento siciliano, quando influenze arabe, normanne e bizantine si intrecciavano nei fasti del barocco isolano. Oggi, grazie alla visione di Sergio Lucito e dei suoi figli, collane, anelli, bracciali e orecchini rivivono con uno stile moderno che non tradisce la memoria. Pietre preziose e dettagli raffinati restituiscono il fascino di una Sicilia sontuosa, offrendo gioielli capaci di esprimere carattere, identità ed eleganza senza tempo.

Ma Gli Ori di Piana non è solo un luogo dove acquistare gioielli artigianali siciliani. È uno spazio di incontro con la cultura del Made in Italy, dove professionalità, cortesia e attenzione al cliente si affiancano alla creazione e al restauro di preziosi. Un laboratorio che guarda oltre i confini locali per raccontare al mondo l’eccellenza orafa siciliana, diventando simbolo autentico di come tradizione e innovazione possano fondersi in un’unica, inimitabile identità.

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Sergio Lucito, quando nasce questa sua bottega a Piana degli Albanesi?

  «Nel 1967. Io mi occupo della riproduzione degli ori del costume tipico di Piana degli Albanesi. Gioielli del Settecento Siciliano, che completano il vestito da sposa».

Quali altri gioielli riproduce?

“Quelli della storia della Sicilia, per farli ricordare. Per esempio, la lavorazione dei coralli non è di Torre del Greco, ma nasce nel 1500 in Sicilia. Poi ci sono gioielli del periodo Greco-Romano e del periodo Spagnolo. 

Quest’ultimo è stato il momento dei gioielli più belli, che io riproduco con gli smalti, le pietre colorate, i diamanti e le perline. Un modo per creare bellezza riproducendo la storia”.


Che clientela è la sua?

«Non è ampia, perché io lavoro con amatori e collezionisti a cui piacciono i gioielli che hanno una storia».

Come si svolge la sua giornata di lavoro?

 «Io sono prossimo agli 80 anni. La mia giornata è cambiata. Adesso insegno ai miei figli che lavorano tra il laboratorio e la gioielleria. Ogni tanto produco qualcosa e continuo ad appassionarmi».

Quali obiettivi ha per il futuro di questa gioielleria storica?

“Spero di arrivare a conoscere la terza e la quarta generazione di questo negozio. Anche se oggi si lavora in modo diverso rispetto al mio modo di fare. Oggi si produce molto con le macchine in 3D e non con l’artigianato. I gioielli sono tanti metalli, bisogna sapere scegliere e incastonare le pietre e incidere. Oggi i ragazzi non vogliono fare mestieri complicati come questo. Ci vuole passione se si vuole fare questo mestiere”.

Un uomo che ha stretto un patto col diavolo, così come i suoi gioielli: dai tratti del suo volto, l’orafo Sergio Lucito non sembra affatto un signore che ha appena compiuto 80 anni. E allo stesso modo i gioielli da lui creati – anche se lui ama definirli “riproduzioni storiche” – sembrano non avere un’età.

Perché se esiste un modo per portare avanti la storia, quella è anche il copiare qualcosa del passato e duplicarlo, per non farlo dimenticare. Dal 1600 all’era de “Il Gattopardo”, l’artigiano Sergio Lucito è un po’ l’amanuense del gioiello siciliano.


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Vassily Sortino 30 settembre 2025


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