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Tantissime tradizioni legate al territorio e al carnevale della Sardegna sono scolpite nel legno e segnate nel cuoio, come le maschere sarde, portatrici di significati impressi nel tempo, fino ai nostri giorni. Ogni maschera, che si parli di teatro o delle celebrazioni, porta con sé storie e culti antichi.
Le maschere sarde nel carnevale di Ottana
In Sardegna, l’esempio più vistoso è sicuramente il carnevale di Ottana, dove le figure più importanti: su Boe (il bue), il Merdule (il pastore) e sa Filonzana (la tessitrice) portano delle maschere iconiche. Per quanto belle, la loro realizzazione è tutt’altro che facile. Anticamente queste maschere venivano riprodotte in legno, portando con loro un peso importante, rendendole di difficile utilizzo durante la giornata del carnevale. Da questa necessità è nata una soluzione, un materiale molto più leggero e maneggevole: il cuoio.
Graziano, in arte Safir, ha fatto del cuoio la sua tela bianca in cui realizza le figure tipiche della tradizione. In Sardegna, a Cabras, si trova il suo laboratorio dove, con dedizione e pazienza, lavora il cuoio ispirato dalla cultura sarda e i suoi protagonisti. Graziano, Veneto di nascita, trova la sua nuova casa in Sardegna con cui condivide i misteri che vivono dietro le maschere sarde. Le opere di Graziano prendono spunto anche dai volti del carnevale di Venezia, riproducendo le maschere dei personaggi teatrali più illustri al mondo.
Come si realizzano le maschere sarde in cuoio?
Il primo passo è la realizzazione dello stampo, realizzato in legno o resina, che permetterà di avere una base solida per tenere in posa il cuoio, potendolo lavorare in totale comodità . Il secondo passo prevede di bagnare il cuoio con acqua calda, rendendolo malleabile e facilitandone la lavorazione. In questo modo il cuoio può mantenere le forme che lo renderanno un volto, un animale o qualunque altra idea baleni a Graziano. Uno degli strumenti utilizzati per la lavorazione delle maschere sarde è un coltello in legno, utile per dare delle pieghe che, sul cuoio, saranno le rughe e i particolari del volto che diventeranno permanenti dopo l’asciugatura.
Per ricavare la forma perfetta e le varie parti scoperte della maschera, come i fori per gli occhi, Graziano utilizza un taglierino. Successivamente viene decorata con piccoli stampi completamente autoprodotti (se la maschera lo richiede) e dipinta per riprodurre fedelmente il personaggio. Una volta asciugata si otterranno le maschere sarde finite e pronte all'utilizzo. Non importa che sia un bue, una capra o un volto umano, una volta completata, come una magia, la maschera finita sorprende sempre anche il suo creatore, come fosse la prima volta che la realizza.
Safir un nome portato dal vento orientale
Graziano ha trovato il suo nome d’arte in un viaggio con la sua valigia piena di maschere, attendendo in sala d’aspetto in aeroporto. Durante l'attesa, il realizzatore di maschere sarde sente i discorsi di due ragazzi, che utilizzavano spesso la parola Safir e, incuriosito, chiese loro il significato. Quella parola da quel momento divenne casa.
Safir infatti significa "Ambasciatore", cioè colui che nei suoi viaggi porta le notizie e le novità in giro per il mondo, come Graziano e le sue maschere in quella valigia, che raccontavano storie, segreti e tradizioni delle terre di cui lui stesso si faceva ambasciatore. Il fabbricante di maschere sarde lo si può trovare a Tharros, nella stagione estiva, intendo a raccontare storie e vendere le sue maschere. Graziano è divenuto un caposaldo dell’artigianato sardo e custode della storia dell’isola, grazie l’associazione ArtiManos, società che vuole tutelare l'artigianato sardo in tutte le sue forme, di cui è presidente. Un maestro che realizza con cura e passione le sue maschere sarde, filtri della realtà che raccontano storie antiche, firmate Safir.
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