Re Del Bosco, tartufi dal cuore d’Irpinia

Articolo di Mattia Passariello

Re Del Bosco, creatura sapientemente gestita da Ernestina Gambale e famiglia, è un’ormai consolidatissima realtà del territorio irpino. Creata nel 2015, come la stessa Ernestina ci racconta nella nostra intervista, l’azienda di Nusco -  in provincia di Avellino – specializzata nella vendita di tartufi bianchi e neri e di altri prodotti tipici locali, si è ritagliata uno spazio di tutto rispetto nel panorama Made in Italy italiano anche grazie ai tre ettari di terreno, tra Nusco e Castelfranci, coltivati a tartufaie. Da questi ultimi si ricava la materia prima, totalmente a chilometro zero: ecco cosa ci ha raccontato Ernestina nella nostra intervista (al termine della quale ci è stato anche concesso di osservare una ricerca del tartufo “dal vivo” all’interno del bosco che circonda Nusco).

Quando e come nasce Re Del Bosco?

“L’attività è nata dalla mia passione di mio marito per la natura. Lui ha iniziato per passione a raccogliere tartufi nei boschi, addestrando un cagnolino, già a 18 anni”. Il nostro obiettivo è sempre stato quello di promuovere il tartufo del territorio e garantire una filiera a chilometro zero, è tra i nostri punti di forza principali”.

Quali sono i nostri prodotti di punta?

  “Il carpaccio, le salse tartufate e la crema di puro tartufo  - ovvero il tartufo macinato con l’olio extravergine d’oliva. Abbiamo poi diverse combinazioni che coinvolgono il tartufo: con gli asparagi, i carciofi.”.

Che metodo di lavorazione utilizzate?

“Il metodo di lavorazione utilizzato da Re Del Bosco è totalmente artigianale: niente conservanti, coloranti o additivi. Il nostro obiettivo è sempre stato richiamare la tradizione. I nostri clienti devono sentire le caratteristiche di un prodotto non trasformato industrialmente quando degustano i nostri prodotti. Ciò che ha molta importanza è il periodo di raccolta. Per il tartufo estivo si va più in pianura, per il tartufo invernale si sceglie la montagna come zona di raccolta. I tartufi sono dei funghi ipogei, cioè si sviluppano sotto terra. Una volta sviluppati, si nutrono del compost del terreno e dunque il sapore di ogni tartufo può differire a seconda della zona in cui è stato ricavato”.

Come funziona tecnicamente la raccolta?

“Il nostro cane è molto importante, perché con l’olfatto individua il tartufo, lo scava e successivamente lo riporta. Andare a cercare anche in posti impervi è fondamentale e la bravura dei cani fa la differenza, alla fine sono loro che realizzano il lavoro e dipende un po’ tutto da loro”.  

Avete dei progetti per il futuro?

“Certamente sì. Vorremmo ampliare il nostro lavoro di trasformazione, in più ci piacerebbe accostare il nostro lavoro non solo alla vendita, ma anche al turismo esperienziale. Vorremmo organizzare delle cacce al tartufo, sia per far degustare i nostri prodotti che per far vivere un’esperienza diversa e originale ai clienti”.

Esportate i vostri prodotti anche all’estero?

“Sì, in Francia, Svizzera, Belgio e Spagna. Esportiamo sia il tartufo fresco che i prodotti conservati ed entrambe le tipologie di prodotto sono molto richieste”.


L’orafa Martina Ciao e le sue originali creazioni tra favole, simbologia e un tocco di esoterismo
Articolo di Valentina Guerra