Si definiscono degli “eroi della viticoltura” da Xeravuli vini, azienda agricola di Piana degli Albanesi. E in effetti è un po’ così, visto che le loro uve, destinate a diventare vino per duemila bottiglie, nascono a 750 metri di altezza, in luoghi dove la temperatura si muove a seconda del calendario da meno 4 gradi a più 36. La famiglia Bennici qui accoglie il turista, fa scoprire le bellezze del territorio e fa della sala degustazione il suo fiore all’occhiello.
Storie che raccontano la magia del Made in Italy, con le video interviste disponibili su YouTube:
Alessandro Bennici, quando nasce Xeravuli vini?
«Nel 1999, con l’idea di impiantare un vigneto nel nostro appezzamento di terreno da un ettaro, per dare valore al territorio e per passione. Ci siamo scontrati con una realtà ostile, ma abbiamo vinto la sfida, perché abbiamo puntato su una viticoltura di montagna che era andata perduta. La passione mia e di mia moglie ci ha permesso di andare avanti, impiantando sia vitigni locali che non. Il lavoro è stato duro e di pazienza, per capire lo sviluppo dei vitigni con i bruschi capovolgimenti climatici della zona. Nel 2006 abbiamo deciso di aprire la cantina, acquistando un edificio del Settecento in pietra».
Quante linee di vino producete?
«Due rossi e due bianchi. Noi puntiamo a un settore di nicchia e di qualità. Produciamo un Nero D’Avola in purezza. Poi facciamo un blend di Merlot e Cabernet Sauvignon. Di rossi e produciamo circa duemila bottiglie l’anno. Per i vini bianchi abbiamo puntato sul Catarratto, dandogli il ruolo di elevato rango tra i vini di qualità, che viene apprezzato dai turisti. L’altro vitigno bianco è uno Chardonnay. Abbiamo anche in programma di spumantizzare quest’ultimo».
Quale è il vino più amato dalla vostra clientela di qualità?
«Il Morea, un vino rosso di lungo affinamento, che esce ogni 4 anni. È un blend. Abbiamo ottenuto dei riscontri positivi, in particolare perché lo lasciamo maturare abbastanza tra affinamento in bottiglie e in botte. Il nome si riferisce alla nostra etnia albanese».
Come si svolge la sua giornata di lavoro quando si occupa della vigna e della cantina?
«L’impresa è impegnativa e con momenti faticosi, in particolare nei periodi di vendemmia e di travaso dei vini e sulla sua qualità. In cantina il lavoro non finisce mai. Se non ci sono impegni, c’è da pulire. L’igiene in una cantina è importante. I vini vanno poi continuamente assaggiati. Non è vero che vanno abbandonati per mesi, ma si annusano, si osserva il colore e si assaggiano. L’imprenditore gestisce il lavoro quotidiano e si rapporta con l’enologo ogni giorno. Non c’è un giorno in cui si sta fermi».
Che futuro ha l’azienda Xeravuli vini?
«Confido nell’aiuto dei miei figli e nella condivisione del gusto del vino con altri. Siamo una piccola realtà e vogliamo crescere lentamente, senza esigenze di business e di vendite. Una cantina deve radicarsi sul territorio e allo stesso tempo il vino deve viaggiare anche all’estero. Il mio prodotto deve essere di qualità e buono, prima di essere diffuso».
Alla fine dell’intervista, lo sguardo dell’intera famiglia Bennici si dirige dalla cantina verso la montagna, dove sono presenti i vitigni. Per loro, in questa realtà, davvero un simbolo di unità familiare.
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