Alta Gioielleria Italiana, pregiata maestria marchigiana

Articolo di Noemi Giommi

Nel pittoresco borgo di Agugliano, a pochi chilometri da Ancona, si trova Alta Gioielleria Italiana, un negozio nato dalla volontà di Gabriele Gioacchini. È proprio lui ad accoglierci. 

Gabriele, eccoci nel tuo negozio. Cosa ti va di raccontarci sulla sua nascita?

La mia è una storia estremamente particolare. La mia famiglia vive ad Agugliano da ben 6 generazioni, praticamente il mio tris nonno ha comprato la casa dove io, mia moglie e i miei figli abitiamo tuttora. 

Ricordo che avevo solo 6 o 7 anni quando mio padre decise che una volta cresciuto avrei dovuto fare questo mestiere: realizzare gioielli. A dire il vero non conosco il motivo per cui fece questa scelta, ma con il senno di poi ho capito che ci aveva visto giusto, ha interpretato le mie attitudini. 

Io a 7/8 anni già sentivo parlare di gioielli dentro casa mia, ma all’epoca come qualunque bambino di quell’età, pensavo a giocare. Crescendo poi, è arrivato un momento cruciale per me: la scelta della scuola superiore. Papà e mamma mi portarono a vedere alcuni istituti, però, essendo troppo piccolo per fare esperienze fuori casa, mi iscrissero all'Istituto Statale d'Arte di Ancona che aveva anche la sezione di oreficeria. 

In un secondo momento, grazie ad un’amica di mia madre che possedeva una gioielleria molto famosa ed importante ad Ancona, ho avuto la possibilità di iniziare la mia prima esperienza lavorativa. Questa signora infatti mi domandò di andare ad aiutarla nel suo negozio, di pomeriggio.

Finito poi l'Istituto Statale d'Arte, decisi di andare a lavorare a Valenza Po. Pensate che ho preso il Diploma di maturità a luglio del 1996 e l'11 settembre dello stesso anno ero già a Valenza… E ci sono stato per 13 anni! È stata una mia scelta, perché mi sono trovato davvero bene a vivere là, in più sono stato dipendente di sei aziende di altissima gioielleria (tra cui Damiani e Bulgari). 

Sono state esperienze meravigliose! Purtroppo però, con la crisi economica arrivata nel 2008, la città di Valenza Po venne praticamente “disintegrata”. Di aziende attive nel mio campo ne sono rimaste pochissime, il lavoro non esisteva più. C'è stata un'ecatombe di aziende. Di conseguenza ho preso la decisione di tornare a casa e di mettermi in proprio, andando incontro al desiderio di mio padre che avrebbe sempre voluto che io facessi qualcosa “di mio” nel suo paese natale: Agugliano.

Davvero una bella storia, carica di significato. Ora vorremmo sapere di più del tuo lavoro. Tu e i tuoi colleghi usate tecniche particolari per la produzione di gioielli?

Noi siamo di scuola valenzana: fondamentalmente lavoriamo oro, argento, platino e pietre preziose come diamante, smeraldo, rubino e zaffiro, in aggiunta alle pietre dure: quindi acquamarina, ametista, tormalina, topazio, ecc. Tutto il nostro design e le nostre realizzazioni per l'80 – 90% ruotano intorno al mondo delle pietre preziose e semi-preziose. 

Però ultimamente un altro materiale è molto richiesto e ammetto che ci piace tantissimo utilizzarlo: il titanio, perché è un metallo che regala alte prestazioni, ha un design ed un effetto estetico molto particolare. Risulta inoltre molto adatto per alcune realizzazioni di gioielleria, soprattutto per l'uomo, in quanto è un metallo dall'aspetto grigio/grigio scuro. Ha un effetto un po' tenebroso ma allo stesso tempo elegante, ed è molto leggero. Per di più ha una prestazione tecnica formidabile, è resistentissimo e si sposa benissimo con gemme che noi chiamiamo “deep” (“profonde”): ad esempio il diamante nero, o anche uno zaffiro di colore molto scuro. 

Se poi al gioiello in Titanio vengono inseriti dei dettagli in oro bianco, oro giallo, oro rosa oppure in platino, che danno luce, l'effetto è ancora più bello, grazie al contrasto che si crea tra i diversi materiali. Ci sono aziende che hanno fatto di questo gioco di contrasti un must, con la produzione di gioielli studiati nei minimi dettagli, bellissimi, importantissimi e ovviamente costosissimi.

Gabriele Gioacchini fondatore di Alta Gioielleria Italiana

Nella lavorazione di oreficeria che ruolo ha la tecnologia?

La nostra attività, come altre, subisce il fascino della tecnologia e siamo sempre molto attenti alle novità in questo campo. 

Ad esempio, è da poco arrivato in negozio un nuovo macchinario: un microscopio trioculare che permette la trasmissione di ciò che vedi nel microscopio ad un televisore da 32 pollici. In questo modo l'immagine del gioiello che si sta analizzando può essere condivisa con tutti i colleghi, lavorando così più “agilmente”. 

Per fare un altro esempio pratico e ricollegandomi al Titanio, sono necessarie delle tecnologie abbastanza avanzate per la sua lavorazione, diverse da quelle che venivano utilizzate tempo fa. In questi ultimi tempi poi, nella gioielleria tutto ruota intorno alla progettazione tridimensionale meccanizzata, una tecnologia arrivata dal settore automobilistico, che ha accorciato i tempi di produzione e ha reso economicamente i gioielli molto più “vicini” alle esigenze del pubblico. Sono stati i giapponesi ad inventare la stampante 3D con stampa additiva: per la precisione è stata la ditta Toyota. Questa tecnologia è poi arrivata nel campo della gioielleria, però l’avvento di questa invenzione ha decretato la fine degli orafi. Oggi infatti trovare un orafo del mio livello è molto complesso.

Quindi sei favorevole alla tecnologia oppure ti senti ancora legato al modo tradizionale di produrre i gioielli?

Come dicevo poco fa, sicuramente la tecnologia è affascinante ed utile per alcuni aspetti del nostro lavoro, però inizio col dirti che personalmente amo disegnare ed iniziare a creare un gioiello a mano sul banco, partendo dal modello, step durante il quale non utilizzo metalli preziosi.

Per di più con il tempo mi sono reso conto che tanti gioielli di alta gioielleria che abbiamo prodotto senza l’utilizzo di tecnologie particolari, hanno riscosso molto successo nelle persone, tanto da ricevere messaggi di apprezzamento anche dall'estero (Inghilterra). 

Ad esempio, qualche tempo fa io e i miei colleghi abbiamo deciso che due particolari gemme “meritassero” di essere lavorate a mano, così ho incaricato un ragazzo di 20 anni di occuparsi di questo lavoro, sotto la nostra supervisione. Le gemme in questione erano un rubino ed un diamante color champagne, entrambe naturali. Ecco, quel lavoro è stato apprezzato davvero tantissimo dal cliente che ha acquistato il gioiello e anche da altre persone che lo hanno visto. 

È chiaro quindi quanto teniamo al lavoro fatto a mano, per di più a noi piace molto lavorare con i ragazzi perché sono un insieme di curiosità, scoperta, spensieratezza, ma allo stesso tempo sono seri e concentrati. Tutte ottime qualità. 

Un altro aspetto su cui incide la scelta di come lavorare è che puntiamo molto sulla personalizzazione dei gioielli. Possono essere gioielli che proponiamo noi al cliente, oppure che il cliente propone a noi, o ancora che aziende di gioielleria ci commissionano, affidandosi alla nostra manodopera specializzata. A questo proposito, alcuni clienti vengono in negozio e si affidano a noi e alle nostre conoscenze, altri invece arrivano già molto preparati e sicuri di ciò che vogliono.

In qualunque caso, noi curiamo ogni dettaglio affinché ogni richiesta del cliente sia realizzata nel migliore dei modi. 

Quindi nella produzione di gioielli ognuno di voi porta avanti un gioiello dall'inizio alla fine, oppure c’è una suddivisione dei compiti?

Ognuno porta avanti un gioiello dall'inizio alla fine, e il mio ruolo in questo caso è quello dello “chef” che dà consigli su come migliorare o sistemare un determinato lavoro. In generale però cerco di darne il meno possibile e di “rubare” poco tempo a chi sta lavorando. Credo sia giusto così.

Inoltre abbiamo la fortuna di avere una squadra di lavoratori formata da ragazzi molto preparati, che possiamo dire di “aver cresciuto”, dal momento che sono venuti a lavorare per noi subito dopo il diploma. 

Per questo, tutte le volte che dei professionisti vengono nel mio negozio per ragioni di lavoro, coinvolgo anche i ragazzi più giovani, così da renderli pian piano autonomi. In questo modo, se ad esempio mi venisse un'idea per la mia attività e magari avessi bisogno di tempo, di scoprire anche io cose nuove e di imparare, i ragazzi potrebbero continuare a lavorare tranquillamente. Loro hanno infatti a disposizione tutto quello che so, tutte le risorse tecnologiche di cui potrebbero avere bisogno. A questo punto sono quindi loro che con il proprio contributo e con il proprio lavoro possono andare avanti, progredire. Ognuno dei ragazzi infine può creare gioielli con la propria firma ed avere la giusta visibilità.

Bottega Alta Gioielleria Italiana

Nella vostra produzione, avete prodotti su cui puntate in modo particolare?

Direi di no, diciamo che seguiamo quelli che sono i gusti dei clienti. Per esempio questo è il periodo dei diamanti champagne, che hanno un fascino ipnotico e che si chiamano così perché riportano più o meno intensamente i colori dello champagne. 

Pensa che uno dei diamanti champagne più belli che io abbia mai visto lo aveva al collo Lady Gaga. Ricordo che la gemma era grande come una pallina da golf ed incastonato in una catena di platino altrettanto preziosa, perché tempestata di diamanti bianchi. 

Vuoi che ti sveli una curiosità in più? I diamanti di un colore diverso dal bianco vengono chiamati “fancy color”, e non sono solo di colore giallo ma anche di altri colori. I più numerosi sono quelli gialli, ma ci sono anche rosa, celesti, verdi, arancioni, marroni, viola e blu.

Devono essere gemme bellissime e molto rare. A questo proposito, quali sono le pietre preziose più richieste?

Dunque, il diamante sicuramente viene considerato come un investimento, almeno in Italia, mentre chi viene dall'estero e dei diamanti si è “stancato” (perché ne possiede già tanti), fa richieste che spaziano verso qualsiasi gemma e devo dire che c’è solo l’imbarazzo della scelta. 

Basti pensare che le pietre preziose possono avere circa 4000/5000 colori! Solo lo Zaffiro conta quasi 1000 tonalità: tutte le sfumature del blu, del giallo, del rosa, del verde e dell’arancio. 

La scelta però può cadere anche sulle pietre massive (che non hanno trasparenza): come l'onice nero, l'agata bianca, il corallo, le perle, l'opale. O ancora sulle radici delle gemme che a me piacciono molto: non siamo di fronte proprio alla gemma finale, ma si tratta della base da cui cresce la gemma, quindi c'è un po' di colore e un po' di roccia. Le radici in pratica hanno le colorazioni della gemma, che può essere uno smeraldo, un rubino, ecc. ma non hanno la stessa trasparenza e lucentezza.

Ora vorremmo parlare con te di un tema oggi molto sentito. Il tuo lavoro riesce ad essere ecosostenibile?

Ecco, una cosa che non tutti sanno è che l'oro viene riutilizzato al 100%.

Pensate che attualmente stiamo lavorando oro che è stato già lavorato 70 anni fa. Ciò significa che nell’arco di 70 anni, stiamo ancora lavorando lo stesso oro. In sostanza, capita che un oggetto venga creato, che abbia una vita più o meno lunga, e che dopo un certo numero di anni possa essere scambiato con un oggetto nuovo. 

Quindi, i gioielli che vengono portati in negozio vengono fusi e durante la fase di raffinazione vengono esattamente separati tutti i metalli che vanno a comporli: oro, platino, rame, argento, nichel, palladio, ed è importante sottolineare che vengono assolutamente tutti riutilizzati. Non c'è perdita o dispersione di nulla. Salvo ovviamente che qualcuno perda un oggetto in oro e che poi questo stesso oggetto non venga mai ritrovato. 

Chiaramente, per la raffinazione e purificazione dei metalli ci rivolgiamo ad aziende certificate dal punto di vista ambientale, che quindi utilizzano sistemi di filtraggio ed energia pulita proveniente da fonti rinnovabili.

Ciò vuol dire che il tuo negozio utilizza solo materiale “recuperato”?

Dipende. In poche parole succede questo: ipotizziamo che un cliente entri in negozio perché desidera realizzare un gioiello. Per far questo ci porta 200 grammi di oro da “scambiare” con un oggetto nuovo. Attualmente questa grammatura di oro vale all’incirca 8500€, per cui è come se questa persona portasse con sé questa stessa somma, che noi mettiamo a sua disposizione (come se avesse un credito). Quindi noi prendiamo quest'oro, lo mettiamo insieme all’oro ricevuto da altri clienti (sino a raggiungere il peso di 1,5 kg/2 kg) e poi lo spediamo all’azienda che si occupa di raffinare l’oro vecchio (o rottami auriferi, come li chiamiamo noi). Questa stessa azienda mette così a disposizione del negozio la cifra corrispondente alla quantità di oro da noi inviata, credito che utilizziamo per l’acquisto di oro già raffinato (oro puro) che a noi serve per le nostre creazioni. Come puoi ben capire, questo è un ciclo che avviene in maniera totalmente green. Dopo tutto, l’oro vale 60€ al grammo, non si spreca nulla! 

Per l’appunto, in negozio abbiamo anche un lavandino speciale dotato di un sistema di filtraggio, dove io e i miei collaboratori ci laviamo le mani subito dopo aver lavorato l'oro. Grazie a questo riusciamo a recuperare gli “scarti” di oro che ci rimangono addosso. Recuperiamo poi anche ciò che finisce nell’aspirapolvere e nel filtro della lavatrice. Tutto il quantitativo di oro che raccogliamo da questi sistemi di filtraggio lo mandiamo in un secondo momento alla “solita” azienda.

Gioielli di Alta Gioielleria Italiana

Addentrandoci ancor di più nei vari aspetti del tuo lavoro, pensi che sia cambiato qualcosa con l'avvento dei social media? Se sì, cosa?

Credo che non sia cambiata la modalità di lavorare, quanto il fatto che si è aggiunto un aspetto da curare. In una zona non estremamente turistica e non di passaggio come Agugliano poi, è necessario per noi essere presenti su tutti i social media disponibili, perciò ci siamo rivolti ad aziende specializzate nel settore. In questo modo riusciamo a far conoscere il negozio anche al di fuori della nostra realtà locale. A tal scopo stiamo anche realizzando un sito e-commerce, utile anche a raggiungere l’estero, con cui comunque abbiamo già qualche contatto. 

Non vi nascondo però che malgrado la nostra volontà di crescita, siamo molto combattuti sul puntare sulle vendite online, perché il nostro è un prodotto che rende quasi necessario un contatto “diretto” con il cliente. Nella maggior parte dei casi infatti, il nostro lavoro parte da una persona che si rivolge a noi e ci racconta quelle che sono le sue esigenze. Da qui inizia una discussione, una chiacchierata che può tramutarsi quasi in un'amicizia, perché magari parlando dell’oggetto che il cliente desidera, questa stessa persona arriva a farci delle confidenze, a raccontarci di sé.

Tornando per un attimo a quanto ci hai detto sull’evoluzione del mestiere dell’orafo, anche in seguito alla crisi del 2008, ritieni che oggi si possa ancora investire su questa professione?

Beh, posso dirti che oggi i grandi brand stanno realizzando delle academy, utili ad imparare il mio mestiere. Come ti dicevo poco fa, si è arrivati a questo punto non solo per l’avanzamento della tecnologia, ma a causa della crisi del 2008 che ha cancellato questo lavoro nei centri più importanti. 

In quel momento, c’è chi è andato in pensione anticipatamente e chi ha cambiato mestiere perché non aveva più chance in questo mondo, costretti a reinventarsi. I giovani invece hanno cambiato completamente direzione. In definitiva, in circa 10 anni le generazioni di orafi che ancora sapevano realizzare veramente gioielli a mano sono scomparse. Così oggi che il lavoro in Italia è tornato prepotentemente, non ci sono più professionisti in grado di svolgerlo. Ecco il perché della nascita delle academy. Noi abbiamo proprio questo progetto per il futuro, ma da attuare nelle Marche.

Davvero un progetto importante. Puoi anticiparci qualcosa?

Certo, vorrei portare nelle Marche e nella nostra zona in particolare una realtà accademica che dovrà avere le seguenti caratteristiche: grande, tecnologicamente avanzatissima, che investe tantissimo sui giovani. Chi la frequenta potrà così accedere al mondo del lavoro con un know how di alta qualità, ed impiegarlo nei maggiori centri di lavoro orafo in Italia e forse nel mondo: Caserta, Valenza Po e Vicenza. In fin dei conti, quella marchigiana è una realtà artigiana per eccellenza in Italia. Se non sbaglio, le Marche sono una regione con la qualifica artigianale numero uno in Italia.

Vi siete dati un limite temporale per la creazione di questa accademia?

No, ma per come sono fatto vorrei crearla il prima possibile!


Blanco, uno scrigno di stile a Pesaro
Articolo di Noemi Giommi