Tenuta Santa Lucia: lavorazione tradizionale e sostenibilità

Articolo di Francesco Fravolini

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Tenuta Santa Lucia è in una posizione panoramica poiché la Valle del Tevere è dominata dal Monte Soratte: verdi colline si estendono insieme a rigogliosi vigneti. Siamo a Poggio Mirteto, in provincia di Rieti, a due passi da Roma. Dal 1979 la famiglia Colantuono ha creduto nella bontà del vino sabino. La Tenuta Santa Lucia si estende su 45 ettari rivelati ottimi per la produzione di diverse tipologie di vino di alta qualità: Sangiovese, Montepulciano, Cabernet, Alicante, Carignano, Falanghina, Sauvignon, Malvasia. 

La cantina è di recente costruzione, realizzata secondo le più moderne tecniche di vinificazione, ed è nata dal determinato impegno della famiglia Colantuono-Fiorelli. La vigna è stata realizzata seguendo le più moderne tecniche di vinificazione. L'obiettivo è riqualificare i vigneti delle colline circostanti, affermare e promuovere le potenzialità della produzione vinicola sabina. Ad accoglierci c’è Gabriella Fiorelli, titolare della Tenuta Santa Lucia, alla quale chiediamo di raccontare la storia dell’azienda agricola, sollevando una riflessione sull’agricoltura sostenibile e sul metodo di lavorazione tradizionale.

Quando nasce l’azienda agricola?

«Nasce come azienda viticola nel 1979 quando mio marito, medico chirurgo, amante della viticultura perché proviene da una famiglia di viticultori di Abruzzo, arriva nella Sabina e acquista il primo appezzamento di terreno di circa 20 ettari, dove intende impiantare il vigneto. Questa decisione matura quando mio marito, amante di vini, si accorge che accanto alle piante di olivi si coltiva bene anche la vigna. Nasce invece come azienda vinicola nel 2003 quando, a seguito di corsi da sommelier (è stata sempre la mia passione), riconosco in queste uve, che ormai producevo da anni, alcune qualità particolari, in grado di caratterizzare proprio questo territorio. 

Tutto ciò per conferire una valorizzazione alla territorialità non soltanto limitata all’ulivo e quindi all’olio, ma anche ai grandi vini. Direi che sin dall’inizio quando uscirono le prime bottiglie, le prime etichette nel 2005 ebbero subito delle ottime valutazioni dai critici del settore e anche dai sommelier. Dal 2006 arrivarono i famosi riconoscimenti con il vino Morrone individuato tra i primi vini del Lazio e successivamente gli altri apprezzamenti giunti dalle diverse categorie come miglior vino d’Italia».

Bottaia Tenuta Santa Lucia

Che ruolo svolge l’agricoltura nella Sabina?

«La Sabina è una delle zone, a mio avviso, che è riuscita a rimanere nel tempo più integra ed è impegnata a riconoscere e mantenere all’agricoltura un ruolo decisamente predominante. Tutto questo è possibile poiché è ricca di verde e di ulivi, senza tralasciare la cultura del popolo della Sabina che si manifesta attraverso il rispetto del territorio. Quando si visitano queste località appare evidente la dedizione delle persone verso la coltivazione dell’ulivo e, personalmente, devo anche affermare verso la coltivazione della vigna, giacché ho piantato 40 ettari di vigneto in questo territorio. 

Ma evidentemente la mia scelta non è stata un puro caso: preferire la Sabina come luogo per piantare un vigneto. Personalmente sono di origine etrusca poiché la mia provenienza è Santa Severa, Santa Marinella ma nella Sabina ho notato un grande rispetto verso tutto ciò che rappresenta la produzione agricola. Voglio fare un passo indietro. Quando nel 1979 acquistai la mia prima azienda rimasi assai colpita dal modo con cui condurre l’agricoltura. Oggi si parla molto di sostenibilità ma notai questa filosofia di comportamento sin da quei tempi. Gli agricoltori del territorio erano sostenibili.

Cosa significa? Se mi fossi chiusa nella mia azienda originaria avrei avuto tutto: quattro ettari di terreno coltivato a grano, una porzione di terra seminata a ortaggi, un’altra parte più esposta con uliveto, avevo un ettaro di bosco che ho ancora di proprietà. 

Conviene ricordare che sin dai tempi antichi era importante avere un bosco perché si poteva prendere la legna per il camino, cucinare e recentemente gli abitanti mi chiedono la possibilità di andare a potare qualche pianta nel bosco; con gioia autorizzo questa loro richiesta perché significa essere sostenibili. Ed è proprio in nome della sostenibilità che mi sono innamorata di questo territorio».

Qualche aneddoto sulla cantina?

«Nella scelta della realizzazione della cantina presi in esame l’azienda in via di Santa Lucia nelle vicinanze di una enorme quercia. Tutto ciò perché chi conosce la realtà del territorio della Sabina è consapevole che la quercia aveva dato imponenza, aveva da sempre dimostrato di avere rispetto. 

È bene ricordare che fino a cinquant’anni fa le querce venivano tagliate per fare la legna. L’idea che questa quercia, ed è una delle più grandi in questo territorio, avesse imposto il rispetto soltanto con la sua maestà mi fece riflettere e dissi a me stessa che dovevo realizzare la cantina accanto alla quercia per un semplice motivo: lei è stata imponente nel farsi rispettare, mi auguro che la cantina sia imponente come la quercia nel farsi riconoscere».

Vini della tenuta Santa Lucia

Il metodo di lavorazione?

«Come viticultore e come produttore di vino mi riconosco dopo tanta consapevolezza molto legata alle tradizioni della lavorazione e innovativa nel rispetto delle tradizioni. La vera innovazione, secondo me, è proprio adottare questo comportamento filosofico durante la lavorazione. In poche parole è basilare adottare la metodologia di un tempo ma cercando di applicare la modernità. È del tutto evidente che quando devo torchiare uso le attrezzature, non utilizzo il vecchio torchio a mano. E ciò tanto per raccontare un esempio che spiega il mio modo di vedere la lavorazione. 

Non solo. La mia metodologia è anche nella vendemmia della vigna. E questo perché c’è la passione da parte di molti di fare la cosiddetta vendemmia anticipata. Personalmente voglio rispettare i tempi delle vendemmie di una volta e quindi inizio a raccogliere l’uva a ottobre, classico mese della vendemmia. Quando alcuni colleghi mi chiamano ad agosto dicendomi che stanno facendo la vendemmia resto senza parole perché trovo assurdo anticipare i tempi. 

C’è anche da dire che attualmente con le tecniche possiamo produrre vini stupendi, ma è come se una donna partorisse al settimo mese soltanto perché il feto ha raggiunto il peso idoneo. Per me le uve maturano secondo il loro germogliamento in un determinato periodo e questa fase, se sono uve da vino, non può essere prima di determinati tempi».

Progetti futuri?

«Un buon vino sono riuscita a produrlo, una struttura imponente è visibile, quindi il mio progetto futuro è far sì che più persone possibili conoscano la struttura. È necessario di conseguenza dare molto impulso all’accoglienza, senza dimenticare di diffondere la cultura del vino al fine di spiegare quali sono le caratteristiche della produzione per realizzare un buon

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