Amaro Rubino: un’autobiografia che diventa eccellenza varesina

Articolo di Carlotta Pinto


Nel cuore di Varese nasce un prodotto che racchiude, nel suo sapore ricco e  balsamico, tutta la storia del territorio e tutto l’amore di chi ci ha lavorato.

Amaro Rubino, riconosciuto nel 2022, come migliore liquore d’erbe del mondo ai World Liqueur Awards.

Ciao Matteo, ci racconti come è nata l’idea di creare l’Amaro Rubino?

Matteo Amaro Rubino


Il desiderio iniziale è stato quello di creare qualcosa di buono, artigianale ed  ecosostenibile. L’ecosostenibilità è un nostro principio e fondamento.  

La storia che c’è dietro ad Amaro Rubino è abbastanza singolare. Parte tutto dalla convivialità tra amici, perché io ero abituato a creare liquori fatti in casa da provare  durante le nostre serate. 

In una di queste nel 2016 decido, insieme alla mia compagna, di creare un prodotto, che allora era un semplice liquore casalingo, da regalare a Natale agli amici. Fabbrichiamo anche l’etichetta e le bottiglie per questa occasione. 

Non era ancora “Amaro Rubino”, all’inizio si chiamava “L’Elisir del Capriolo in Amore”: sull’etichetta c’era un capriolo sexy e ammiccante. Da qui è rimasto il desiderio di creare qualcosa di artigianale e serio, da proporre sul mercato. 

Quindi inizia la ricerca appassionata della ricetta, che dura due anni. Una ricerca  fatta di molte esperienze, soprattutto di peregrinazione nei boschi della provincia di  Varese. Le erbe tipiche dei boschi della zona Prealpina rendono l’amaro  un’espressione del nostro territorio.  

Ed è anche un amaro fatto di incontri, relazioni umane, tra persone esperte di  erboristica e piccoli coltivatori che hanno aperto le loro case e le loro aziende  agricole per condividere con me la loro esperienza.  

Il nome “Amaro Rubino” è evocativo e affascinante. Puoi raccontarci cosa  rappresenta e come hai scelto di chiamarlo così?

Grazie per l’affascinante! Ma Rubino è semplicemente il mio cognome. Dopo mesi e  mesi di continue elucubrazioni per cercare di capire quale fosse il nome da dare a  questo amaro degli amici mi hanno fatto capire che avrei potuto benissimo utilizzare  il mio cognome.  

Quali sono gli ingredienti principali che rendono unico l’Amaro Rubino? Ci  sono elementi locali o tradizionali che hai voluto valorizzare? 

Come dicevo prima, Amaro Rubino è l’espressione del nostro territorio, che io  definisco “terra dei laghi prealpini”. 

Noi siamo di Varese, una terra circondata oltre che da montagne, da molti laghi e molti boschi, è una zona molto verde. Nel mio prodotto c’è una località e una tipicità molto incisiva.  

La svolta è stata quella di inserire il miele, che non è un ingrediente tipico degli amari  tradizionali. 

Utilizziamo un miele millefiori che viene prodotto su una montagna a mille metri, che si chiama Monte Martica, qui vicino a noi. Questo è stato l’ingrediente che l’ha reso unico.  

Nel 2022 viene riconosciuto come migliore liquore d’erbe del mondo presso la giuria dei World Liqueur Awards. Penso che abbiamo notato l’originalità data soprattutto dal miele.  

Gli altri due ingredienti principali sono la camomilla e i fiori di sambuco, che donano  una sensazione floreale. E poi ci sono altri diciassette ingredienti tra erbe, fiori,  radici, bacche. 

È presente anche un pizzico di liquirizia calabrese che, ovviamente, non c’entra con la tipicità del territorio, ma essendo una ricetta biografica ho voluto rendere omaggio ai nonni paterni che provengono dal sud. 


Oltre 700 artigiani hanno già scelto ItalianBees per raccontare la loro storia. 

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La produzione artigianale è un aspetto centrale del tuo lavoro. Raccontaci quali processi rendono l’Amaro Rubino un prodotto autenticamente Made in Italy? E come si inserisce l’ecosostenibilità in questo processo?

Amaro Rubino Worlds best herbal


L’artigianalità sta nel fatto che l’amaro viene prodotto manualmente, in modo tradizionale. Si tratta di una produzione fatta a piccoli lotti, di mille massimo duemila bottiglie alla volta. Questo consente di avere una supervisione qualitativa notevole. 

Tutta la filiera viene seguita da me personalmente e la selezione delle erbe viene fatta presso piccoli coltivatori biologici o biodinamici consorziati. Inoltre, come  dicevo, teniamo molto all’ecosostenibilità. Partendo da tutti gli aspetti produttivi fino  al packaging, e alla logistica che muove poi tutti i prodotti in giro per l’Italia; stiamo  molto attenti a non utilizzare plastiche e derivati. Cerchiamo, quanto più possibile, di essere a chilometro zero e di compensare, ogni giorno di più, il nostro impatto sull’ambiente.

Con l’Amaro Rubino vuoi promuovere un’esperienza legata al gusto e alla  convivialità. Come immagini il tuo amaro servito e in quale momento ideale  della giornata?

Io ho sempre pensato all’amaro, ricollegandomi alla tradizione liquoristica italiana, come una responsabilità per proseguire una storia ormai secolare.  

Il suo uso primario è sicuramente quello digestivo, quindi da consumare dopo un pasto, un pranzo o una cena. Però, fin dagli esordi della sperimentazione della ricetta, ho sempre voluto dare qualcosa in più. 

L’ho sempre pensato anche come un ingrediente all’interno di cocktail più o meno classici. Oggi l’amaro è molto versatile in miscelazione, per esempio può essere utilizzato al posto di un vermouth.  

In inverno è possibile bere questo amaro dopo averlo scaldato un pochino. Il calore fa rilasciare tutta la sua componente balsamica e si può utilizzare per fini terapeutici.

Quali sono i tuoi progetti futuri? Possiamo aspettarci nuove varianti di Amaro  Rubino o altri prodotti ispirati alla tua visione artigianale?

L’idea è quella di proseguire con questa vocazione artigianale, naturale ed  ecosostenibile. Stiamo già sperimentando.  

L’anno scorso è uscita una variazione sul tema dell’amaro che si chiama Amaro Rubino Lunatico. Ha un carattere tutto suo, per questo l’abbiamo chiamato così. Parte dalla formula originale, ma ha un gusto molto più deciso, che vira  sull’agrumato e sul balsamico.  

Stiamo lavorando ad altri prodotti, tra cui – lo dico in anteprima – un vermouth.  

Un’altra sfida che ci aiuterebbe a raccontare e a soddisfare altri obiettivi di ecosostenibilità sarebbe quella di aprire una sede produttiva qui nel territorio, che sia  anche una casa Rubino. Per tornare agli esordi e ospitare tutta la gente che ci ha  aiutato durante questo percorso e a cui vogliamo molto bene. 

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Carlotta Pinto June 28, 2025
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