La realtà creata da Nunzia Laura nel cuore della città di Napoli combina l’arte orafa con la leggenda, la mitologia e le radici arcaiche. “Nymphè archeologia e gioielli” è ricerca costante di un nuovo design e collaborazione con figure esperte, per proiettare l’idea verso il futuro e parlare di storia da un punto di vista nuovo e originale.
Ciao Nunzia, raccontaci chi sei e cos’è Nymphè
Ciao a tutti, sono Nunzia Laura e sono la titolare del marchio “Nymphè archeologia e gioielli”. Il mio atelier si trova in via Melisurgo nei pressi del porto di Napoli e ho avviato il progetto grazie a un finanziamento iniziale del Bando Cultura Crea.
Sono la titolare del marchio, ma in realtà nasco come archeologa! Infatti, i gioielli Nymphè sono dei gioielli “culturali”, ovvero gioielli che non si esauriscono dal punto di vista estetico ma vogliono raccontare una storia. Una storia che è fatta proprio dagli archeologi e quindi ispirata a un reperto, un sito, un monumento o un soggetto archeologico.
Sicuramente rappresentano una novità, dal momento che la loro origine e il loro obiettivo è la comunicazione. Noi archeologi sappiamo che la comunicazione è anche quella definita “disseminazione” ed è solo uno degli scopi della ricerca. Questi gioielli non sono altro che un media differente, cioè uno strumento per parlare della storia. Per ogni pezzo, ho pensato anche ad un certificato allegato con un articolo archeologico scritto da professionisti esperti, che approfondisce la narrazione del soggetto scelto.
Sono delle micro opere d'arte e di artigianato. In atelier c’è l’esposizione e qui svolgo soprattutto un lavoro di design, mentre la lavorazione si svolge in collaborazione con altri artigiani.
Quando inizia il progetto?
Tutto è iniziato tra il 2017 e il 2018, quando ho deciso di creare una prima linea di prototipi per una collezione ispirata all’età orientalizzante, ambito in cui mi sono specializzata da archeologa.
Partendo dai modelli in cera, ho realizzato la prima collezione di Nymphé praticamente da sola e poi, grazie ad un orafo esperto, ho approfondito le prime fusioni e le successive fasi. Inoltre ho curato un catalogo, investendo su contenuti e foto professionali in modo da potermi presentare nei Musei, perché la prospettiva è infatti quella di collaborare con sempre più bookshop e magari dedicare apposite creazioni alle specifiche collezioni museali.
La prima esperienza è stata presso il bookshop del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. I primi pezzi che ho creato sono state le cosiddette “fibule” ossia spille con decorazioni in ambra, che sono state anche le protagoniste della mia tesi di dottorato.
Dietro molti altri soggetti c’è soprattutto la rielaborazione e la reinvenzione di nuove forme che si ispirano a reperti di tutt’altra natura, come un mosaico o un affresco. Infatti, tra i gioielli più richiesti c’è il girocollo con il “Tuffatore di Paestum”, la nota decorazione parietale di una tomba a cassa. La destrutturazione di quell’immagine prende la forma di un prezioso.
Dicevi che Nymphè è anche collaborazione con altri esperti...
Sì, è vero. L’inizio di tutto è il reperto, poi interviene la creatività con la quale visualizzo l'oggetto finale e questo è possibile grazie all'esperienza maturata in questi anni con un apprendistato fatto in un laboratorio orafo.
Passo quindi al disegno e poi entra in gioco la rete con gli altri artigiani che, con i propri metodi di lavorazione, si occupano dei vari aspetti: per esempio, c’è chi è esperto nell'utilizzo della macchina e realizza la smaltatura dei gioielli, chi realizza un modello con stampante 3D, chi lavora in digitale e chi lavora su lamina con incisione a mano o laser etc.
Ecco quindi che, avendo un ventaglio ampio di tecniche a mia disposizione, posso dire di non avere limiti creativi. A seconda del risultato finale che voglio ottenere so già quale deve essere il percorso da seguire e con chi.
Quindi fare rete è sia un modo per preservare le tradizioni, sia per guardare avanti.
Sicuramente. Nymphè è uno specchio di un artigianato locale, non è solo una questione di Made in Italy. Riesco a coinvolgere professionisti che lavorano con delle tecniche particolarmente antiche e che si stanno perdendo.
Tutto questo è possibile trovarlo nella città di Napoli, in particolare nel famoso Borgo degli Orefici, una realtà straordinaria fatta ancora di persone che appunto portano avanti mestieri quasi d’altri tempi. Uno degli obiettivi è anche di assimilare alcune di queste tecniche in via di estinzione e questo sicuramente ha anche una finalità culturale.
La mia sede non è propriamente al Borgo degli Orefici, consapevole del fatto che oggi è anche importante intercettare un pubblico vario come quello turistico. Per me è anche importante distinguersi dalle forme dell'arte orafa più classiche, seguendo un taglio nettamente più di ricerca e se vogliamo scientifico e moderno, che può raggiungere una clientela più ampia.
Quali sono i tuoi gioielli di punta?
C’è una linea dedicata agli archeologi che si chiama “Siamo archeologi” e che riproduce in miniatura gli attrezzi e gli strumenti usati nell'ambito della professione. Questa vuole essere una forma di identificazione naturalmente, ma c’è anche la volontà di far conoscere una professione forse poco capita.
La linea può essere apprezzata sia da chi è del ramo, sia da chi non lo è. Io spesso parlo di una clientela “consapevole”, facendo riferimento a quelle persone che semplicemente hanno una particolare sensibilità e amano indossare qualcosa che abbia un significato, per comunicarlo a loro volta.
Progetti per il futuro?
Da quando ho finalmente realizzato il sogno di aprire un atelier, vorrei che questo posto diventasse anche una sorta di salotto archeologico/culturale e quindi un luogo di incontri, presentazioni e conferenze. Oltre naturalmente a pensare a creazioni sempre più particolareggiate da proporre al pubblico e ai Musei.
Mi piacerebbe anche raccogliere tutti i contenuti della ricerca e dei futuri sviluppi in una rivista.
Scopri tutti gli artigiani della Campania con noi di Italian Bees. Storie che raccontano la magia del Made in Italy.