A pochi passi dal Teatro Massimo, uno dei maggiori simboli della cultura e della storia palermitana, esiste uno spazio dedicato alla sartoria e all’artigianato Made in Italy. Qui Daniela Vinciguerra, proprietaria di Vuedu, assieme a uno staff competente crea abiti intesi come veri e propri oggetti di design.
Conosciamo Daniela dell'azienda Vuedu
Sono Daniela Vinciguerra e sono un architetto: i miei studi universitari sono legati all’architettura. Sono approdata in maniera piuttosto insolita alla moda, aprendo il mio primo studio di architettura: qui si svolgeva esclusivamente questa professione, e vi avevo inserito una piccola produzione di arredi tessili. I miei clienti si innamorarono follemente dei miei tessuti, poiché avevo una buona capacità di ricercare tessuti particolari. Una cliente un giorno mi ha detto: questo tessuto è bellissimo, perché non realizzi una gonna? Così, un po’ per scherzo, ho realizzato le prime gonne con tessuti di arredo.
Casualmente una giornalista della testata Elle le ha viste, e ha voluto farne un servizio fotografico. Le hanno chiamate gonne “ingegneristiche” perché non avevano taglie, si trasformavano allargandosi e stringendosi. A questo primo articolo ne sono seguiti altri – mi ha chiamato anche Glamour.
Così, quasi un po’ per scherzo, sono tornata a un vecchio amore, che esisteva anche prima che intraprendessi la strada di architetto: la moda. All’inizio ho avviato una piccola produzione di abbigliamento assieme a una sarta locale, qui in Sicilia, a Palermo. Da lì in poi è stato un crescendo.
Nella mia attività ho infuso un grande amore nei confronti dei tessuti e della forma, che mi accompagna dagli studi architettonici; ma anche amore per la scelta dei colori e degli abbinamenti, che proviene invece dai miei studi artistici. Insomma ho combinato questi diversi aspetti.
Quando sono uscite le prime collezioni, ho pensato di non venderle soltanto nel mio showroom. Ho cominciato a partecipare a fiere di settore; all’inizio si trattava di fiere più modeste, ma poi, partecipando a fiere un po’ più serie, legate al mondo della moda. Ho cominciato a frequentare Parigi, poi Milano. E ho cominciato ad avere i primi ordini. All’inizio mi appoggiavo a laboratori esterni in Sicilia, per l’esattezza a Bronte. Io e la mia sarta ci occupavamo della prototipazione, ovvero della creazione dei modelli. Cercavo anche di acquistare tessuti naturali, Made in Italy. Per un certo periodo ho usato anche i tessuti di arredo. Gradualmente ho migliorato sempre di più il mio approccio alla moda.
Ancora oggi continuo a fare l’architetto, mi divido tra questa professione e quella di stilista, e inoltre gestisco anche il mio showroom. Qui vendo il marchio Vuedu, prodotti di altri brand selezionati, e oggetti di design abbinati ai vestiti.
Come nasce Vuedu? Qual è il carattere di questo brand?
Vuedu sono le mie iniziali: Vinciguerra Daniela. Volevo che fosse un nome un po’ francese. Oggi ho l’esigenza di seguire in ogni passo e dettaglio le mie produzioni, a cominciare dai prototipi. Ho creato una sartoria, con uno staff con modellisti e sarti, dove realizziamo questi prototipi, li studiamo, modifichiamo con un’attenzione che è mia e mi appartiene. Non ho esternalizzato né la produzione dei prototipi né la produzione in sé. Ho uno staff di esperti di cui mi fido, tra i quali anche ragazzi non italiani, perché ho aderito all’iniziativa delle “Aziende accoglienti”. Ho assunto due ragazzi non italiani che meritano ogni supporto perché sono bravissimi.
Cosa contraddistingue la scelte etiche di Vuedu?
Mi piace pensare che Vuedu sia un’azienda lineare, nella quale tanto io produttore quanto il cliente fruitore sono nelle condizioni di conoscere tutti i passaggi che si svolgono per arrivare al prodotto finale. Oltre a questo, ricerco tessuti Made in Italy. A volte li acquisto, altre volte addirittura li faccio tessere o stampare in base alle esigenze della collezione. A partire da questo passaggio, viene elaborato il prototipo all’interno di uno spazio sartoriale, nel quale posso controllare la qualità della mia produzione. Riesco a gestire le piccole produzioni anche nel mio laboratorio. Nel caso di produzioni più consistenti mi appoggio sempre a laboratori sartoriali in Sicilia. Questo percorso progettuale è assolutamente leggibile, pulito, ed è una cosa che mi piace della mia azienda.
Un aspetto che per me è molto importante è il fatto che il capo Vuedu è un capo che ha una sua qualità nel tempo. Viene realizzato in maniera sartoriale con delle caratteristiche proprie della vecchia maniera di fare un abito. I dettagli, la cura, il tipo di chiusura: tutto è fatto come nel passato. Addirittura qualcuno mi ha chiesto se si trattava di abiti vintage, perché si riconosce questo modo di lavorare tipico di una volta, riscontrabile anche nella qualità degli abiti. Poi, osservando le forme, esce fuori quella natura progettuale e architettonica che mi appartiene, più moderna, di design. Sento un connubio tra il passato e il presente.
Dove vengono commerciati i prodotti?
La commercializzazione del prodotto Vuedu avviene all’interno del mio showroom, frequentato da clienti fedelissime al mio prodotto. Molto spesso mi capita anche di mescolare i miei abiti a quelli degli altri brand all’interno del mio negozio, e mi accorgo che le mie creazioni sono assolutamente riconoscibili. Chi è innamorato del brand Vuedu, tira fuori dall’appenderia, in mezzo a tanti abiti, solamente gli abiti Vuedu. Questo mi conforta, perché vuol dire che ho fatto bene, che il mio linguaggio è riconoscibile.
Per quanto riguarda la commercializzazione in Italia e all’estero, è legata alle fiere di settore. Fra i maggiori acquirenti vi sono molti arabi. Inizialmente non mi spiegavo la motivazione di questi acquisti, e ho pensato che fosse legata alla presenza dei molti italiani in questi territori. Ma poi ho compreso che ciò risponde a una necessità propria del buyer arabo, ovvero quella di personalizzare l’abito. Essendo la mia una produzione sartoriale, io posso rispondere a richieste quali l’aggiunta le maniche, di allungamento del capo – cosa che in una produzione industriale non può avvenire.
Siamo presenti anche sul mercato americano. Mi ha divertito moltissimo, perché nel mio lavoro mi diverto moltissimo, vendere in Texas una collezione di lane con tori a rilievo, che avevo disegnato io e sono andati a ruba. Vendiamo anche a San Francisco. Vendevamo anche in Russia, ma purtroppo non più, data la situazione attuale. Nell’ultimo periodo ho recuperato anche alcuni contatti con l’Italia, che avevo anche un po’ perso, preferendo le fiere all’estero. Adesso cominciamo ad avere anche punti di riferimento in Italia, dove forniamo le nostre collezioni.
Perché portare avanti una scelta artigianale, sartoriale, nonostante i possibili margini di difficoltà?
Vuedu è una realtà non grandissima, ma una realtà che ha scelto di essere, nel mondo della moda, di tipo sartoriale. Avrei potuto realizzare i miei prototipi, appoggiarmi poi a delle industrie per una produzione seriale, ma mi piace l’idea di continuare con la sartorialità per garantire un’alta qualità del prodotto, un suo controllo dall’inizio alla fine, e anche per garantire una personalizzazione a chi lo richiede. Credo che comunque sia un bene la convivenza di tutte le realtà legata alla moda, secondo le scelte di ciascuna: industriale o sartoriale. Probabilmente la mia rimarrà un’impresa più piccola, ma con qualità.
La scelta artigianale è una scelta ponderata, è un modo di essere nel mondo della moda, forse con maggiori difficoltà nel fare, ma per me è importante raggiungere quella qualità che io, col mio brand Vuedu, voglio mantenere.
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