Perugia, nel Medioevo, è stata un polo tessile internazionale, nota per la sua produzione, il cui fiore all'occhiello erano i “pannili alla peroscina”: stoffe bianche con bande blu, occasionalmente marroni, nate intorno alla fine del XII secolo come arredo sacro. La loro rilevanza è confermata dalla frequenza con cui sono raffigurate su dipinti e affreschi di grandi artisti come Giotto, Ghirlandaio e Leonardo Da Vinci ne “Il Cenacolo”. I pannili, come gli affreschi, dovevano narrare storie, per lo più sacre, con simbologie facilmente comprensibili per le masse analfabete. La produzione venne stroncata dalla Guerra del sale del 1540, un'insurrezione del territorio di Perugia contro Papa Paolo III che, per punire la città, proibì la produzione tessile a fini commerciali. I “pannili” furono conservati come reliquie nelle chiese umbre, posti a contatto con la pietra d'altare, considerati l'unica stoffa abbastanza pura da poterlo toccare.
A Perugia, c’è un luogo fermo nel tempo dove si continua fedelmente il mestiere della tessitura, con gli stessi macchinari e tecniche, e con le innovazioni di quattro generazioni di donne che si sono avvicendate in oltre cento anni di storia: abbiamo incontrato Marta Cucchia, l’ultima erede e titolare del Museo e Atelier Giuditta Brozzetti.
Storie che raccontano la magia del Made in Italy, con le video interviste disponibili su YouTube:
Quando e come nasce l’Atelier?
La mia bisnonna, Giuditta Brozzetti, durante la Prima Guerra Mondiale, scoprì che nel contado umbro molte famiglie possedevano ancora un telaio per realizzare in casa tessuti per il fabbisogno domestico. Principalmente filati molto semplici ma alcune di queste famiglie conservavano una tecnica medievale del XII secolo di lavorare con più licci, ossia pedali, ottenendo una piccola gamma di motivi decorativi. Questa tecnica, tramandata oralmente di madre in figlia, affascinò Giuditta, che, terminata la guerra, nel 1921, aprì il laboratorio e acquisì questo codice segreto che non abbiamo mai più cambiato. Il suo scopo era duplice: ridare vita a questa enorme produzione ed emancipare economicamente le tessitrici, donne del contado che fino a quel momento, al massimo, usavano le stoffe come merce di scambio. Oggi utilizziamo ancora quelle tecniche, i nostri telai sono originali ottocenteschi, con l’aggiunta delle migliorie di quattro generazioni di donne in un secolo di storia.
E la tua impronta?
Le donne prima di me sono state imprenditrici, davano lavoro ad altre donne che avevano questa capacità nelle mani pazzesca. Mia mamma voleva chiudere l’attività per i costi elevati, io le chiesi di aspettare che imparassi a tessere. La tessitura era un’arte antica tramandata di generazione in generazione; le tessitrici di mia mamma avevano imparato da quelle di mia nonna. Se io non avessi imparato quest’arte, sarebbe andata persa. Io ho iniziato a “sporcare” la produzione mescolando stili e colori, motivi etruschi con quelli medievali, scritte latine e decori rinascimentali. La prima volta, mia madre, grandissima studiosa (ciò che ti racconto è frutto dei suoi studi meticolosi e attenti), si mise le mani nei capelli! Adesso, con mia grande gioia, tre nuove socie prendono in mano il testimone di questa tradizione.
Parlami di questi telai: cosa li distingue tra loro e come si realizza il manufatto finito?
Uno dei telai che utilizziamo è il telaio a pedali o a licci. Questa tecnica antichissima di tessitura prevede che ad ogni pedalata corrisponda un motivo decorativo diverso. Di fatto il tessitore crea il decoro con i piedi: così manovra l'ordito, a ogni posizione dei pedali corrisponde un'apertura e un lancio di trama, e trama dopo trama, si crea il motivo decorativo. In passato, le ricamatrici analfabete, non avendo un codice scritto, cantavano per ricordare i motivi, trasformando il processo in una sorta di danza. Questa tecnica è antichissima, ha attraversato tutto il mondo e tutti i tempi, dagli antichi egizi che tessevano i teli funebri di lino con una tecnica simile, alle donne africane che, non avendo il telaio, tessevano legando in vita la stoffa tesa a una roccia. Giuditta comprò il codice segreto e qualche anno fa io ho scoperto che con questo potevo riprodurre addirittura il tessuto raffigurato dal Pinturicchio nella Madonna dei fossi.
Un’altra tecnica utilizzata è quella del telaio Jaquard, brevettato nel 1801 in Francia, considerato il primo computer al mondo per la sua capacità di leggere un sistema binario. Qui il decoro è impostato nelle schede, che sostituiscono i licci, lette dalla macchina che sovrasta telaio e tessitore. C’è sempre l’ordito ma c'è un solo pedale, pigiandolo sollevo i fili che corrispondono ai vuoti e pieni impostati nelle schede. Per mandare la navetta utilizzo una tecnologia settecentesca, con l’ausilio di una corda, lancio una scudisciata e la mando dall'altra parte. Un procedimento semplice che fu, ai tempi, rivoluzionario!
Questa è la lavorazione ma come nasce il manufatto?
Partiamo dall'ordito, che monto a mano unendo i fili residui a quelli nuovi, uno ad uno. Poi c’è il disegno che serve per impostare il programma per le schede, più o meno abbiamo 230 disegni in attivo ad ora. Lo realizzo su carta tecnica millimetrata e, partendo dalla prima riga in basso, posiziono uno per uno i chiodini nella matrice che poi viene chiusa e martellata. Così creo una delle schede della catena che una volta pronta viene montata sul telaio Jaquard. Per il telaio a licci, invece, servono solo pazienza e gambe buone.
Cosa produce l’Atelier Giuditta Brozzetti? Qual è il prodotto che la clientela predilige?
Produciamo centrotavola, sciarpe, cuscini e i nostri amatissimi segnalibri con il Grifo di Perugia o con la fuseruola in ceramica di Deruta. Realizziamo borse artigianali e, su ordinazione, tende e tovagliati personalizzati per l’arredamento d’interni, (io sono un architetto d’interni in effetti!). L'ordito di base è sempre di cotone per garantire che i nostri prodotti siano lavabili in lavatrice. La trama può essere di lino, seta, cashmere, oro o argento.
Il futuro dell’Atelier?
Con me ci sono due nuove socie, Sophie e Odelie, tra poco ci sarà anche Alessia, che porteranno avanti questa tradizione. Preservare il “saper fare” è vitale per le botteghe artigiane e si può mantenere solo con un affiancamento di anni. Io sto ancora imparando!
L'Atelier Giuditta Brozzetti non è solo un luogo di produzione tessile, ma un baluardo di storia, cultura e innovazione, dove ogni pezzo è un racconto antico che continua a vivere grazie alla passione e alla dedizione di chi ne ha raccolto l'eredità.
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