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Quando si conosce Roberta Pavone, artigiana e orafa designer, si ha l’impressione di accedere al mondo di una persona speciale, circondata da una particolare aurea luminosa che le illumina il viso quando ti mostra i suoi gioielli o quando da un filo d’argento crea un piccolo capolavoro di oreficeria, solo per mostrare le tecniche del suo lavoro. Poi si comprende che tanta luce deriva dalla gioia e dall’entusiasmo con cui ogni giorno crea i suoi piccoli tesori. E così parla di fisica e degli errori che le hanno permesso di imparare per non sbagliare più: lo fa ancora con gli occhi di una persona innamorata del suo lavoro, scelto quando era solo una bambina e già si immaginava nell’atto di compiere magie all’interno del suo laboratorio. E forse è proprio per questo che i suoi gioielli infondono luce e raccontano storie. Sempre.
Quando hai scelto di diventare un orafo e di avviare una tua attività?
La mia attività nasce nel 2004, dopo aver lavorato in un laboratorio orafo, per una grandissima passione, ovvero il sogno di diventare un orafo. Già da piccolissima giocavo con i gioielli di mia nonna, che su di me avevano una forte attrazione: aprivo tutte le scatole, guardavo i suoi gioielli e facevo finta di fare le bancarelle e venderli. Mi hanno sempre affascinato e, per me, questo mondo scintillante era una specie di chiodo fisso. Ma non mi interessava possedere il gioiello, piuttosto ero attratta dall’idea di poter creare qualcosa di irripetibile e per questo ho sempre desiderato fare l’orafo.
Dove prendi ispirazione per le tue creazioni?
La mia produzione spazia dall’argento all’oro. I gioielli in oro sono prodotti di nicchia, pezzi unici e spesso molto particolari. In argento, invece, ho realizzato alcune collezioni come quella con il calco della Presentosa, oppure con i calchi di noci o di sassi che trovo in giro, durante le mie passeggiate. Queste ultime due sono delle collezioni a cui tengo particolarmente, perché riescono a legare il mio contatto con la natura, il modo in cui osservo tutto quello che mi circonda con i miei gioielli; in questo modo riesco a trasferire le mie emozioni nelle collezioni che realizzo, che sono sempre diverse tra di loro. Abbiamo per esempio il guscio di noce, realizzato seguendo l’idea di un fiore, oppure una pigna. Un altro esempio è la collezione Adam, nata dopo un viaggio ad Amsterdam con mio figlio. Dormivamo su una barca e la sera, dopo tanto camminare e pedalare, vedevamo con Google il tragitto che avevamo fatto e questo simbolo rosso era il puntino della nostra posizione. Il nome Adam l’ho scelto perché il wi-fi della barca era A-dam. Ecco, questo è un esempio di come nasce l’ispirazione per una mia collezione.