Calzificio Vitrano, fatte a mano dal 1906

Articolo di Vassily Sortino

Una storia importante, fatta di calze da quasi 120 anni. 

Già, le calze. Quell’indumento che indossiamo quasi quotidianamente – anche in estate per i più eroici – e che usiamo sia per avere un cuscinetto di protezione tra il piede e la scarpa, ma anche come modello di seduzione. 

E tra i posti dove ancora le calze si fanno a mano, senza disdegnare il supporto delle macchine, a Palermo, nella sede di via Giuseppe Ingegneros, c’è il Calzificio Vitrano, gestito da Claudio Franchina, imprenditore che, dopo tre generazioni, ha acquisito il marchio e ha continuano la tradizione di un luogo che a Palermo è simbolo di qualità.

E le calze sono di tanti tipi. Così, da Calzificio Vitrano è possibile trovare tante linee: cotone lunghe e corte, cotone soft, lana merinos lunghe, misto lana lunghe, cashmere seta lunghe, seta lunghe e fantasmino unisex. 

Insomma, tutto quello che si può desiderare per coprire il piede è qui. 

Claudio Franchina, quando nasce questo calzificio artigianale, forse unico in Italia e che segue antiche tradizioni di lavoro?

«Il Calzificio Vitrano nasce nel 1906, gestito dalla famiglia Vitrano, che in piazza Giulio Cesare a Palermo aveva una sua bottega, dove le calze venivano create con i ferri dalle sarte. 

La seconda generazione ha poi spostato la sede storica in centro città, accompagnando al lavoro a mano, anche quello con le macchine. 

Tutto accadde dopo la seconda guerra mondiale e questa azienda è stata una degli esempi del “miracolo italiano” dal punto di vista economico. Io rappresento la quarta generazione, non di Vitrano, ma dei proprietari del calzificio, di cui ho comprato il marchio storico».

Che tipi, con che tessuti e che linee di calze producete qui?

«Questo è un calzificio che si è specializzato negli anni, nella produzione di calze sia lunghe che corte. Per lunghe intendiamo sopra il ginocchio e per corte sotto. Poi c’è la “mezza calza”, ancora più corta. 

I filati che normalmente utilizziamo sono quelli di cotone, che dividiamo in tipologie. La più leggera è il filo di Scozia. Poi utilizziamo il caldo cotone, la lana merinos 100 per cento e poi anche il cashmere-seta, che è 70 per cento cashmere e 30 per cento seta. Naturalmente c’è anche la calza 100 per cento in seta

Poi facciamo dai fantasmini adattabili alla soletta per il mocassino. Non mancano inoltre le calze su misura per chi ha problemi di vestibilità rispetto alle taglie normali. Non manchiamo anche nella produzione di calze sanitarie, specifiche per coloro che hanno problemi di circolazione, senza l’elastico». 

E tra tutte queste calze, quale può essere considerata un simbolo aziendale?

«Tra le calze che produciamo ci sono modelli che sono particolarmente venduti e che sono sempre piaciute. Per esempio noi produciamo una calza che chiamo “La leggerissima”, che può essere indossata anche nel periodo estivo e con le alte temperature. Le nostre calze sono apprezzate per la resistenza e per l'elastico che non stringe, tengono la gamba e non si sfibrano tanto facilmente».

Volendo partire da zero, come si costruisce una calza?

«Sembra facile, ma non lo è. Si parte dal filato, lo si inserisce nella macchina, che è un tubo circolare con degli aghi. A questo punto si fa la maglia. La calza esce aperta sulla punta e c’è un’altra macchina che si chiama Rosso, dall’ingegnere che l’ha ideata, che chiude la calza. 

Poi c’è la macchina detta Rotostiro che fa il lavaggio e l’asciugatura delle calze, che si bagnano, si centrifugano e si stirano. La calza poi è posata nel tavolo e inizia il controllo di qualità, che da 120 anni qui in questa azienda si fa a mano e calza per calza. Questo è importante da fare sapere e lo ribadisco: calza per calza».

Quali sono i parametri per avere una calza perfetta?


La calza perfetta non esiste. Ci sono dei nostri standard di produzione, ma è poi il cliente a chiedere delle modifiche. La perfezione è in base alla richiesta del committente che può chiedere un elastico più o meno largo o un tessuto più o meno stringente. Noi qui copriamo il 95 per cento delle possibilità, ma se una persona ha la gamba più lunga o il piede più piccolo del normale, dobbiamo necessariamente riadattarci e personalizzare.

Come avviene l’etichettatura di una calza?

«L’etichettatura delle calze avviene tramite una macchina tedesca risalente al 1950 che si chiama Pfaff. Si posizionano i cavallotti per l’etichettatura e la macchina si occupa di cucire l’etichetta e destra e a sinistra. C’è da dire che questa un tempo era una macchina che serviva a cucire i bottoni e che è stata modificata per ragionare da destra verso sinistra e non dall’alto verso il basso».

Quali sono gli obiettivi di un calzificio che vive da oltre un secolo e resiste alle grandi aziende grazie alla sua produzione artigianale?

«Restare in piedi e pagare le tasse è già un grande obiettivo. Un altro potrebbe essere ingrandirsi sempre di più. Ma dobbiamo tenere conto delle condizioni attuali, quindi l'obiettivo principale, a breve termine, è quello di implementare la vendita sulla piazza di Palermo e poi in Italia. Perché molti, troppi, tanti palermitani, pur vivendo qui, non conoscono questo calzificio. I margini per crescere ci sono tutti».

È tempo di tornare tra i filati. Claudio, con l’aiuto d sua moglie, controlla una per una le calze che andranno in vetrina. Ma prima c’è da fare l’etichettatura con il logo storico: un signore che su muove lungo le strade in penny fathing – la bici con la ruota alta tipica di inizio Novecento –  e che mette in bella mostra, naturalmente, le sue calze.

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Calzificio Vitrano, fatte a mano dal 1906
Vassily Sortino 16 giugno 2025
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