Un imprenditore agricolo dall’animo multitasking, che non si arrende al cambiamento climatico e alla siccità. Anzi, ne vuole utilizzare le reazioni in natura, sfruttando la spontaneità della produttività della terra. È una persona che davvero non ferma neanche la crisi idrica, è Sebastiano Carrubbia, responsabile della gestione delle attività di Casale di Campo, azienda agricola in contrada Bosco Falconeria a Partinico, che ha deciso di puntare tutto su tre fattori: il biologico, il rapporto diretto con il cliente, la produttività spontanea del terreno. Così, accanto alle coltivazioni classiche come pesche, albicocche, susine, uva, olive e ortaggi, nei 20 ettari di estensione troviamo anche la malva, i cavolicelli, la cardella ed erbe aromatiche come la calendula. Ma non è tutto. Dalle pesche, dalle albicocche e dai pomodori, Sebastiano ha saputo anche trarre succhi e marmellate, da chiudere in contenitori e in barattoli da accompagnare con etichette da lui stesso ideate.
Sebastiano Carrubbia, quando nasce Casale ci Campo?
«Nel 2012, con l’obiettivo di creare una cooperativa, in collaborazione con le altre aziende del territorio locale. Ci siamo specializzati in colture come pesche, albicocche e olive per olio. Col tempo abbiamo allargato anche ad altro i nostri obiettivi, grazie e a causa delle dimensioni sociali e ambientali. Oggi produciamo, acquistiamo e rivendiamo i prodotti locali. Abbiamo anche iniziato a produrre col sistema biologico e abbiamo scelto la strada della sostenibilità. Da qualche anno ho imparato a sviluppare prodotti lavorati. Io mi occupo della parte grafica e produttiva e del laboratorio di trasformazione».
Perché siete passati dal settore unicamente produttivo ad aggiungere quello della vendita diretta?
«Per avere un contatto diretto col consumatore. Sviluppando questo canale di vendita abbiamo capito anche la necessità di aprirci anche al settore dei prodotti lavorati».
Per cosa i clienti vi hanno come punto di riferimento?
«Per il fresco di qualità, ma anche per i pesti e i succhi di frutta. Uno dei prodotti più venduti è il pesto di limoni e di avocado».
Quale è il suo ruolo in azienda?
«Per molti versi multifunzionale. Mi occupo della parte commerciale, della grafica e della fatturazione. Ogni giorno è diverso. Poi mi occupo degli ordini, della vendita del prodotto, del suo sviluppo, delle ricette e dello sviluppo in laboratorio nella filiera produttiva»
Quali sono le difficoltà del mestiere dell’agricoltore oggi?
«La gestione di una impresa agricola è una dimensione complicata. Siamo in balia degli agenti atmosferici, ma sul fronte dei servizi siamo stati abbandonati dalle istituzioni. La nostra azienda ha cercato di ottimizzare le sue risorse. Così, vista la scarsa disposizione di acqua, abbiamo rinunciato alla distribuzione nei negozi e abbiamo concentrato l’interesse verso il cliente diretto. Abbiamo così ridotto la quantità e alzato il valore del prodotto».
Ha dei progetti futuri per questa azienda agricola?
«Vista la scarsità di risorse idriche e il gran quantitativo di terreno a nostra disposizione, è nato un rapporto diverso col territorio. È in prospettiva un lavoro sullo studio delle piante spontanee e della loro valorizzazione. Per esempio svilupperemo sempre più la coltivazione di prodotti come la malva, i cavolicelli, la cardella ed erbe aromatiche come la calendula, utilizzabili nel quotidiano e la cui coltivazione è andata perduta nel tempo».
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