Caseificio Fratelli Biddeci

Articolo di Vassily Sortino

Prendi un pezzo di campagna che ha resistito all’arrivo della città e del cemento. Ed ecco a baglio Pozzo, a Palermo, una stradina quasi invisibile a poche centinaia di metri da un affollatissimo Mc Donald, il caseificio Fratelli Biddeci srl, che più che un luogo dove si producono formaggi, è una vera macchina da guerra della qualità della natura. In questo spazio verde, oltre al luogo dove si producono e vendono i formaggi, trovi anche: un ettaro di campagna per la frutta, uno spazio-giochi per i bambini, un punto dove vendere frutta, un’area all’aperto dove potere pranzare e, in particolare la sera, organizzare grigliate in un clima da campagna, con prodotti ancora sani e genuini, come venivano fatti un tempo. Dalle mani del suo casaro, Salvatore Biddeci, ogni giorno passano fino a 20 mila litri di latte da lavorare.

Storie che raccontano la magia del Made in Italy, con le video interviste disponibili su YouTube: 


Salvatore Biddeci, lei è il casaro di questa azienda. Quando siete nati e come vi siete sviluppati negli anni? 

«L’azienda Biddeci nasce nel 1945, subito dopo la seconda guerra mondiale. Mio nonno è stato il fondatore e ha iniziato come coltivatore in queste campagne tra il quartiere Uditore e Passo di Rigano, dove c’era anche produzione di frumento e vigneti. Siccome c’erano a disposizione anche gli allevamenti, ha iniziato a produrre formaggi tratti da latte vaccino e latte di capra. Prima mio padre e poi noi abbiamo continuato l’attività e nel 2002 abbiamo fondato il caseificio, ampliando la produzione alle mozzarelle». 



Di questi formaggi, quali sono quelli che vi rendono famosi?

«Il San Nicola, fatto col latte di pecora, che è un formaggio il cui sapore migliora con la stagionatura. Poi c’è il Nerello di Sicilia, che è un formaggio fatto con latte di pecora e trattato all’esterno con olio d’oliva e pepe».

Come recuperate il latte?

«Da aziende nelle Madonie, che ci forniscono latte vaccino, latte di pecora e latte di capra. Così giornalmente produciamo ricotta, mozzarelle, primosale e tuma. Quest’ultimo è il formaggio più apprezzato. Produciamo anche le vastedde col latte di mucca cinisara, le ricotte salate e molta lavorazione di formaggio di capre. Oltre ai formaggi vendiamo frutta e verdura: funghi, fragole, basilico, zucchine, tenerumi».



Come si sviluppa la giornata lavorativa di un casaro?

«Inizia con la raccolta del latte tra le varie aziende sparse lungo il parco delle Madonie alle 4 del mattino. Lo portiamo in azienda e lo versiamo nelle vasche refrigerate. Comincia poi la lavorazione, con i cicli di pastorizzazione e la produzione dei formaggi, in funzione delle esigenze della clientela. La ricotta, per esempio, deve essere pronta entro le 7,30 del mattino per essere distribuita nei punti vendita. Noi qui accogliamo anche le scolaresche e i turisti e abbiamo creato all’esterno un’area attrezzata dove consumare i prodotti».

Quali difficoltà sul lavoro vive oggi un casaro?

«La siccità, che provoca problemi per il recupero del latte, ma anche la guerra in Ucraina che ha comportato un aumento generale dei prezzi e, nel nostro caso, quello dei cereali per fare mangiare gli animali. Le quotazioni del latte di mucca erano 0,36 centesimi al litro. Ora ne costa 70 centesimi. Il latte di pecora è passato da 0,70 centesimi a un euro e settanta centesimi al litro. Se poi uniamo gli aumenti del costo della luce e del gas, tutto questo si ripercuote nel prezzo finale del formaggio in vendita. I nostri clienti, per fortuna, hanno affrontato con tranquillità la situazione e noi abbiamo puntato a una maggiore qualità. Adesso dobbiamo risolvere la questione siccità, perché manca il foraggio e il fieno per gli animali e si è costretti a comprare il cibo per loro dal nord Italia».

Quale è il futuro dell’azienda?

«Espanderci nei mercati esteri. Vogliamo essere presenti alla fiera di Milano, ma anche negli eventi all’estero. Stiamo pensando a tradurre il nostro sito Internet in varie lingue e creare dei formaggi che piacciono al mercato straniero».

Intanto uno degli orgogli dell’azienda è Musa, arrivato dallo Zambia con una imbarcazione clandestina, recuperato in mare e che oggi grazie ai servizi sociali della Regione Siciliana lavora per il caseificio. «Starà qui sei mesi – racconta il casaro – e se lavorerà bene potremo tenerlo a lavorare con noi altri sei e poi potremo assumerlo».



 




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Cooperativa agricola Valdibella
Articolo di Vassily Sortino