L’odore di scorza di cannolo fritto. È questo che si comincia a sentire, vento permettendo, già a distanza di 100 metri prima di arrivare all’Extrabar Petta di Piana degli Albanesi, in provincia di Palermo. In questa famiglia - che dal 1954 ha fatto diventare un semplice luogo da colazione in uno dei templi mondiali del cannolo - il modo di lavorare, così come la vita, è rimasta artigianale. Cominciando dal modo di comunicare, l’albanese, che costituisce ancora oggi la lingua madre ed è il veicolo di comunicazione principale, sicuramente tra le famiglie del posto.
In migliaia sono i turisti che da qui passano ogni anno per gustare il famoso “cannolo di Piana”, di cui l’Extrabar, da tre generazioni, ne è portatore sano di conoscenza per tutti i sensi.
Storie che raccontano la magia del Made in Italy, con le video interviste disponibili su YouTube:
Rosanna Petta. Lei è la “dominus” del bancone dell’Extrabar. Quale la storia di questo posto?
«Il bar nasce nel 1954 con mio nonno. È stata sempre un’attività a conduzione familiare. Poi la tradizione familiare è continuata prima con mio padre e poi con me e mio fratello che ci occupiamo rispettivamente della gestione del bar e della produzione in pasticceria, dove è tutto di produzione artigianale».
Per quale dolce siete famosi nel mondo?
«Per il cannolo siciliano, che è il nostro prodotto di punta. Molti credono che sia nato qui a Piana degli albanesi, ma in realtà le origini sono di Caltanissetta, grazie a delle monache. Aveva una forma diversa, più schiacciata. Poi col tempo è arrivata la forma tubolare. A Piana il cannolo è famoso non solo per essere prodotto artigianalmente, servendosi di una canna di legno, ma anche per le sue pezzature, molto più grandi rispetto al resto della Sicilia. La nostra fortuna è anche il territorio, che ci fornisce una ottima ricotta di pecora per riempire il cannolo. Quello più venduto è quello medio da 220 grammi e può arrivare anche a mezzo chilo».
Quali sono le fasi di lavorazione del cannolo di Piana?
«È un lavoro che richiede molto tempo ed energia, essendo tutto lavorato a mano. L’impasto è composto da farina, acqua, zucchero e strutto. L’impasto viene stirato in un macchinario. Il tutto viene poi tagliato con dei coppapasta per dare la forma del cannolo, per poi allungarlo e chiuso con un leggero strato di uovo e fritto. La ricotta, invece, viene lavorata al setaccio per renderla cremosa e viene zuccherata. Nel weekend la impastiamo col miele per renderla più grezza e meno dolce».
Quali sono gli obiettivi futuri della terza generazione di Extrabar?
«Mantenere ciò che ci ha contraddistinto. La conduzione familiare, la qualità e la tradizionalità. Stiamo diventando famosi in tutto il mondo e c’è gente che ci raggiunge qui da Singapore e dall’Australia. Noi vogliamo mantenere questa artigianalità del cannolo e non trasformarlo in un prodotto industriale».
Prima di andare via da qui è necessario fare un ultimo saluto nel laboratorio. Qui si producono ogni ora decine e decine di scatole di scorza di cannoli da spedire in tutto il mondo e ai festival sui dolci tipici, senza però dimenticare anche gli abitanti di Piana degli albanesi. Così, alle 10 in punto, dopo già quattro ore di lavoro, con i cannoli ci si ferma ed è tempo di passare al resto: arancine, biscotti e mandorlati. Un vero paese dei balocchi per i golosi.
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