Un imprenditore del vino sì, ma anche un collezionista di antichi oggetti che riguardano il suo settore di lavoro, nonostante una burocrazia statale pesante che sembra limitarne la libertà imprenditoriale. Questo è Francesco Calderone, proprietario della Cantina Buceci, impresa di Contrada Rocca Bianca – tra Marineo e Bolognetta – in provincia di Palermo. Caratteristica del vino qui prodotto è il numero mille, che sono i metri di altezza a livello del mare dove vengono coltivate le uve. Tutte figli di tecnica di agricoltura biologica. Durante l’intervista, Francesco Calderone ha la scrivania piena di fogli: «Perché essere imprenditore – dice – è anche questo. Avere a che fare con uno Stato che spesso esagera nelle richieste e non ti ascolta, non concedendomi spesso di dedicarmi alle mie amate uve».
Storie che raccontano la magia del Made in Italy, con le video interviste disponibili su YouTube:
Francesco Calderone, quando nasce questa azienda?
«Nel 1995, ma si sviluppa da un’azienda nata oltre 100 anni fa, che era un’azienda zootecnica. Io poi ho rivoluzionato tutta la produzione e ho impiantato vigneti. Col tempo è nata la cantina. Sono trent’anni di lavoro che ci hanno permesso di diffondere un brand del vino diventato importante».
L’azienda si occupa principalmente di vino. Come sono suddivise le sue linee?
«I nostri sono vini di alta montagna. Abbiamo 18 referenze. Dai mono vitigni ai brand internazionale. Oggi produciamo anche degli spumanti con metodo classico. Le 18 referenze si rivolgono a diverse fasce di mercato. I nostri spumanti hanno una permanenza sui lieviti di 80 mesi, ma abbiamo in programma di commercializzare spumanti con oltre 10 anni di invecchiamento».
Quale è il vostro prodotto di punta?
«Il pinot nero in purezza, che si chiama Millemetri. È uno dei vini più difficili al mondo da produrre. Ha ottenuto la medaglia d’argento al concorso mondiale tra i pinot nero. Io sono il più grosso produttore siciliano di pinot nero. Oltre a questo rosso, produciamo anche lo spumante di pinot nero, che invecchia sui lieviti sino a 80 mesi. L’altro nostro vino importante è la linea Don Carmè, linea di vini internazionali e autoctoni, premiata in ogni concorso enologico con la medaglia d’oro».
Come si svolge il ciclo produttivo del vostro lavoro?
«Con lo scarico dell’uva che arriva dalla campagna a una temperatura di 50 gradi. Faccio l’esempio con quelle bianche. Abbattiamo la temperatura. Le uve passano poi da una pressa e poi mettiamo i mosti in uno stabilizzatore per separare la parte solida da quella liquida. Questa parte liquida va in un altro serbatoio a 18 gradi e da qui inizia la fermentazione controllata. Per i rossi il procedimento è diverso».
Che futuro ha un’azienda come questa?
«Creare un agriturismo, dove fare conoscere la vita in vigna alle persone e offrire uno scorso di vita poco conosciuta. Abbiamo anche in mente di tornare nei mercati orientali, con manifestazioni e Shangai e Tokio».
Intanto Francesco Calderone si ritrova a combattere con un nuovo nemico: i cinghiali. Invadono le vigne e già mi hanno fatto 700 mila euro di danni. «Non posso farli cacciare io – racconta l’imprenditore - e a catturarli o abbatterli deve pensarci la burocrazia della Regione siciliana. Ho evidenziato il problema, mandato pec e parlato con l’assessorato competente. Nessuna risposta. Credo che andrò in causa e mi dovranno restituire i soldi persi».
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