Il Made in Italy degli under 35: tra startup, idee e tradizione

Articolo di Hermes Carbone

Negli ultimi 13 anni, dal 2011 al 2023, circa 550.000 giovani italiani tra i 18 e i 34 anni hanno scelto di emigrare all’estero. Considerando anche i rientri, il saldo netto si attesta a 377.000 giovani espatriati, una cifra paragonabile alla popolazione di una città come Firenze composta solo da under 34. 

A raccontarlo è il rapporto "I giovani e la scelta di trasferirsi all'estero", realizzato dalla Fondazione Nord Est e presentato al Cnel lo scorso ottobre. Il valore economico del capitale umano emigrato si attesta sui 134 miliardi di euro, una cifra che resta pericolosamente sottostimata.

Per ogni giovane che si trasferisce in Italia, otto connazionale scelgono di trasferirsi all’estero. Non è un caso se l'Italia risieda all'ultimo posto in Europa per attrazione di giovani talenti: la Svizzera accoglie il 34% dei giovani talenti; la Spagna il 32%. L’Italia solo il 6%. 

Ed è in questo scenario da “Non è un paese per giovani” che trovano posto i giovani imprenditori che scelgono di restare. Di resistere. Di avviare startup. Di credere nel binomio tradizione – innovazione. Di costruire una rete capillare in grado di creare dialogo e scambio attivo di idee. 

L’obiettivo di fondo che proprio noi di ItalianBees seguiamo ogni giorno, con costanza e determinazione. Sono centinaia le storie di under 35 che hanno scelto di restare in Italia con idee di successo. Le abbiamo raccontate nel corso dei nostri (quasi) primi cinque anni di lavoro e, se avete voglia di scoprirle, le troverete proprio in chiusura di questo approfondimento. 

Ma oggi volgeremo lo sguardo altrove. Viaggeremo per l’Italia da Nord a Sud per raccontare alcune di quelle storie che meritano di trovare spazio. Perché sono un esempio per chi non ci ha ancora creduto abbastanza. Perché possano essere ispirazione per chi vorrebbe provarci ed è alla ricerca di compagni di viaggio.

Rivoluzioni silenziose: storie di ritorni e rinascite

A Carpi, storico distretto tessile emiliano, Elisa Rossi, classe ’92, ha fondato Rebirth Threads, una startup che reinterpreta gli scarti tessili delle grandi firme trasformandoli in capsule collection sostenibili. Dopo una laurea a Londra, il ritorno in Italia per “ridare senso all’artigianato locale” è diventato un manifesto di rigenerazione urbana e manifatturiera.

Si tratta di un concetto di fondo che appartiene all’upcycling e all’economia circolare: minimizzare gli sprechi, sempre nel rispetto dell’ambiente che ci circonda. E restituire utilità e dignità a ciò che presumibilmente sarebbe altrimenti stato considerato un mero scarto industriale. 

Nel cuore dell’Abruzzo, Giovanni Marcovecchio, 29 anni, con Apicoltura Urbana 3.0 ha trasformato la passione ereditata dal nonno in un modello di business che coniuga apicoltura biologica, turismo esperienziale e blockchain per la tracciabilità del miele. “Non vendiamo solo un prodotto, ma il valore di un ecosistema”, racconta.

In Sicilia, tra le serre della provincia di Ragusa, le sorelle Alessia e Federica Spataro hanno fondato Agrigirl, un’impresa agricola digitale che coltiva ortaggi antichi in idroponica e li commercializza con una piattaforma e-commerce ad abbonamento. Il tutto in chiave femminile, green e glocal: tre aree che puntano a recuperare terreno perduto.

Come avviare startup per under 35 in Italia

Ma non è tutto oro quello che luccica. Aprire una startup in Italia, per un under 35, è ancora un percorso a ostacoli. Le difficoltà maggiori? Accesso al credito, burocrazia e mancanza di un ecosistema integrato tra università, impresa e finanza. 

Secondo i dati del Rapporto Cerved 2024, solo il 18% delle startup innovative italiane supera i cinque anni di vita. E anche il sostegno pubblico, pur esistente (come Smart&Start di Invitalia), resta spesso inaccessibile per scarsa comunicazione o complessità procedurale.

Lo sguardo all’estero: incentivi e attrattività

Non sorprende allora che molti giovani scelgano di fondare la propria impresa all’estero. Paesi come Estonia, Irlanda e Olanda offrono pacchetti fiscali allettanti e ambienti regolatori più snelli. A Tallinn, ad esempio, la e-Residency consente a chiunque di aprire una società in pochi giorni e gestirla da remoto, con flat tax e zero burocrazia. 

A Berlino, molte startup italiane beneficiano di acceleratori pubblici come Berlin Startup Stipendium, che offrono finanziamenti fino a 200.000 euro per team internazionali under 35. Ma non è solo questione di denaro. È una cultura dell’errore che altrove è accettata: non un fallimento ma un esperimento.

E quindi la sperimentazione, appunto, che risulta incoraggiata. E il fallimento vissuto come tappa di un percorso e non come stigma. Tutto ciò che l’Italia, il Paese per non giovani, ancora fatica a metabolizzare.

Una nuova energia per il Made in Italy

Eppure, nonostante tutto, cresce la consapevolezza che il rilancio del Made in Italy passi proprio da questi giovani. Che sanno codificare il valore della memoria senza diventare nostalgici, che usano l’AI per far parlare le macchine da cucire, che creano filiere agricole con i dati satellitari.

Che ampliano il proprio orticello, passando dal mercato locale al quale si rivolgeva il nonno a quello internazionale, verso il quale oggi gli under 35 volgono il proprio interesse, anche attraverso i servizi forniti da ItalianBees.

Nei nostri quasi cinque anni di attività abbiamo intervistato numerose realtà artigianali create o guidate da giovani, eccone alcuni: 

Sono loro alcuni dei custodi visionari di un Made in Italy che non si limita a sopravvivere, ma osa trasformarsi. E che, proprio grazie a queste nuove energie, può tornare a essere una bandiera non solo modaiola ed estetica, ma soprattutto economica e di rinascita civile del nostro tempo. 

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Il Made in Italy degli under 35: tra startup, idee e tradizione
Hermes Carbone 11 giugno 2025
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